
Fare per apprendere
Con la Buona scuola, con le Indicazioni nazionali 2012 e con il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari la scuola ha spalancato le proprie porte all’informatica. Bisogna, però, intendersi. L’informatica nella scuola italiana è intesa come uno strumento per fare acquisire, prima di ogni altra cosa, quel modo di pensare e di ragionare che viene comunemente indicato con il costrutto pensiero computazionale. Quello che interessava e continua ad interessare il legislatore e la pedagogia moderna non è certo il fatto che i ragazzi sappiano programmare nuovi software o proporre nuove app, bensì che sappiano utilizzare criticamente ed in modo strumentale le proprie risorse personali e le altre risorse disponibili nel contesto per risolvere problemi, mettendo in atto una strategia, a sua volta frutto di una seria ed attenta riflessione.
Il pensiero computazionale è da considerare una vera e propria competenza trasversale, una soft skill per cedere agli anglicismi.
In questo articolo si vuole porre l’attenzione sulle finalità del pensiero computazionale e sul suo necessario completamento: il coding. Con questo termine, inglese anch’esso, si indica la codificazione, appunto, di una sequenza di istruzioni in un linguaggio comprensibile ad un esecutore passivo di ordini. Quest’ultimo può essere un soggetto umano oppure, molto più frequentemente, una macchina, quale senza dubbio è il computer.
La pedagogia moderna ha ormai sancito che l’apprendimento più efficace è quello che deriva dalla pratica e dall’esperienza. È proprio quello che, secondo alcuni, sosteneva molti secoli addietro Confucio: «Se ascolto dimentico, se vedo capisco, se faccio imparo».
Le basi teoriche di tale approccio didattico e pedagogico risalgono alla teoria del costruttivismo elaborata da Jean Piaget e ripresa, in seguito e con alcune importanti modifiche ed integrazioni, da Seymour Papert che elaborò la teoria pedagogica del costruzionismo. Riportando le parole del professore Michele Pellerey, tratte dal suo articolo “Verso una più diffusa e incisiva valorizzazione di un apprendimento basato sulla pratica, anche in un ambiente digitale”, mi permetto di scrivere: «[…] l’articolo esplora alcune delle iniziative che si stanno diffondendo sia all’estero, sia in Italia e che evocano l’approccio ai processi di apprendimento elaborato da Seymour Papert denominato costruzionismo. Tale approccio, pur facendo riferimento al costruttivismo, soprattutto di natura piagetiana, se ne differenzia per la costante interazione tra soggetto e realtà, quasi una conversazione ininterrotta, nella quale possono entrare in gioco forme collaborative con altri, anche di interscambio linguistico, ma sempre centrato sulla realizzazione di un prodotto fisico o digitale».
Tanto il termine costruttivismo quanto il termine costruzionismo riconoscono la loro origine etimologica nel verbo costruire ed il costruttore è e deve essere il ragazzo, lo studente, il soggetto che apprende. Nessuno, però, si mette a costruire con la necessaria attenzione e con la dovuta dedizione se non ha contezza di cosa costruire, se non condivide la finalità ed il prodotto o se tale prodotto per lui non ha alcun senso. Ne deriva che non si tratta solo di far fare qualche cosa purché il ragazzo sia impegnato. Si tratta, invece, di creare le premesse necessarie affinché il ragazzo sia coinvolto anche emotivamente nella proposta didattica.
Questo, a sua volta, richiede una conoscenza empatica del ragazzo per proporre percorsi che siano in grado di intercettare i suoi interessi e le sue aspettative. L’obiezione, logica e legittima, è che il docente non si rivolge ad un singolo alunno, bensì ad una intera classe in cui albergano aspettative ed interessi tanto numerosi quanto diversi, alcuni addirittura tra loro contrastanti.
Qui entra in gioco una variabile che attiene alla professionalità del ruolo docente, ma che va ben oltre. È qualcosa che dovrebbe caratterizzare ogni docente: il cuore e la passione, per il proprio lavoro, per i ragazzi e per quello che si insegna. Se il docente espone delle proposte in cui crede e lo fa con la passione per il suo lavoro e per i contenuti, i ragazzi non potranno non provare la stessa passione, non potranno non appassionarsi a quanto viene loro proposto, perché la passione è infettiva, totalizzante ed inclusiva.
Un simile atteggiamento deve, però, essere accompagnato da un netto e deciso cambio di paradigma rispetto al ruolo giocato dalla figura del docente fino a tutto l’ultimo decennio del secolo scorso. Il docente, infatti, deve essere una presenza sempre pronta e disponibile a rispondere ad ogni richiesta dei ragazzi, ma non deve assolutamente prevaricare, non deve pretendere di essere sempre e comunque colui che ha ragione. Non deve comportarsi come il burattinaio che tira i fili per far muovere gli alunni-burattini al ritmo della sua musica. La musica ed il ritmo debbono essere quelli dettati dalla classe. Il docente deve guidare in modo discreto, ricercando la condivisione di quanto propone ai suoi ragazzi. Soprattutto deve accompagnare i ragazzi nel percorrere la loro strada, non quella che lui, seppure in buona fede, reputa quella più corretta.
Sarà il ragazzo, se e quando avrà bisogno, che si rivolgerà al docente per chiedere aiuto ed il docente si deve far trovare pronto a svolgere il ruolo di adulto credibile. Solo così l’aiuto fornito sarà molto apprezzato, ma anche maggiormente efficace perché è un’esigenza sentita il che rende l’aiuto ricevuto un qualcosa di importante. La motivazione ad acquisire conoscenza è supportata da un’esigenza personale, il che rende la comunicazione interpersonale una comunicazione efficace.
Sorge a questo punto un altro problema: come conciliare l’esigenza di rendere i ragazzi protagonisti attivi seguendo le proprie inclinazioni e le proprie aspettative con la necessità di fornire almeno le nozioni propedeutiche ad una crescita culturale efficace.
È una di quelle domande per le quali non esiste una risposta univoca e dirimente. Un consiglio che mi permetto di dare è quello di sfruttare la passione dei ragazzi per la scoperta. Si potrebbe pensare, rimanendo nel campo informatico, alla creazione di un ipertesto su un argomento che interessi la classe e che venga proposto in modo opportuno ed accattivante.
Uno dei tanti argomenti che ben si presta a coinvolgere più discipline è senza dubbio la storia della propria città, magari implementata sotto forma di ipertesto. Sulla rete si trovano diversi software per la produzione di ipertesti senza pretendere la conoscenza dei linguaggi dedicati. Uno fra tutti, molto utilizzato anche a livello professionale, è WordPress, scaricabile gratuitamente. È abbastanza semplice e permette un’ampia gamma di personalizzazioni.
La fase iniziale è la più importante ed è in grado di dare un’impronta a tutto il lavoro. Essa dovrà consistere nel creare l’architettura del sito, stabilendo le varie linee di lavoro. In un certo qual senso le linee di lavoro sono assimilabili ai capitoli di un libro. Tra i capitoli di un libro, un posto va assegnato, quasi di diritto, alla storia partendo dalle origini per giungere ai giorni nostri.
Altro argomento molto vasto potrebbe essere quello dedicato allo sviluppo urbanistico ed alla toponomastica (perché tale strada o tale piazza ha questo nome? Perché è stata dedicato un luogo a tale personaggio? …).
Spazio potrebbe essere dedicato all’iconografia (foto, cartoline d’epoca, quadri, eventuali filmati, …) reperibili in rete o, molto meglio, trovati nei cassetti dei nonni, degli zii o, magari, nell’archivio della biblioteca cittadina o nell’Ufficio Tecnico del Comune. Ancora, si potrebbe dedicare una linea di ricerca ai piatti tipici, quelli caratterizzanti la tradizione, ed al loro legame con la terra. Le attività industriali e produttive in genere potrebbero occupare un’ulteriore linea di lavoro.
Come facile intuire, tale attività può essere svolta in pochi mesi oppure in anni, da una classe o da più classi perché di carne a cuocere ce n’è davvero tanta.
In un simile progetto sarebbe auspicabile il coinvolgimento di quanti più attori sociali possibile: associazioni culturali, associazioni di volontariato, associazioni ambientali, cooperative sociali e chiunque altro si occupi di tematiche attinenti al progetto stesso. Altro soggetto da coinvolgere dovrebbe essere l’Amministrazione comunale. In particolare l’Ufficio Tecnico potrebbe essere coinvolto per fornire piante e mappe recenti e storiche per inquadrare al meglio lo sviluppo economico, sociale ed urbanistico della comunità.
Tutto il percorso progettuale, però, deve poggiare sulla riflessione e sulla consapevolezza delle attività esperite, altrimenti il progetto stesso non avrebbe ragione d’essere non permettendo il raggiungimento dei frutti sperati.
Un progetto del genere, se ben condotto, rappresenta un importante fattore per l’acquisizione di una cittadinanza responsabile. Inoltre, essendo previste attività impegnative ed alquanto complesse, non è pensabile assegnarle ad un singolo individuo ma deve essere privilegiato il lavoro di gruppo. Tale metodo di lavoro permette la creazione e la stabilizzazione di relazioni e di rapporti interpersonali proficui per la crescita di ognuno. Eventuali dissapori o veri e propri scontri, sempre possibili, devono vedere il docente impegnato in un’opera proattiva e prosociale di mediazione attiva per ricomporre gli screzi riportando la calma ed aiutando i soggetti coinvolti a riprendere il lavoro in armonia. Il docente deve attenersi dal fare il giudice emanando sentenze e comminando sanzioni, ma deve attivarsi per far comprendere a tutti gli sbagli di ognuno perché possano essere corretti. Deve, inoltre, sfruttare tali occasioni per ulteriori riflessioni sull’operato di ognuno.
Il progetto può essere concluso con una presentazione dell’ipertesto alle classi dell’istituzione scolastica ma anche alla popolazione ed alle autorità civili come ulteriore momento di riflessione comune sul lavoro svolto e sul prodotto realizzato.
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Immagini: Le immagini sono tutti scatti dell’autore dell’articolo e rappresentano Caccuri (KR)