
Migranti
Quello delle migrazioni di popoli è un problema che ogni giorno i mass media ci propongono nella sua tragica ripetitività. Il mare Mediterraneo, da culla di civiltà e da grembo più che materno per numerose comunità, è diventato luogo di morte e di disperazione. Nell’affrontare un argomento di tale portata è facile cadere nel sentimentalismo fine a sé stesso e cavarsela con una vacua commiserazione.
Non è con un “poverini” che si può risolvere il problema o che si possono tacitare le coscienze di tutti. D’altro canto non può essere la scuola a risolvere un problema che coinvolge almeno due continenti: l’Africa, per un verso, e l’Europa, per un altro. Entrambi nella doppia veste di vittima e carnefice. Non vi sono formule magiche o ricette semplici ed immediate. È un problema culturale nel senso più generale del termine e proprio per questo la scuola è chiamata a fare la sua parte.
Il colonialismo di rapina da parte dei Paesi cosiddetti civili, atteggiamento che ancora imperversa, ha fatto sì che la quasi totalità degli stati africani, per quanto ricchi di materie prime, vivano sotto l’oppressione della miseria e dell’instabilità politica.
Nel continente africano, che ha visto nascere l’uomo, oggi se ne sta consumando la fine. Le guerre tribali, fomentate dai Paesi ricchi per continuare a godere del superfluo, sono all’ordine del giorno, rendendo impossibile a quei popoli di disporre del necessario. E mentre militari ed affaristi senza scrupoli continuano ad inscenare la loro impietosa pantomima, il popolo continua a vivere, anzi a cercare di sopravvivere, in condizioni disumane o sub-umane.
Le scarse risorse economiche su cui tanti Paesi africani possono contare vengono spesso utilizzate per comprare armi fabbricate dai Paesi occidentali, Paesi che vedono l’Italia in prima fila.
Tutto questo genera una vita in continuo pericolo fisico per la fame e, come detto, per le continue guerre e guerriglie, alcune gabellate per guerre di religione, come se potesse esistere una religione che fomenta la guerra.
Il problema sul fronte europeo è legato all’accoglienza dei profughi, accoglienza che non può voler dire solo farli sbarcare in porti sicuri, ma anche riservare loro un trattamento che possa definirsi umano.
Come affrontare un simile argomento con i ragazzi? Ovviamente dipende dall’età degli alunni. Una strategia che potrebbe dare buoni frutti è quello di far emergere conoscenze, luoghi comuni, pregiudizi, disconoscenze e misconoscenze su un argomento così delicato, un argomento in grado di toccare le corde profonde dell’animo umano. Per fare uscire allo scoperto tutte queste caratteristiche culturali o pseudo-culturali si potrebbe ricorrere ad una discussione dall’apparenza libera, ma che deve essere ben guidata, con intelligenza ed accortezza, dall’insegnante.
In questo articolo vengono proposte due immagini dell’autore Felice Troilo, componente del Gruppo Fotoamatori Crotone (pagina Facebook https://www.facebook.com/groups/gruppofotoamatoricrotone.it). La prima immagine ci richiama alla tragicità della traversata su barconi fatiscenti, stipati oltre l’inverosimile, sorretti dalla sola speranza di una vita degna di essere vissuta, speranza che non di rado vacilla per le condizioni che debbono affrontare lungo tutto il tragitto dai loro Paesi fino alle zone d’imbarco prima, e durante la traversata vera e propria dopo.
La seconda è un’immagine molto comune, non solo sulle spiagge. Quanti “vu cumprà” incontriamo sul nostro cammino? Per noi, tale incontro, è spesso occasione di fastidio o di facile ironia, per queste persone, invece, è un modo per raggranellare qualche spicciolo da spendere per comprare qualcosa da mettere sotto i denti, per avere l’illusione di un’occupazione che, seppure molto alla lontana, può dirsi dignitosa.
Stimolare la discussione ed il confronto fra i ragazzi diventa un modo vivo e partecipato per fare educazione civica, per focalizzare efficacemente l’attenzione su problemi di difficile soluzione, ma che interrogano le coscienze.
Titolo: Migrant | Autore: Felice Troilo |
Un pugno allo stomaco, una spallata possente ad un intero sistema.
È una foto molto forte in cui il soggetto principale è nascosto nel buio, in quel buio originato dalla mancanza di umanità di quei Paesi che amano definirsi evoluti ed invece sono rimasti ancorati ad una politica coloniale di depredazione.
Il rosso della fiancata dell’imbarcazione prende tutta la scena costituendone componente fondamentale. Non è uno sfondo inerte, ma parte integrante, soggetto vivo. Il rosso è il colore della passione, quella passione che il ragazzo, e tutte le altre persone come lui, hanno messo per dare vita al sogno di una vita migliore.
L’oblò con il vetro in frantumi porta a pensare che anche il nostro modo di guardare ai problemi connessi con le migrazioni sia andato miseramente in frantumi. Lo sguardo del ragazzo è dibattuto tra il timore di quanto troverà e la speranza di mettersi definitivamente alle spalle una vita che vita non è.
La bravura del fotografo è stata quella di cogliere l’istante in cui tutte queste riflessioni si sono verificate in una sintesi perfetta.
Titolo: …dacci il nostro pane quotidiano | Autore: Felice Troilo |
La foto si presenta ben equilibrata nei colori, nelle forme e nelle masse.
Il titolo è idiomatico. Una sola immagine per racchiudere tante vite vissute ai limiti, ai bordi di una società che piace pensarsi civile e moderna.
Lo stridente contrasto tra i bagnanti, lontani non solo in senso spaziale, tranquillamente immersi in un mare vacanziero, e le tre figure cariche fino all’inverosimile di oggetti creati per il piacere di quella società che dovrebbe accoglierli in ben altro modo, è il vero focus dell’immagine proposta.
Il sole batte forte su quei corpi che pure ad esso sono abituati. Siamo nelle ore più calde del giorno, come dimostrano le ombre che rimangono ben ancorate al di sotto dei soggetti.
I tre piani -la sabbia, il mare ed il cielo- fungono da scenario ai tre personaggi che offrono tutto un assortimento di oggetti semplici e colorati per la gioia di chi è già in vacanza. Richiama alla mente un contrappasso dantesco.
I tre venditori sono quasi sul medesimo piano ad indicare la stessa condizione socio-economica, e vendono gli stessi oggetti senza curarsi delle leggi di mercato che imporrebbero una certa concorrenza per accaparrarsi fasce più ampie di mercato.
L’immagine, dietro l’apparenza idilliaca di una semplicità disarmante fino a sfiorare la banalità, nasconde e propone l’intreccio di vite e di destini che ci inchiodano alle nostre responsabilità.
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