
Una foto per crescere
Carissimi, l’estate sta finendo, cantavano i Righeira, e non possiamo che prenderne atto, però è bene goderci questi ultimi giorni di ferie per caricare adeguatamente le batterie per la lunga volata del nuovo anno scolastico. Vi propongo un’altra lettura poco impegnativa, una lettura da sdraio sotto l’ombrellone con una bibita ghiacciata a portata di mano.
Questa volta commento tre fotografie di due autori molto attivi e molto bravi, in forze al Gruppo Fotoamatori Crotone, gruppo presente anche con una propria pagina su Facebook. È un gruppo molto attivo con belle persone che, incidentalmente, sono anche bravi fotoamatori, appassionati di fotografia che riescono a produrre immagini come quelle che vedete in questo articolo.
Ritengo che portare la fotografia in classe, come già detto in un precedente articolo, sia un’operazione foriera di non poche sorprese, e tutte positive. Si potrebbe anche prendere foto da quotidiani, da settimanali o, magari, anche dalle televisioni e invitare i ragazzi a riflettere e a manifestare le impressioni ricevute, sfruttando, se reputata valida, la tecnica del brain storming. È un’attività in grado di promuovere non poche competenze, prima fra tutte la riflessione critica, caratteristica che, grazie alle comunicazioni tanto veloci quanto superficiali imposte dai social, si sta perdendo. Altra competenza è senz’altro quella del confronto critico tra idee. Confronto che non vuol dire accettazione ma solo rispetto per altri punti di vista. E ben sappiamo quanto vi sia bisogno di rispetto in questa società in cui i punti di riferimento, o quelle persone che tali dovrebbero essere, spesso dimenticano il loro ruolo e si lasciano andare ad atteggiamenti di basso livello.
Titolo: Pescato fresco | Autore: Felice Troilo |
La luce è morbida, diffusa. La messa a fuoco mette in risalto tutti i particolari. Infine, ma non meno degno di nota, la scelta del B/N enfatizza le caratteristiche del soggetto, prima fra tutte la ripetizione di figure geometriche rettangolari.
Per quanto le linee siano nette e disposte in modo estremamente geometrico, con angoli retti, tutto l’insieme ha una sua armonia, molto piacevole e, paradossalmente, anche tranquillizzante. I motivi grafici, per quanto siano fortemente caratterizzati e ripetitivi, non risultano pesanti, al contrario concorrono alla delicatezza dell’insieme.
Il punto di ripresa è posto leggermente in basso il che conferisce dinamicità alla composizione. L’inquadratura verticale, alquanto selettiva, relativamente stretta, porterebbe a leggere l’immagine dall’alto verso il basso, mentre le linee dello strumento portano ad una lettura in senso opposto il che conferisce movimento all’immagine.
Queste scelte portano l’attenzione dell’osservatore verso un volto mostrato solo parzialmente la cui lunga barba bianca, poco curata, lascia intendere una vita ricca di esperienze e di sentimenti.
La mano in primo piano ed il volto seminascosto danno peso al gesto ed al significato esistenziale che esso potrebbe avere per il suonatore.
Dagli elementi presenti e dalla loro disposizione, la foto è ascrivibile al genere narrativo.
Nella foto manca uno sfondo di riferimento il che la rende una scena senza tempo trasformandola, quasi, in un archetipo.
La foto rimanda ad altro, ci porta ad immaginare una storia, una vita che trova senso nelle note ricavate dallo strumento inteso come compagno fedele, che non tradisce.
La forza di questa immagine è nella sua incompiutezza, allo spazio che lascia all’immaginazione dell’osservatore.
Titolo: Spirale | Autore: Raffaele Lumare |
Sarei tentato di iniziare subito con un mi piace, ma sarebbe offensivo nei confronti dell’Autore e del suo estro creativo.
La foto non solo è bella, sarebbe oltremodo riduttivo, ma ti prende.
È, però, il caso di andare con ordine.
Dal punto di vista tecnico è da notare il taglio, molto inconsueto, ed il punto di ripresa dall’alto che trasforma la scala in un orrido in grado di risucchiare l’attenzione dell’osservatore.
L’esposizione accompagna la spirale con una sempre maggiore presenza di nero profondo che rende ancora più inquietante il moto circolare verso il basso.
È il caso di ricordare una frase di Damien Hirst[1] –Una fotografia è davvero buona non quando è vista con piacere, ma quando viene ricordata- che mi sembra calzi molto bene a questa immagine. Infatti, questa immagine lascia qualcosa, ti segna nell’immaginario.
L’ordinata e continua ripetizione delle linee nere in senso radiale richiamano alla mente i frattali, innescando un meccanismo di rimandi fino all’impercettibile.
L’eliminazione di tutto quanto ritenuto superfluo dall’Autore conferisce ancora più drammaticità all’insieme.
È una foto costruita, e questo vuole essere un omaggio all’Autore, in cui la realtà oggettiva è solo un pretesto per una visione onirica di un immaginario che non ha sbocco.
In modo abbastanza paradossale, il soggetto principale, il punctum, non esiste nel senso che è il buco nero al centro dell’immagine, in cui lo sguardo viene richiamato perdendosi e venendone risospinto ogni volta.
È il senso di indeterminatezza che rende questa foto intrigante. È una costruzione grafica che interroga l’osservatore chiedendogli delle risposte che nascano dal profondo.
Davanti a tale immagine l’osservatore si sente nudo ed indifeso.
«Quello della spirale è un simbolo antico e dal significato profondo e sfaccettato: il significato del simbolo della spirale comprende infatti i concetti di morte e rinascita, di creazione e distruzione, ma anche quello di sviluppo, di movimento e di continuità ciclica. La spirale, infatti, è senza fine e sembra mettere in connessione gli opposti in una rotazione senza fine, che si avvicina al centro e poi se ne allontana in maniera ipnotica.»
Nota dell’Autore
Titolo: …dacci il nostro pane quotidiano | Autore: Felice Troilo |
La foto si presenta ben equilibrata nei colori, nelle forme e nelle masse.
Il titolo è idiomatico. Una sola immagine per racchiudere tante vite vissute ai limiti, ai bordi di una società che piace pensarsi civile e moderna.
Lo stridente contrasto tra i bagnanti, lontani non solo in senso spaziale, tranquillamente immersi in un mare vacanziero, e le tre figure cariche fino all’inverosimile di oggetti creati per il piacere di quella società che dovrebbe accoglierli in ben altro modo, è il vero focus dell’immagine proposta.
Il sole batte forte su quei corpi che pure ad esso sono abituati. Siamo nelle ore più calde del giorno, come dimostrano le ombre che rimangono ben ancorate al di sotto dei soggetti.
I tre piani -la sabbia, il mare ed il cielo- fungono da scenario ai tre personaggi che offrono tutto un assortimento di oggetti semplici e colorati per la gioia di chi è già in vacanza. Richiama alla mente un contrappasso dantesco.
I tre venditori sono quasi sul medesimo piano ad indicare la stessa condizione socio-economica, e vendono gli stessi oggetti senza curarsi delle leggi di mercato che imporrebbero una certa concorrenza per accaparrarsi fasce più ampie di mercato.
L’immagine, dietro l’apparenza idilliaca di una semplicità disarmante fino a sfiorare la banalità, nasconde e propone l’intreccio di vite e di destini che ci inchiodano alle nostre responsabilità.
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[1] Damien Steven Hirst (Bristol, 7 giugno 1965) è un artista e imprenditore britannico, capofila del gruppo conosciuto come YBAs (Young British Artists). Noto soprattutto per una serie di opere contraddittorie e provocanti, tra cui corpi di animali (come squali tigre, pecore e mucche) imbalsamati e immersi in formaldeide, vetrine con pillole o strumenti chirurgici o “mandala” costituiti di farfalle multicolori, o il celebre teschio ricoperto di diamanti, la morte è il tema centrale delle sue opere
Immagini: L’immagine in evidenza è uno scatto dell’autore dell’articolo