
Perché orientare
L’attivazione di un serio percorso di orientamento è una funzione che il corpo docente ha mal compreso e che ha accettato, quando lo ha fatto, soltanto per mero dovere burocratico. Spero che tale pessimistica considerazione sia dettata solo dalla mia limitata esperienza e non abbia ampio riscontro nella realtà. L’orientamento è considerata un’attività secondaria che, nella scuola secondaria di primo grado, viene spesso lasciata al solo docente di lettere che se ne occupa verso la fine del terzo anno, quando si è in prossimità degli esami conclusivi del primo ciclo e bisogna stilare il Consiglio orientativo.
I ragazzi e le famiglie, puntualmente, non ne tengono minimamente conto, a meno che non collimi con le proprie aspettative. È di facile riscontro la costatazione che i ragazzi, in larga parte, scelgono una scuola secondaria perché ci vanno gli amici o perché ritenuta “più trendy” o, ancora, per altre motivazioni parimenti leggere. Le famiglie, invece, cercano la comodità ‘geografica’ oppure sperano in un titolo di studio che possa più facilmente garantire una sistemazione economica sicura e redditizia.
Quanti di questi ragazzi faranno registrare, nella scuola secondaria di secondo grado, risultati soddisfacenti? Oppure, quanti di questi ragazzi saranno soddisfatti e gratificati della loro scelta?
L’abbandono scolastico prima del conseguimento del diploma fa registrare livelli preoccupanti ed in molti casi la spiegazione si trova proprio in una scelta infelice e poco accorta dell’indirizzo di studio a suo tempo effettuata. La scuola secondaria di primo grado, la vecchia scuola media, non sempre si fa adeguatamente e correttamente carico di un’efficace attività di orientamento. La scuola primaria, da parte sua, in genere nemmeno si pone il problema.
«Dai dati resi noti dall’ISTAT relativi al 2022, la percentuale di giovani d’età tra i 18 e i 24 anni che ha abbandonato precocemente gli studi è dell’11,5%. Nel Mezzogiorno, l’incidenza raggiunge il 15,1%. Nel 2022, in Italia, i giovani tra i 30 e i 34 anni con un titolo di studio terziario (i laureati, nda) sono il 27,4%; quelli tra i 25 e i 34 anni sono il 29,2%». Il brano riportato è tratto dal sito https://www.tecnicadellascuola.it/. Per maggiori informazioni su tale problematica si può consultare la pagina ad essa dedicata sul sito https://noi-italia.istat.it/.
I dati appena riportati costituiscono un valido motivo perché venga messa in campo un’efficace attività di orientamento. Inoltre, l’orientamento è anche una risposta a quanto imposto dalla Costituzione, all’art. 3, secondo comma: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
La Repubblica ha preso l’impegno di eliminare gli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione della persona e fra questi dobbiamo annoverare anche la scarsa consapevolezza dei propri talenti e dei propri limiti, ma anche delle proprie aspirazioni. Ecco perché ogni attore sociale ed ogni decisore politico dovrebbe attivarsi per promuovere l’orientamento, in particolare nei ragazzi e nei giovani.
La vita ci impone continuamente delle scelte che andrebbero affrontate ed effettuate con raziocinio e con conoscenze adeguate, sia delle proprie caratteristiche, sia delle caratteristiche dell’ambiente.
Tornando alla scuola, non si può arrivare a maggio della terza classe per compilare, in modo piuttosto approssimativo, il modulo relativo al Consiglio orientativo. Si tratta di una mera perdita di tempo, utile solo per sistemare le carte, finalità tanto cara a qualsiasi dirigente.
Girovagando sulla rete, mi sono imbattuto in una frase che ben si addice a queste nostre riflessioni: «Un buon maestro fa brillare il tesoro che ogni bimbo custodisce». Già questa finalità dovrebbe convincere anche i più restii a lavorare nella direzione dell’orientamento e dell’auto-orientamento.
Sin dalla scuola dell’infanzia, il docente dovrebbe prestare la dovuta attenzione alle inclinazioni ed ai talenti dei propri alunni. Per rendere efficace questa ricerca è opportuno mettere in pratica metodi ed attività basati sulla didattica del fare. È, infatti, nell’operatività che vengono fuori le competenze, i talenti ed anche i limiti di ognuno. In un certo qual modo, è quanto sosteneva Maria Montessori all’inizio del secolo scorso nel suo volume “La mente del bambino”.
Il docente deve trovare argomenti ed attività in grado di interessare il bambino, il ragazzo o il giovane. Se riesce in questo suo tentativo il bambino proseguirà da solo, acquisirà autonomamente nuove conoscenze e nuove abilità, maturerà nuove competenze e lavorerà tranquillo per tutto il tempo. In questo suo impegno prenderà coscienza di quanto può fare e di quanto, invece, non gli riesce o non gli aggrada. Quello che produrrà gli darà soddisfazione e gratificazione e non dovrà preoccuparsi di essere giudicato. Soddisfazione e gratificazione saranno, inoltre, artefici e motori trainanti dell’aumento di autostima e della costruzione della propria personalità.
Nella scuola della personalizzazione e delle competenze, quanto detto non è una bella fiaba ma una realtà che sta al docente rendere tale, viva e palpitante. Avere una classe di alunni motivati, che lavorano tranquilli e con interesse, è sicuramente un fatto positivo anche per il docente. Ed ancora maggiore sarà la sua gratificazione per i risultati che gli alunni faranno registrare anche sul versante cognitivo, non solo per quanto riguarda le competenze, ma anche, se non ancora di più, sul fronte delle conoscenze.
È dimostrato, per quanto non ve ne fosse stato bisogno, che un individuo interessato e motivato impara meglio, impara prima e più a fondo e lo fa senza sforzo apparente.
La mancanza di aiuto e di accompagnamento verso un percorso di auto-orientamento possono fare danni le cui conseguenze possono durare tutta la vita. Un piccolo aneddoto personale.
Tempo addietro mi sono recato in un ambulatorio medico del servizio pubblico per una visita di controllo. Con lo specialista che vi prestava servizio si è creato sin da subito un clima amicale e la discussione è andata molto spesso oltre il confine della relazione medico-paziente. Il dottore, ad un certo punto, ha affermato: «Io non volevo fare il medico, avrei voluto fare il filosofo». La consapevolezza delle sue aspirazioni è arrivata tardi, quando sarebbe stato molto problematico abbandonare il percorso di studi intrapreso o forse la stessa professione. Se il medico-filosofo fosse stato aiutato, se avesse potuto contare su una scuola attenta alle aspirazioni dei suoi alunni forse avremmo avuto un medico in meno, per altro all’altezza del suo compito, ma avremmo avuto un filosofo soddisfatto in più.
Le ripercussioni di una scelta di vita sbagliata, o comunque non in sintonia con il proprio sentire, si manifestano a più livelli. Il primo è senza dubbio quello a livello del soggetto interessato che non esprimerà mai tutte le sue potenzialità e vivrà una vita con il freno a mano tirato, magari senza rendersene conto. Questa sensazione di incompiutezza si ripercuoterà negativamente anche nei rapporti interpersonali e nelle relazioni sociali, comportandosi come una zavorra che appesantisce tutta l’esistenza. Quando ciò capita ai giovani, questi tendono a rifugiarsi in mondi paralleli cercando soddisfazioni effimere, ancora più pericolose della causa che ha provocato l’insoddisfazione di cui sono vittime.
Le ripercussioni, però, sono anche a carico della società, perché avremo lavoratori e professionisti anch’essi appesantiti dalla zavorra di una scelta che non era quella maggiormente in sintonia con le loro aspirazioni e le loro potenzialità. Il dottore di cui nell’aneddoto riportato fa il suo, senza onore e senza infamia, come filosofo, magari, avrebbe potuto dare molto di più, perché, come diceva Confucio: «Se non vuoi lavorare neanche un giorno della tua vita, fai quello che ti piace».
Per concludere, quindi, una piccola chiosa.
L’orientamento è un’attività molto importante che dovrebbe iniziare, come previsto dalla normativa vigente, già nella scuola dell’infanzia e durare per tutta la vita. Un efficace orientamento/auto-orientamento porta ad avere studenti più attivi e più motivati, studenti che apprendono meglio e prima. I benefici effetti dell’orientamento si fanno sentire anche a livello socio-economico in quanto un lavoratore motivato rende molto di più, è molto più pro-attivo.
Fare orientamento non vuol dire fare qualche cosa in più, ma semplicemente attivare una didattica tale da favorire l’emersione delle competenze di ogni singolo alunno.
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Breve sitografia
- https://www.tecnicadellascuola.it/
- http://www.istat.it/
- https://www.liberliber.it/online/
- https://www.governo.it/it/costituzione-italiana/principi-fondamentali/2839
Le immagini sono scatti dell’autore dell’articolo effettuati nel centro storico di Crotone