L’esperienza insegna

L’esperienza insegna

30 Aprile 2023 0 Di giuseppe perpiglia

Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio imparo” è un vecchio proverbio cinese che spiega in modo semplice e sintetico, ma anche molto incisivo, la base della didattica esperienziale.

Quando si pensa alla scuola la prima immagine che ci viene in mente è un docente che spiega la sua disciplina ad una classe di alunni che ascoltano in modo passivo. Il tipo di rapporto docente-discente che si è sedimentato nell’immaginario di adulti e di giovani è quello che prefigura la classica lezione frontale. Per quanto essa è praticamente nata con l’uomo, almeno nel senso di trasmissione orale di conoscenze, non vuol certo significare che sia il metodo migliore. In particolare, al giorno d’oggi in cui vengono richieste non più e non solo conoscenze, bensì competenze, la lezione frontale denota tutti i suoi limiti e la sua inadeguatezza. Le competenze non possono certo essere acquisite grazie ad una bella lezione di tipo cattedratico. Oggi bisogna creare degli scenari in cui fare immergere i ragazzi, motivandoli in modo appropriato.

Nei primi anni del ‘900 John Dewey propose ad una classe docente ancora pesantemente condizionata dalla cultura ottocentesca, il metodo che conosciamo come learning by doing, cioè imparare facendo. Il ragazzo, da fruitore passivo diventava soggetto attivo, da otre vuoto veniva chiamato a recitare il ruolo molto più impegnativo ma anche molto più gratificante di protagonista e co-costruttore del suo sapere. Era chiamato a strutturare un suo personale percorso di acquisizione culturale in cui inserire le nuove proposte didattiche e/o a rimodulare e, se necessario, ad abbandonare le conoscenze e le convinzioni precedenti.

Il perno su cui ruota la didattica esperienziale, come appena accennato, è il coinvolgimento del soggetto che deve apprendere, coinvolgimento che chiama in causa primariamente il suo background culturale, comprendendo in questo le esperienze pregresse, le abilità e le capacità personali.

Questo modo di operare pretende il mettersi in gioco in modo completo, senza se e senza ma, e la creazione di un ambiente relazionale adatto a favorire una tale situazione deve essere la priorità di ogni docente.

Altro luogo comune legato all’attività didattica strutturata che si svolge in un ambiente scolastico è che nell’apprendimento sia chiamata in causa solo l’intelligenza. È chiaramente una misconoscenza, non fosse altro se non per il fatto che non esiste “una” intelligenza ma, come ci ha insegnato Howard Gardner, in ognuno di noi sono presenti ben nove tipologie di intelligenza diverse, anche se non tutte sviluppate allo stesso modo. Questo sta a significare che ognuno può essere intelligente a modo suo. Per saperne di più sulle intelligenze multiple si rimanda all’articolo Le intelligenze multiple presente su questo stesso blog.

Gli avvenimenti e le informazioni che maggiormente si sedimentano nei nostri ricordi, divenendo parte integrante del nostro essere, sono quelli legati a delle emozioni o a delle esperienze sensoriali abbastanza forti. La didattica esperienziale sfrutta tale costatazione per perseguire un apprendimento più efficace e più profondo. Quando il ragazzo o l’adolescente, ma anche l’adulto, svolge un’attività mette in gioco non solo quello che ha appena ascoltato dal docente, ma anche tutto il suo vissuto e tutto il suo essere, cioè tutta la sua personalità. Infatti, nello svolgere un compito ogni individuo va a cercare nelle sue conoscenze quelle che potrebbero tornargli maggiormente utili. Non sempre, però, si trova la conoscenza da poter utilizzare tal quale, molto spesso va adattata alla necessità contingente, per cui essa sarà trasformata, almeno parzialmente, in competenza. Nel contempo, l’alunno impegnato nel compito assegnatoli, fa ricorso alle sue capacità ed alle sua abilità. Il compito “standard” assegnato alla classe o al gruppo diventa in tal modo il “suo” lavoro. Un lavoro generico viene, ipso facto, individualizzato.

Tale metodologia, quindi, incide anche sul percorso di orientamento. Operando in modo autonomo, inoltre, il ragazzo acquista una sempre maggiore autostima innescando un circolo virtuoso molto gratificante e proattivo. Anche il docente, però, gode degli effetti positivi di tale circolo virtuoso e gratificante perché vede che il suo lavoro porta i frutti sperati e nello stesso tempo si affranca da un lavoro ripetitivo e demotivante quale può essere una lezione frontale sempre uguale a sé stessa sugli stessi argomenti.

La didattica esperienziale è un’arma molto potente tant’è che viene utilizzata anche con “discenti” adulti. Basti pensare ai vari corsi di aggiornamento sempre più spesso corredati da lavori di gruppo proprio per fare in modo che ogni partecipante possa mettersi alla prova e capire cosa ha effettivamente acquisito e quali sono i dubbi che deve ancora superare.

Ma quali attività bisogna esperire per mettere in pratica la didattica esperienziale? Si tratta di attività già ben note al corpo insegnante, infatti ci si può servire, ad esempio, dei giochi di ruolo o dei giochi di simulazione. Il livello di validità e di efficacia di entrambe le attività dipende dal contesto e dal senso di attesa che il docente ha saputo creare. Nei giochi di ruolo (role playing) ogni ragazzo è chiamato ad interpretare un personaggio strumentale alla sceneggiatura creata, anzi spesso solo abbozzata, e proposta dal docente. Perché dia buoni risultati la proposta deve essere coinvolgente ed adeguatamente vicina al vissuto dei ragazzi in modo che ognuno di loro possa immergersi completamente nel personaggio assegnatogli.

Simili in molti aspetti al role playing sono le attività di simulazione in cui viene proposta, come base di riflessione, una situazione problematica a cui trovare una o più soluzioni. I giochi di simulazione aiutano a sciogliere o almeno ad allentare le tensioni che irrimediabilmente si creano all’interno di un gruppo, aiutano anche nell’esercitarsi a gestire i conflitti che in una comunità di persone, per quanto piccola, sono sempre latenti e non di rado diventano manifesti.

Una riflessione a parte merita il service learning. È un approccio pedagogico che affronta situazioni reali a cui dare soluzioni reali. Il service learning, letteralmente apprendimento per servizio, prevede una riflessione iniziale per individuare il problema a cui si voglia dare una risposta risolutiva, una discussione in plenaria per individuare una soluzione condivisa e, quindi, la fase dell’attività vera e propria. Al termine dell’attività e della presentazione dei risultati deve seguire un’ulteriore incontro in plenaria per riflettere e discutere sui punti di forza che hanno qualificato il percorso e sulle criticità incontrate. Bisogna anche riflettere su come queste ultime abbiano ostacolato le attività messe in campo e se e come siano state superate.

Secondo l’educatore statunitense David Kolb, per incrementare apprezzabilmente l’apprendimento esperienziale, questo dovrebbe svolgersi come un ciclo a spirale organizzato in quattro fasi:

  • Esperienza Concreta: Sperimentare personalmente e discutere l’esperienza vissuta nell’ambito del laboratorio formativo, enfatizzando gli aspetti emozionali e l’intuizione.
  • Osservazione Riflessiva: Osservare, riflettere e interpretare le sensazioni e i comportamenti emersi durante l’esperienza, focalizzandosi sulla comprensione e la profondità di analisi.
  • Concettualizzazione Astratta: Produrre e schematizzare concetti e abilità estendendoli a situazioni esterne, sia lavorative sia personali, enfatizzando la logica e la generalizzazione.
  • Sperimentazione Attiva: Verificare le conoscenze e competenze acquisite in situazioni nuove, focalizzandosi sul cambiamento e sull’evoluzione.

Quest’ultima fase diventa a sua volta un’Esperienza Concreta che da inizio a un nuovo ciclo di apprendimento, da qui la definizione di David Kolb di apprendimento esperienziale come processo a spirale.

Dal sito www.maatmox.com

Articoli correlati:

  1. Le intelligenze multiple
  2. Service learning ed educazione civica
  3. L’apprendimento significativo
  4. Differenze e disuguaglianze
  5. Il pensiero e l’azione
  6. Le prove di competenza
  7. Progettazione per padronanza
  8. I diagrammi di Gantt
  9. Oltre la conoscenza: l’essere
  10. Professionalità docente

Piccola sitografia

Immagini: Le foto sono scatti dell’autore dell’articolo