L’emersione delle competenze

L’emersione delle competenze

19 Novembre 2023 0 Di giuseppe perpiglia

Il panorama del sistema scolastico italiano è nettamente dominato dalle competenze. In sede di programmazione a qualsiasi livello, ogni Consiglio di classe ed ogni docente si attiva per favorire l’acquisizione delle competenze, siano esse disciplinari o trasversali.

La competenza è un oggetto che possiamo tranquillamente definire come un necessario ed immancabile trait d’union tra la scuola e la società. Le competenze devono rappresentare, per i ragazzi, gli strumenti necessari e sufficienti per capire il contesto socio-economico in cui vivono, per sfruttarlo al meglio e, se reputato necessario, per migliorarlo.

Le competenze, però, non si acquisiscono soltanto e necessariamente a scuola. Ogni accadimento della vita di relazione, infatti, è possibile fonte di parziale acquisizione e potenziamento, in modo cosciente o meno, di competenze. Si parla di apprendimento formale, informale e non formale e la scuola si occupa solo del primo. Le altre due modalità, però, incidono in modo sostanziale sulla formazione di ogni individuo.

Altra variabile, infine, che non è possibile sottovalutare è l’unicità precipua di ogni persona rispetto a tutte le altre. Ogni individuo rappresenta una sintesi di molteplici istanze, una fusione unica di pregi e difetti, potenzialità, capacità e criticità.

La scuola deve occuparsi, non di un teorico quanto inesistente alunno standard, bensì di quel determinato ragazzo che vive in quel determinato contesto in quel determinato momento storico. E su questo ragazzo deve concentrarsi perché possa realizzarsi il “pieno sviluppo della persona umana” richiesto dall’art. 3 della Costituzione.

Scuola, famiglia e società dovrebbero collaborare attivamente per raggiungere questo ambizioso traguardo.  In particolare la scuola non può più continuare ad arroccarsi nella sua torre d’avorio ma deve lasciarsi positivamente inquinare dal contesto socio-economico e collaborare pro-attivamente ed efficacemente con la famiglia.

In questa ottica per rendere ancora più incisiva la sua opera, la scuola deve accettare, accertare e promuovere quanto di buono e di strumentale viene dall’esterno. Ogni ragazzo che varca il cancello della scuola non è una tabula rasa, non è un otre vuoto che il bravo maestro è chiamato a riempire di nozioni. Chi oltrepassa quel cancello è, invece, un individuo con una sua personalità, con sue precipue caratteristiche, con un bagaglio culturale che gli viene dall’esperienza della sua pur giovane vita. Ed anche con competenze di cui lo stesso alunno non è sempre consapevole.

Il docente attento ed eticamente responsabile deve essere molto diligente nel saper cogliere quali siano tali competenze per farle emergere e promuoverle al meglio.

Per questa sua finalità, il docente può fare affidamento su alcuni strumenti che fanno, da tempo, parte della cassetta degli attrezzi dell’insegnante e che vado sinteticamente ad illustrare.

IL METODO BIOGRAFICO       È un metodo della ricerca sociale per l’orientamento e l’auto-orientamento qualitativo. Esso parte dal presupposto che per conoscere veramente una realtà bisogna stabilire rapporti con le persone, capire le loro esperienze e valutare i loro punti di vista. Poggia, quindi, sulla soggettività. La narrazione biografica può interessare campi diversi, potendosi avere i seguenti documenti:

  • Biografia degli affetti;
  • Biografia della cittadinanza;
  • Biografia del lavoro;
  • Biografia cognitiva.

Il metodo biografico, oltre che come narrazione scritta, può anche essere effettuato tramite il metodo dell’intervista. Nella relazione che si stabilisce in un colloquio finalizzato, è importante avere sempre la consapevolezza del momento che si sta vivendo. Il docente deve ricordarsi sempre di chiedere all’alunno di giustificare le strategie utilizzate. Questo lavoro di riflessione e di esplicitazione delle scelte effettuate permette allo stesso alunno di avere maggiore consapevolezza delle proprie tesi e di argomentarle in modo coerente e razionale.

La grande utilità ed efficacia di tale strumento risiede nella riflessione introspettiva che porta l’alunno a prendere consapevolezza di sé stesso.

IL DIARIO DI BORDO  È uno strumento di rilevazione dati con un basso indice di strutturazione, e viene utilizzato principalmente nell’osservazione e nella registrazione delle esperienze ritenute significative dal soggetto. Il titolare del diario descrive, in forma di narrazione libera, tutte le informazioni ritenute rilevanti per la ricerca o per la comprensione dell’evento che si intende narrare. È di fondamentale importanza che il diario non sia redatto con l’intento di riportare oggettivamente ciò che accade ma che, al contrario, riporti, più fedelmente possibile, sia l’evento sia il punto di vista del narratore-osservatore. Come scriveva Bion (1972, p. 47) “Il problema fondamentale dell’osservazione è l’oggettività. A questa oggettività ci si accosta attraverso il mondo interno dell’osservatore, che non va inteso come un registratore indifferente di eventi, ma un insieme di pensieri e di sentimenti che entrano nel processo cognitivo e il cui codice di lettura può essere ampio, aperto alle possibilità e al diverso o viceversa, chiuso e pregiudicante[1].

Proprio per la bassa strutturazione dello strumento e per la semplicità di utilizzo, il diario può essere adottato come strumento di rilevazione dati in diversi contesti della ricerca educativa. Può essere compilato tanto dal corpo docente, quanto dagli studenti e/o da altri attori del mondo educativo e formativo.

L’età di colui che tiene il diario, tuttavia, non dovrebbe scendere sotto i 10-11 anni, periodo in cui le abilità di narrazione permettono una corretta interpretazione delle sequenze temporali.

La narrazione fa riferimento ad una determinata sequenza temporale che coincide con il periodo di osservazione. Il testo scritto deve contenere tutti gli elementi utili al fine poter ricostruire le sequenze temporali, per la riflessione a posteriori sull’esperienza e per la comprensione di aspetti particolari della realtà studiata.

Nel diario di bordo gli alunni devono riportare tutto ciò che riguarda lo svolgimento di attività e di compiti, anche non scolastici, con particolare riguardo alle riflessioni sulle abilità metacognitive messe in gioco. La complessità dei contenuti aumenta con le abilità di produzione scritta degli alunni stessi.

La sua polivalenza didattica si esplica e si manifesta su più fronti:

  • ASPETTO METACOGNITIVO Il diario di bordo aiuta gli alunni a riflettere sulla logica e sulle strategie adottate per raggiungere gli scopi di visibilità e di comprensibilità degli elaborati, sul tempo che passa, favorendo la loro evoluzione cognitiva e psico–affettiva e quindi è adatto a sviluppare itinerari di verifica delle proprie capacità di selezionare e di controllare i processi conoscitivi.
  • ASPETTO NARRATIVO Il diario di bordo induce gli alunni a raccontare la realtà che li circonda, ad esprimere le storie, gli incontri, le persone e, in questo modo, promuove la presa di coscienza dei dinamismi sociali ed umani. Inoltre, diventa occasione per descrivere gli ambienti familiari, oltre a quelli scolastici, i luoghi pubblici e civili.
  • ASPETTO AUTOBIOGRAFICO Il diario di bordo è uno strumento utilissimo per sviluppare lo sguardo interiore, cioè quel particolare moto del pensiero che analizza ciò che ci capita e ne verifica i significati. Permette all’alunno di rivedersi in azione, rendendo valorizzabili tutti gli aspetti vissuti.
  • ASPETTO COOPERATIVO Il diario di bordo, essendo uno strumento di riflessione e di descrizione di sé non intenzionale, conduce lentamente il soggetto a venir fuori, ad esporsi, a esprimere i propri gusti, le preferenze, le problematiche, le speranze e le gioie e, in questo modo, mette ciò che gli sta più a cuore a disposizione degli altri creando una sinergia di reciproca accoglienza, generando uno spazio relazionale di incontro che ha effetti benefici sulle persone che lo utilizzano.

Una cosa molto interessante che un qualsiasi diario di bordo può riservare riguarda la capacità di sviluppare percorsi metacognitivi semplici e chiari: ciò che mi piacerebbe imparare a scuola, io imparo meglio quando ….

LA (AUTO)VALUTAZIONE     Nell’ambito dell’emersione delle competenze, quindi della consapevolezza dei propri mezzi, dei propri punti di forza e delle proprie criticità, un posto molto importante spetta alla valutazione ed all’auto-valutazione. Il momento della verifica e della valutazione è un passaggio importante per la crescita, non solo cognitiva, ma anche personale, tanto del ragazzo quanto del docente. La verifica e la valutazione utilizzano strumenti diversi. Perché tali attività esprimano tutta la loro valenza formativa devono poggiare su basi note e quanto più possibile condivise. Il ragazzo deve sapere quale sia la finalità del suo impegno, cosa ci si aspetti da lui a fronte delle responsabilità che gli vengono richieste, quale sia la meta da perseguire. Sarebbe oltremodo fuorviante e pregiudizialmente negativo, per l’alunno e la sua autostima, ma anche per la sua motivazione, non avere certezza del fine. Nello stesso tempo, però, il fine deve avere un senso per ogni ragazzo, altrimenti il processo di insegnamento-apprendimento sarà destinato a scadere in un mero atto burocratico imposto dalla norma e non essere più un percorso di crescita personale.

TABELLE DI OSSERVAZIONE SISTEMATICA       Per la valutazione non bastano di certo le prove, di qualunque tipo esse siano, ma bisogna osservare come l’alunno si muove, quali atteggiamenti e quali comportamenti mette in campo per perseguire le finalità educative e didattiche programmate per lui. In questo caso bisogna esperire una serie di osservazioni sistematiche protratte nel tempo. Queste, a loro volta, richiedono una strutturazione per decidere cosa guardare, cosa osservare, cosa prendere in considerazione e cosa, invece, sia possibile o strumentale tralasciare. È un’operazione che va fatta a monte, attività che si può portare facilmente ed efficacemente a termine stilando delle tabelle di osservazione, appunto. Si tratta di tabelle in cui vengono riportati i punti da osservare e, per ognuno di essi, il valore osservato. Tale valore può essere standardizzato in scale di misurazione condivise a monte, oppure essere lasciato alla libera interpretazione dell’osservatore. In questo secondo caso si perde molto dell’oggettività, vera o sperata, dell’osservazione. La strutturazione in scale standard fa perdere in sensibilità ma aumenta il valore predittivo dell’osservazione.

I COMPITI DI REALTÀ            Per una valutazione quanto più attendibile delle competenze, dal momento che si tratta di processi, bisogna mettere in campo strumenti adeguati. Tali strumenti sono i compiti di realtà o i compiti autentici. L’attività proposta deve avere una valenza altamente formativa e coinvolgente in quanto si tratta di fare qualche cosa che abbia senso in sé e per il ragazzo che verrà stimolato e che stimolerà, quindi, la sua motivazione alla partecipazione attiva.

L’attività di emersione delle competenze è nata in ambito professionale e lavorativo, ma può essere facilmente, seppure con i necessari e dovuti accorgimenti e limiti, applicata al mondo della didattica per incrementare l’autostima dei ragazzi e, di conseguenza, anche la loro motivazione e migliorare i risultati conseguiti.

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Immagini: Le foto a corredo dell’articolo sono scatti che l’autore ha effettuato all’antica Acerenthia (KR)

[1] Wilfred Bion – Apprendere dall’esperienza – 1972