
L’ambiente di apprendimento
Sin dall’inizio dello scorso secolo si cominciò a dare la giusta importanza ed attenzione all’ambiente di apprendimento.
Prima di procedere, però, è bene metterci d’accordo su cosa intendere per ambiente di apprendimento. Esso ci fa venire in mente sedie poste a cerchio, banchi raggruppati a due a due e tante altre accortezze, non ultime il colore delle pareti o l’illuminazione della stanza, atte a migliorare, a stimolare e a facilitare l’apprendimento dei ragazzi, che è poi il fine ultimo della scuola. E lo dovrebbe essere anche per gli adulti.
Molto semplicemente possiamo dire che con ambiente di apprendimento intendiamo il setting pedagogico, lo spazio educativo. Ma anche questa definizione dice poco o nulla sul “contenuto” e sulla costituzione di un ambiente di apprendimento. Più pregnante, senza dubbio, la definizione di John Dewey del 1916: «È quell’ambiente sociale nel quale le “tendenze” dell’educando sono accolte e “sostenute” grazie allo stabilirsi di “una connessione attiva tra il bambino e l’adulto”».
Da notare che già il Dewey parla di ambiente sociale, non già e non solo di ambiente fisico. Il punto focale, il punto che merita ampia ed approfondita riflessione da parte di ognuno, è quello relativo alla “connessione attiva tra il bambino e l’adulto”. La scuola moderna più che mai deve essere intesa come luogo privilegiato per la cura delle relazioni umane, relazioni che vadano oltre e che travalichino il formale rapporto docente-discente. Ed anche questo concorre in maniera prioritaria alla creazione di un corretto e proficuo ambiente di apprendimento.
Maria Montessori si richiamò anche lei agli stufi di John Dewey, come affermò nel suo lavoro “La mente del bambino – la mente assorbente (Garzanti, Milano, 1952). L’edizione originale fu pubblicata nel 1949 in lingua inglese. Si tratta di un lavoro che ancora oggi è da considerare un testo da riprendere, da leggere e da rileggere, senza soffermarsi sulla leggera patina lasciata dal tempo, ma prestando grande attenzione alle idee ancora attuali ed in larga parte da attuare.
Non è un caso se il titolo originale dell’opera della professoressa Montessori fosse “The absorbent mind” perché è proprio su questa convinzione, su questa certezza, che la studiosa ha poggiato il suo famoso metodo conosciuto in tutto il mondo. Per la professoressa Montessori, e non solo per lei come abbiamo visto, per ambiente di apprendimento non bisogna intendere soltanto l’ambiente fisico, per quanto esso abbia comunque la sua importanza.
L’ambiente di apprendimento è tale solo se stimola e soddisfa la curiosità del bambino (ma anche del ragazzo), se lo aiuta e lo stimola a porsi delle domande. La scuola, quindi, con la Montessori finisce di essere la scuola delle risposte per diventare la scuola delle domande a cui lo stesso bambino è chiamato a dare delle risposte, che saranno risposte personali. Dal momento che sono risposte elaborate dallo stesso bambino, esse saranno meglio introiettate nel suo bagaglio culturale.
Diventa la scuola dove gli interessi dei singoli vengono fatti emergere ed ai quali ci si adopera per dare loro un seguito. Per riprendere John Dewey, la scuola deve essere il luogo dove gli interessi (le tendenze) dei singoli vengono accolte e sostenute.
Le acquisizioni pedagogiche appena esposte furono accolte, seppure con molto ritardo, dal sistema nazionale di istruzione ed hanno portato all’abolizione del programma ministeriale, a trasformare le conoscenze da fini a mezzi ed a porre in primo piano l’acquisizione delle competenze. Questi cambiamenti vanno proprio nella direzione indicata da John Dewey e da Maria Montessori, cioè verso la personalizzazione del processo di insegnamento-apprendimento.
Le competenze, infatti, per essere proposte e per essere acquisite hanno bisogno di essere supportate da compiti di realtà, hanno bisogno che venga creato una “zona di interesse” attorno al ragazzo, al singolo ragazzo, grazie alla quale egli trovi la forza di volontà per spendersi, grazie alla quale egli sia disposto a dedicare tempo ed impegno.
Ecco, questo è da intendersi come ambiente di apprendimento.
Abbiamo detto e ripetuto tante volte che è la scuola che deve adattarsi al ritmo di ogni singolo alunno grazie alle tecniche di personalizzazione dell’insegnamento. A ben vedere, la personalizzazione altro non è se non la creazione di un ambiente adeguato, non a quello studente, ma a quella persona, con tutti i suoi interessi, con il suo carattere, con i suoi ritmi e le sue modalità di apprendimento. In una parola, con la sua unicità.
Prima si creava attorno agli studenti, anzi alla classe nella sua interezza, una gabbia a maglie molto strette -il programma e le conoscenze da apprendere- che non lasciava alcun margine di scelta al ragazzo e di manovra al docente.
Con l’avvento delle competenze il paradigma è cambiato. La gabbia, in questo caso, è a maglie molto ampie ed è rappresentata dalla meta finale del Profilo delle competenze alla fine del primo ciclo di istruzione.
In un simile contesto, anche il libro di testo perde molto della sua importanza. Con il programma ministeriale, infatti, esso rappresentava, la guida sicura. Il docente sin dall’inizio dell’anno scolastico poteva dire, con buona approssimazione, da che pagina a che pagina avrebbe spiegato tra qualche mese. Con le Indicazioni nazionali 2012 e l’introduzione delle competenze, l’orizzonte temporale è diventato molto più fluido ed indistinto. Lo svolgimento del percorso di insegnamento-apprendimento è diventato un percorso aperto e niente affatto segnato, non procede più su sentieri ben tracciati ed individuati a priori, al massimo è dato avere qualche pista che svolge la funzione di linea-guida. Rimane, come ovvio, solo l’obbligo connesso dovuto alla propedeuticità di un argomento rispetto ad un altro, ma vige la libertà più ampia nella scelta e nella temporizzazione degli argomenti.
Non esiste, quindi, l’ambiente di apprendimento, bensì tanti possibili ambienti come risposte alle innumerevoli variabili che sono in grado di influenzare il processo di insegnamento-apprendimento e come risposta alla variabile sicuramente più importante rappresentata dal singolo alunno, dalla sua storia e dalla sua idea di futuro.
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Breve sitografia
- http://www.funzioniobiettivo.it/glossadid/ambiente_apprendimento.htm
- https://www.usrmarche.it/moodle/mod/resource/view.php?id=493
- https://it.pearson.com/aree-disciplinari/italiano/didattica-digitale/ambienti-apprendimento.html
Immagini:
Tutte le immagini sono scatti dell’autore dell’articolo e rappresentano il comune di Serra San Bruno (VV).