Delitto e castigo

Delitto e castigo

26 Marzo 2023 0 Di giuseppe perpiglia

No, no, potete stare tranquilli! Non mi sono montato la testa, né voglio riproporvi il capolavoro di Fedor Dostoevskij sotto altra veste. Ho solo scelto un titolo ad effetto per parlare, molto più modestamente, di un argomento a cui, in questi ultimi tempi, sto riservando le mie attenzioni e qualche riflessione.

Tutto è partito dalla considerazione che tante cose andrebbero meglio, anche nella società, se solo vi fossero controlli più frequenti e più efficaci. Il controllo, quando svolto in modo appropriato, non è certo una prevaricazione o una intromissione nella vita altrui, né un voler metter bocca nelle scelte fatte da altri per affermare la propria supremazia ed il proprio potere, veri o presunti che siano.

Il controllo e la vigilanza, dovrebbero essere intesi come la necessità di uno sguardo da un punto di vista diverso e quanto più oggettivo possibile da parte di un soggetto altro da noi. Il punto di repere dovrebbe essere una regola fissata a priori e quanto più largamente condivisa o un comportamento basato su valori universalmente accettati e ritenuti immutabili.

Nel caso dell’attività didattica, la regola, intesa in senso lato, è rappresentata dal contenuto del PTOF prima e da quello della programmazione annuale subito dopo, è rappresentata, quindi ed in ultima analisi, dalle competenze che si vogliono far acquisire ai ragazzi durante il segmento scolastico di proprio interesse. Il controllo consta, invece, in una verifica costante e puntuale su quanto fatto dai ragazzi e sulla loro risposta agli stimoli proposti, inteso come confronto critico ed impersonale con quanto stabilito a priori.

Il “delitto” si riferisce ad eventuali deroghe arbitrarie dal percorso segnato all’inizio, al tempo adeguatamente spiegato e condiviso tra docenti, classe, famiglie e singolo alunno.

Il “castigo”, invece, non deve essere inteso come una mera punizione, come una sanzione per affermare il proprio potere, bensì deve essere inteso come l’insieme delle azioni, scelte di comune accordo tra docente ed alunno, da intraprendere per annullare tanto le cause quanto gli effetti negativi inerenti al “delitto” commesso e fare, quindi, in modo che il ragazzo rientri quanto prima nell’alveo a suo tempo fissato e condiviso.

Nulla vieta, ovviamente, che tale alveo possa venire rivisto e rimodulato in corso d’opera, come conseguenza necessaria delle mutate esigenze o delle diverse considerazioni che dovessero verificarsi nel corso dell’attività didattica. Tale prassi, però, deve pur sempre scaturire da una riflessione a più voci, deve essere una riflessione che coinvolga tutti gli attori ed i soggetti interessati al processo educativo per stimolare e promuovere la necessaria quanto ineludibile motivazione, vero ed unico motore per l’apprendimento.

Bisogna far capire al ragazzo che il controllo, sotto qualunque forma esso venga esperito, ad esempio come una verifica costante e razionalmente oggettiva, è momento importante ed imprescindibile di crescita. Per avere riscontri positivi in questa direzione, però, il docente si deve porre nella giusta ottica, nella corretta posizione relazionale. Deve essere distaccato e partecipe ad un tempo. Distaccato nel senso che si deve basare, per emettere i suoi giudizi, su quanto proposto nella fase iniziale del percorso e su quanto effettivamente condiviso con il ragazzo; partecipe perché deve immedesimarsi nelle eventuali difficoltà incontrate dal ragazzo stesso per aiutarlo acché le possa superare con le sue forze e le sue potenzialità, che spesso sono di molto superiori a quelle che gli adulti sono disposti a riconoscere ai ragazzi ed ai giovani in formazione.

Per sintetizzare, il controllo non deve essere finalizzato alla punizione o alla coercizione, ma al miglioramento continuo di tutti gli attori del processo di insegnamento-apprendimento. Con ciò voglio sostenere che anche il docente trae beneficio da un controllo esperito correttamente e razionalmente in quanto tale pratica richiede un confronto schietto ed aperto con un’altra persona, con un altro modo di vedere le cose, con un altro universo valoriale.

Il controllo deve essere vissuto da alunni ed insegnanti come un’attività positiva e pro-attiva ed ogni docente dovrebbe mettere molta attenzione nel curare tale aspetto della relazione educativa, che poi è e deve necessariamente essere anche una relazione umana.

Assistiamo, però, non di rado, ad una degenerazione della delicata fase dedicata al controllo ed al monitoraggio. Infatti capita con una certa frequenza che nella sua forma di valutazione il controllo venga a volte proposto quasi come una punizione, un giudizio divino per far espiare tutte le colpe di cui l’alunno si è macchiato. “Vi siete comportati in modo ben poco civile, per cui domani faremo compito in classe!”, anche nelle nostre aule, qualche volta, sarà risuonata, con tono minaccioso, tale fatidica frase. Un simile atteggiamento non avrà altra conseguenza se non quella di alzare un muro tale da impedire una relazione positiva da parte dei ragazzi con il docente, con la scuola e, in generale, con il mondo degli adulti. Il ragazzo sarà portato a vivere sempre con il timore di essere giudicato per cui ne risentirà anche il suo sviluppo psicologico, in special modo sul fronte dell’autostima e della sicurezza delle sue azioni. Altra considerazione da fare è che anche il ragazzo si porrà in posizione errata nei confronti del controllo delle sue stesse azioni (auto-controllo), così come in modo errato si porrà nel giudicare gli altri.

Per concludere penso sia condivisibile affermare che il docente debba concepire il controllo come una normale quanto efficace attività didattica, un importante strumento educativo, perché permette al ragazzo di prendere coscienza del suo procedere lungo il percorso di apprendimento che ha condiviso nella fase iniziale, quando gli è stato proposto.

Per favorire ed agevolare l’acquisizione di un’adeguata presa di coscienza della correttezza e dell’adeguatezza del suo operato da parte del ragazzo, sarebbe opportuno promuovere e proporre metodologie basate sul confronto tra pari. Sarebbe, quindi, proficuo e produttivo applicare i concetti della peer education, del lavoro di gruppo, del cooperative learning. Un approccio pedagogico che potrebbe dare risultati molto soddisfacenti è il service learning, o apprendimento per servizio in quanto una meta comune e ben definita rende più facile ed efficace, ma anche adeguatamente impersonale, il momento del monitoraggio e del controllo.

Articoli correlati:

  1. La motivazione
  2. Bias cognitivi
  3. La warm cognition
  4. Una lezione di civiltà
  5. Attivare l’ascolto
  6. Autoritarismo o autorevolezza?
  7. Ognuno nella propria lingua
  8. Ad ognuno il suo
  9. La solidarietà
  10. Service learning ed educazione civica

Immagini: Tutte le foto sono state scattate dall’autore dell’articolo