
Progettare con efficacia
L’inizio di ogni percorso di insegnamento-apprendimento nasce dalla necessità sentita di dare una risposta ad un bisogno formativo avvertito come tale. Il secondo passaggio consiste nella strutturazione dell’idea in un progetto il quale, a sua volta, rappresenta la base su cui stilare la programmazione sulla quale andrà conformata l’attività didattica. Per ottenere i risultati previsti dall’idea originale, però, è necessario che tutte le varie fasi vengano espletate al meglio, che siano frutto di un’approfondita riflessione comune e che la sintesi che ne scaturisce sia totalmente condivisa. Non può, infatti, essere accettabile che ogni docente oppure ogni classe vada in una direzione per proprio conto, allontanandosi dal comune alveo rappresentato dal PTOF, stilato anche alla luce del piano di miglioramento.
Cerchiamo, allora, di ragionare su come mettere in atto una progettazione efficace, attingendo, con le dovute cautele ed i necessari distinguo, ai princìpi del project management normalmente utilizzati nella gestione di un’azienda.
Il passo più importante, quello in grado di dare una fisionomia ben chiara a tutto il progetto, è sicuramente il primo, la fase iniziale, quella in cui si effettua la rilevazione dei bisogni e si individuano gli obiettivi generali. Dare risposte a domande mai poste sarebbe lavoro inutile o anche dannoso perché crea noia, frustrazione e mina la motivazione di alunni, docenti e genitori.
La riflessione su bisogni ed obiettivi può e deve avvenire a vari livelli. Il primo livello, anche in ordine di tempo, è quello macroscopico e riguarda l’istituzione nel suo complesso. Tralasciando il livello nazionale, ed eventualmente quello regionale, entro cui deve muoversi ogni singola istituzione, quest’ultima deve prendere consapevolezza dei bisogni formativi del territorio su cui insiste. In un secondo tempo i risultati ottenuti ed opportunamente sintetizzati devono essere curvati su ogni classe e, all’interno di questa, su ogni singolo alunno. In tal modo si crea, in modo automatico, un’unica visione, un linguaggio condiviso tra le varie classi e tra i docenti che non può se non far del bene a tutto il processo di insegnamento-apprendimento.
Per ogni livello bisogna fissare degli obiettivi via via più limitati e più analitici dettagliando gli obiettivi individuati per i livelli superiori, fino a giungere alla progettazione per il singolo alunno, a cura del singolo docente, al fine di rendere effettivo il diritto costituzionale, non solo allo studio, bensì all’apprendimento.
Per poter fissare degli obiettivi che siano realisticamente raggiungibili bisogna procedere inizialmente anche al censimento delle risorse disponibili non tanto e non solo economiche, molto esigue o assenti nel nostro caso, quanto a quelle strutturali (spazi, laboratori, …) e soprattutto il censimento delle risorse umane con tutto il bagaglio di competenze al seguito. Una particolare attenzione andrebbe riservata alle risorse offerte dal territorio: enti locali, associazioni di volontariato, ordini professionali, eventuale oratorio, associazioni sportive e di promozione sociale, dove presenti una risorsa importante sono i CSV – Centri Servizi al Volontariato. E poi non dimenticare le famiglie che potrebbero rappresentare una vera e propria miniera di insospettabili potenzialità. È opportuno ricorrere alla stesura di un elenco delle risorse umane disponibili, un semplice schedario, in cui riportare tutte le risorse disponibili, siano esse interne o esterne, in modo da farvi ricorso alla bisogna, con l’accortezza di aggiornarlo con adeguata frequenza, almeno annuale.
Avendo ben chiara la situazione relativa alle risorse ed agli obiettivi che si vuole realizzare si hanno tutte le carte in regola per effettuare un’analisi di fattibilità prendendo in considerazione anche gli eventuali vincoli presenti, primo fra tutti il tempo. La calendarizzazione delle attività, a volte, è il vero fattore limitante.
Con tutti i dati iniziali è possibile passare alla fase successiva consistente nell’individuazione delle varie fasi in cui suddividere il progetto iniziale. Ogni fase deve prevedere essa stessa dei prerequisiti funzionali e culturali da soddisfare e deve poter, ovviamente, contare sulle risorse necessarie. Per ogni fase bisogna, inoltre, stabilire la durata e, cosa molto importante, deve indicare chiaramente i criteri quanto più oggettivi possibili per stabilire se e in quale misura l’obiettivo o gli obiettivi programmati siano stati raggiunti.
Prendendo a prestito, come già accennato, qualche concetto dal project management applicato nell’industria possiamo affermare che ogni progetto e, con le dovute proporzioni, ogni fase in cui è stato suddiviso, devono presentare i seguenti stadi:
- Allestimento ed avviamento
- Pianificazione
- Esecuzione
- Monitoraggio e controllo
- Chiusura del progetto
Tutte le precedenti fasi sono strettamente interconnesse e non presentano un andamento strettamente sequenziale.
Sarebbe opportuno verbalizzare le riflessioni, anche in modo informale, ben oltre la formalità burocratica della stesura del progetto da presentare all’istituzione.
Le note caratterizzanti tale fase dovrebbero essere l’obiettività, la condivisione reale e la trasparenza verso i terzi, in particolare verso la famiglia che può rappresentare una risorsa o un vincolo. Spesso è il nostro comportamento ad indirizzarla in un senso o in un altro.
Per portare avanti efficacemente la fase di ideazione sarebbe opportuno rispondere alle seguenti domande:
Cosa? Specificare in dettaglio e con dovizia di particolari contesto, visione ed obiettivi. Questo permette di attivare una metacognizione del problema.
Perché? Esplicitare i risultati che si vuole ottenere ed anche in questo caso è bene scendere nei particolari al fine di promuovere una riflessione profonda.
Come? In questo caso la riflessione interessa l’operatività, per il momento anche a grandi linee e poco più che abbozzata, connessa al progetto. Nella programmazione successiva si scenderà, quindi, nel dettaglio delle varie attività.
Quali vincoli? La risposta a tale domanda riguarda in primo luogo le risorse -economiche, culturali, strutturali e personali- su cui possiamo fare sicuro affidamento.
Chi? È necessario stilare con attenzione e con assoluta chiarezza e puntiglio la tabella del chi fa cosa: per ogni soggetto coinvolto va assegnato il compito o i compiti che gli vengono richiesti.
È bene documentare le riflessioni, sia sui punti di forza sia sulle criticità incontrate e su come siano state superate, emerse nelle varie fasi per avere, in seguito, un archivio di best practice, di buone pratiche in grado di guidare e di facilitare il compito e di permettere un continuo miglioramento.
Dopo la prima fase, servita ad inquadrare chiaramente ed integralmente il contesto si passa alla fase della programmazione delle attività previste, in altri termini si passa dal piano teorico al livello operativo. Il fattore limitante, in questo caso, è chiaramente il tempo a disposizione, ancora più stringente se ci si riferisce alla progettazione di un’UdA. È per questo che viene richiesta molta attenzione alle varie attività ed al tempo assegnato ad ognuna di esse. In questi casi risulta molto utile fare ricorso ad un cronoprogramma o diagramma di Gantt. In rete è possibile trovare e scaricare gratuitamente diversi software, anche complessi, ma di facile utilizzo, per gestire il tempo al meglio e monitorare l’avanzamento delle diverse attività. A tal proposito si consiglia di consultare l’articolo I diagrammi di Gantt su questo stesso blog per avere qualche nozione in più.
L’esecuzione pratica del progetto, la messa su strada, deve attenersi a quanto progettato ma non ne deve essere schiava, anzi, al contrario, bisogna essere attenti all’evoluzione contestuale del progetto stesso per prendere le opportune contromisure. Anche in questo caso è bene prendere nota delle criticità incontrate e delle soluzioni adottate. Altro comportamento efficacemente strumentale alla buona riuscita del progetto è l’organizzazione di riunioni in corrispondenza delle varie fasi di avanzamento. Basta anche uno scambio informale delle impressioni avute per metterle in comune insieme alle eventuali acquisizioni in modo che la conoscenza del singolo divenga conoscenza condivisa.
Altra variabile in grado di portare buoni frutti è quella relativa alla leadership. Il gruppo di lavoro deve individuare, al suo interno, una guida autorevole, un leader appunto, che abbia l’appoggio di tutti nonché le competenze richieste dal ruolo e che possa fare da punto di aggregazione per il lavoro comune.
L’attività che dà sostanza ed efficacia al progetto, oltre all’idea che lo ha generato, è quella relativa al monitoraggio ed al controllo. Fermarsi per ragionare e riflettere su quanto fatto e su come lo si è fatto e su quanto resta da fare è molto remunerativo in termini di risultati, sia nel breve periodo, quanto in quello medio e lungo.
Nel caso ci si renda conto di essersi allontanati dall’idea originale bisogna indagarne le cause e cercare di capire se è più proficuo seguire l’idea primigenia o la curvatura che essa ha subìto. Non è certo un sacrilegio cambiare rotta in corso d’opera se ciò dovesse risultare strumentale al più efficace ed efficiente raggiungimento degli obiettivi generali del progetto.
Le varie fasi non sono nettamente separate l’una dall’altra ne vanno eseguite in rigoroso ordine sequenziale, bensì sono più o meno incastrate in vario grado e possono essere ripetute anche più volte nel corso del progetto. Si consideri, ad esempio, il monitoraggio ed il controllo che andrebbero svolto ogni volta che si conclude una singola attività per valutarne l’efficacia e l’effetto proprio ma anche quelli nel contesto di tutto il progetto.
Ogni progetto deve prevedere un prodotto che renda conto e finalizzi le varie attività svolte e la sua esecuzione verrà considerata anche ai fii della valutazione dell’acquisizione delle competenze previste ed al raggiungimento degli obiettivi generali programmati.
Con la presentazione del prodotto finale si potrebbe pensare che il progetto sia concluso. In realtà manca ancora una fase importante, quella che gli anglosassoni chiamano debriefing e che potremmo tradurre come riflessione finale.
Il team di progetto è chiamato a riflettere sull’idea progettuale nel suo complesso focalizzando l’attenzione su alcuni punti. In primis sulla corretta o meno individuazione del bisogno formativo cui voleva dare risposta, sull’efficacia della risposta data, sui risultati ottenuti in termini di acquisizione di contenuti cognitivi e formativi da parte degli alunni, sul corretto ed efficace utilizzo delle risorse e sul rispetto dei vincoli, ma anche sul rispetto delle consegne connesse alle varie attività e di tutte le altre variabili collegate allo svolgimento del progetto. Non si tratta di dare colpe o di trovare capri espiatori, né tanto meno di fare delle classifiche di merito, ma solo del tentativo comune e condiviso di andare verso il miglioramento di tutti e di ciascuno.
È vero, vengono richiesti tempo ed impegno, ma sono sacrifici che ripagano tanto nello svolgimento attuale quanto, e forse ancora di più, nel corso del tempo.
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Breve sitografia
- https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=136033
- https://www.pedagogiafamiliare.it/file/didattica-efficace-diritto-apprendimento.html
- https://dariocarotenuto.it/i-5-punti-chiave-per-la-gestione-efficace-dei-tuoi-progetti/
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