
Emozioni? Boh!
Lo scorso 27 gennaio, come ogni anno, è stato il giorno della memoria, un giorno dedicato al ricordo ed alle riflessioni su una pagina buia, anzi completamente nera, per tutti gli individui e per tutte le generazioni: la shoah.
La deliberata volontà di sterminare un popolo. E pensare che c’è gente che ancora si ostina, probabilmente in malafede, a negare l’evidenza storica. È un’osservazione che ci dovrebbe fare interrogare e meditare su quale possa essere il livello di discriminazione dell’Uomo, che pure si erge a padrone del mondo.
Queste occasioni sono colte dalle scuole di ogni ordine e grado per promuovere nei ragazzi la riflessione sui fatti del passato, spesso molto recente, per cercare di capire il presente affinché si possa costruire un futuro scevro da errori già commessi.
Come di consueto, una professoressa di scuola secondaria di secondo grado ha assegnato il classico compito in classe sulla shoah. Un alunno si è limitato a scrivere «Sono morti tutti bruciati». La dirigente scolastica, prontamente avvisata dalla docente, in un’intervista rilasciata a La Repubblica ha così commentato: «Dobbiamo trovare le parole per evitare che quella ignobile frase, graffiata su un foglio bianco, passi inosservata. Abbiamo da educatori il dovere di accogliere e rilanciare. Sempre più spesso si mostrano incapaci di cogliere le emozioni, di entrare in sintonia con i drammi dell’altro, di mostrare empatia. È una vera patologia, l’alexitimia, ma se ne parla poco».
Poi aggiunge: «Quale che sia la risposta, la gravità di questo che gli esperti definiscono l’analfabetismo affettivo apre le porte a comportamenti, nella vita dei ragazzi, inclini alla violenza, alla provocazione, all’aggressione verbale e fisica. Parlare a scuola della Shoah serve anche a scongiurare questo tipo di condotte».
Ebbene, ho preso spunto da questa notizia di cronaca per parlare della patologia a cui ha fatto cenno la dirigente scolastica e che, probabilmente, è molto più diffusa di quanto si creda.
Per prima cosa vorrei far notare che ho omesso la località dove è avvenuto questo brutto episodio perché tale informazione potrebbe sgravare la coscienza di molti, in particolare di quelli cui piace prendere la scorciatoia di dividere l’umanità in “buoni e cattivi”, che poi è un altro modo per distinguere tra “noi e gli altri”. Il fatto coinvolge tutta questa società che abbiamo creato e della quale non avvertiamo i limiti perché abbiamo i sensi anestetizzati da uno pseudo-estetismo di facciata che lascia al di fuori dei nostri interessi i sentimenti e la pietas per il prossimo.
L’alixitimia o alessitimia è un «Disturbo che compromette la consapevolezza e la capacità descrittiva degli stati emotivi esperiti, rendendo sterile e incolore lo stile comunicativo. I pazienti alessitimici, oltre alle difficoltà nel riconoscere, nominare e descrivere i propri stati emotivi, presentano stati emotivi attenuati o completa incapacità di provare emozioni. Nella mente degli individui alessitimici le emozioni si confondono con le sensazioni corporee percepite. Se interrogati riguardo a manifestazioni quali il pianto o il riso, tali individui non riescono a ricondurle a un’esperienza emotiva riconoscibile che comprenda e giustifichi le modificazioni somatiche presentate e le sensazioni somatiche riferite. Inoltre, essi esibiscono un impoverimento del pensiero simbolico e una notevole difficoltà nell’identificazione delle emozioni altrui», come ci ricorda l’enciclopedia Treccani on line.
Il termine alessitimia deriva, come moltissime altre parole italiane, dal greco: a- è la famosa alfa privativa, lexis- vuol dire parola ed infine thymos significa emozione, quindi incapacità di esprimere a parole le proprie emozioni.
L’alessitimia, come dicevamo, è un fenomeno abbastanza diffuso alla cui genesi non è certo estranea la cultura del mordi e fuggi, del tutto e subito, oggi imperante in questa società frammentata, nella quale i legami e le relazioni sono spesso solo a livello larvale. Siamo stati ridotti, spesso con il nostro beneplacito, a tante allodole perché ci lasciamo affascinare dai luccichii del superfluo, ci facciamo abbindolare dal novello pifferaio magico rappresentato dal mercato globale e non riusciamo a dedicare tempo alle persone, a chi ci sta accanto.
Personalmente ho plaudito alla reintroduzione dell’insegnamento di educazione civica, anche se il timore che si risolvesse tutto nel proporre qualche pagina in più da studiare è tanto ed anche abbastanza reale. Spero di essere in errore. Ogni docente, a prescindere dall’educazione civica, dovrebbe creare un rapporto emotivo ed empatico con ogni singolo alunno, dovrebbe promuovere e facilitare la tendenza ad esternare i propri sentimenti e le proprie emozioni, fornendo adeguati strumenti didattici. Potrebbe trattarsi di un film, di un documentario, di una lettura particolarmente indicata, piuttosto che di un qualunque altro argomento strumentale alla riflessione sulla situazione in cui altri sono o sono stati costretti a vivere. Non c’è bisogno di immagini crude e cruente o di fatti eclatanti, potrebbe bastare molto meno. In ogni comune, come dicono le statistiche ISTAT in materia, sono presenti numerose associazioni di volontariato, alcune delle quali ben attrezzate culturalmente e strumentalmente nel portare il proprio messaggio agli alunni di tutte le età. Perché non coinvolgerle nella progettazione didattica finalizzata alla promozione della solidarietà e del dono, quindi dell’attenzione all’altro? Non costerebbe nulla e potrebbe portare frutti insperati.
Con l’aiuto dei volontari, dovrebbe anche essere facile stilare un progetto operativo sfruttando l’approccio pedagogico del service learning. Una simile proposta metterebbe al centro dell’azione didattica i ragazzi, come richiesto dalle attuali tendenze pedagogiche, aumentandone la motivazione e la partecipazione con una positiva ricaduta su tutto il percorso educativo.
La scuola come istituzione ed i docenti come professionisti non possono non vigilare e recepire quanto accade nella società in cui essi stessi sono immersi, non possono non coglierne le istanze per soddisfarle ed i cambiamenti per facilitarli o per combatterli a seconda dei casi.
L’alessitimia è un fenomeno che si sta diffondendo sempre più e la scuola deve rispondere con gli strumenti in suo possesso, ma in modo fermo e deciso.
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Piccola sitografia:
- https://istitutosantachiara.it/alessitimia/
- https://www.ipsico.it/news/alessitimia-scarso-accesso-alle-emozioni/
- https://it.wikipedia.org/wiki/Alessitimia
- https://blogunisalute.it/alessitimia/
- https://www.doctorium.it/alessitimia/
Immagini: tutte le immagini sono state scattate dall’autore dell’articolo.