Educazione civica, educazione viva

Educazione civica, educazione viva

11 Dicembre 2022 0 Di giuseppe perpiglia

Inizio subito con due citazioni, la prima presa da don Luigi Sturzo: «La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal Governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti, verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà»; la seconda, invece, è una frase pronunciata dal padre costituente Piero Calamandrei: «La nostra Costituzione è in parte una realtà, in parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno, un lavoro da compiere». Il soggetto, in entrambi i casi, è la nostra Costituzione, il suo messaggio, la sua valenza e la sua modernità.

L’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica ha avuto il grande merito di riportare, o forse è meglio dire di portare, lo studio e la riflessione sul testo costituzionale e sui principi in esso enunciati nelle aule, tra i banchi di scuola. La Costituzione è il vangelo laico che ogni cittadino dovrebbe portare stampato a caratteri di fuoco nella propria coscienza ed a cui improntare la sua vita sociale e politica, ampiamente intesa.

La Costituzione è un documento che indica chiaramente un percorso di crescita e di maturazione personale e collettivo improntato al rispetto reciproco ed alla “solidarietà politica, economica e sociale”, intesi come “doveri inderogabili”.

John Done, già nel lontano 1624, affermava «Nessuno è un’isola, nessuno è intero in sé stesso: ognuno è un pezzo di un continente, una parte del tutto». La società attuale sembra, invece, andare in una direzione ben diversa privilegiando, non già le relazioni pro*sociali e l’inclusione, bensì l’egoismo e l’egocentrismo, mettendo il proprio tornaconto al di sopra di ogni altra cosa.

In ogni società, e quella attuale non fa certo eccezione, si annidano e si alimentano sacche di difetti e di criticità più o meno grandi. La risposta non può essere se non un’istruzione di qualità. La cultura, infatti, è medicina in grado di curare buona parte delle malattie della nostra società, ma serve una cultura viva, capace di stimolare il gusto e la passione dei propri studenti. Neanche la scuola, però, è esente da punti critici. Tra questi il pesante deficit legato alla cultura della valutazione, aggravato dall’uso distorto che per tanto tempo è stato fatto di questo termine, ridotto a sinonimo di giudicare. Anche tale atteggiamento va contro i principi costituzionali che promuovono l’inclusione, la solidarietà e la comprensione reciproca per tutti e per ciascuno. Valutare non deve essere sinonimo di giudicare ma di “conoscere” e “conoscersi“. Dal punto di vista del docente, valutare deve significare riflettere sul proprio operato per migliorare il proprio lavoro.

L’educazione, in sintonia con i principi costituzionali, deve essere un processo vivo, pro-attivo, un processo in grado di coinvolgere i ragazzi nell’avventura della loro maturazione personale e sociale. Per motivare i ragazzi è necessario proporre loro un’educazione autentica, un’educazione, cioè, in grado di parlare al loro bisogno di significato e di felicità.

Don Luigi Sturzo ci invita a difendere la Costituzione quale baluardo di libertà, quale documento programmatico, pro-attivo e pro-sociale, evitando che venga “dimenticato” o alterato da chicchessia. Piero Calamandrei, dal suo canto, ci sprona a continuare ad applicarla giorno per giorno. Non è un documento da lasciare in un cassetto dimenticato della nostra memoria. Bisogna avere e promuovere la consapevolezza che essa è sì un punto fermo della nostra vita sociale, ma che anche i punti fermi hanno bisogno di essere adeguati, per quanto non stravolti, alla mutevolezza dei tempi. Le comunità si evolvono proprio come gli organismi adeguandosi alle nuove conoscenze via via acquisite grazie alle sempre nuove e più frequenti conquiste delle scienze e della tecnica. Le conquiste, però, riguardano anche i comportamenti della società e dei singoli e quello che era impensabile qualche decennio fa oggi, magari, è diventata la norma.

Si pensi, a mo’ di esempio, alla rivoluzione tecnica e tecnologica ma anche culturale rappresentata dalla massiccia diffusione dell’informatica e dei social media in particolare.

I ragazzi debbono essere spronati ad acquisire la consapevolezza tanto di quello che hanno -la Costituzione, la democrazia, la libertà- e di quanto spetta a loro costruire o migliorare per le ragioni appena esposte.

La Costituzione, come ci insegna don Luigi Sturzo, non deve essere stravolta, ma non deve essere neanche studiata solo sui libri, deve, invece, essere vista, compresa e applicata nella vita quotidiana per poterla sempre meglio adeguare al mutato contesto culturale.

Uno dei metodi più semplici e probabilmente più efficaci è quello, usato già da tempo nella scuola, della lettura dei giornali -quotidiani, telegiornali, su internet- ed invitare i ragazzi a fare le loro considerazioni e ad esprimere le loro riflessioni alla luce del dettato costituzionale.

Come per qualsiasi acquisizione culturale o comportamentale bisogna fare attenzione ad incrementare la motivazione dei discenti, bisogna far intravedere un fine che sia in grado di intercettare gli interessi dei ragazzi. “Dare consapevolezza dei fini” era, per Adriano Olivetti, una delle cose necessarie al buon funzionamento di una fabbrica, condizione e punto di partenza per fare di un’impresa produttiva una “comunità di persone” e questo, spesso, è il primo gradino per costruire un solido edificio motivazionale. Quando si ha ben chiaro l’obiettivo da raggiungere, diventa più facile trovare delle motivazioni personali che ne giustifichino il raggiungimento. Quando, invece, si propone un obiettivo debole, falso, avulso dal contesto di vita del ragazzo, un obiettivo fumoso, dai contorni indistinti, tutto diventa più difficile.

Altro pericolo in cui si potrebbe incorrere è quello legato ad un’applicazione pragmatica di regole e norme. È necessario far capire ai ragazzi, e non solo a loro, che le regole sono importanti, che ogni organizzazione ha bisogno di regole, norme, procedure per il corretto funzionamento. Il docente, però, deve essere a sua volta consapevole che c’è anche bisogno di ascolto e di emozioni.

Ogni vero educatore sa che per educare deve dare qualcosa di sé stesso perché soltanto così può aiutare i suoi allievi a superare gli egoismi e a diventare a loro volta capaci di autentico amore e di protagonismo pro-sociale.

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