Tale Giuseppe Valditara

Tale Giuseppe Valditara

23 Ottobre 2022 0 Di giuseppe perpiglia

La scuola italiana ha un nuovo condottiero: Giuseppe Valditara. Nato a Milano il 12 gennaio 1961 ha oggi 61 anni. La sua connotazione politica è nettamente nella parte destra dell’emiciclo, infatti è passato dalla Lega ad Alleanza nazionale, prima, ed a Fratelli d’Italia, dopo, che lo candidò al ruolo di ministro. Con Alleanza Nazionale è stato eletto senatore per tre legislature dal 2001 al 2013, per la stessa formazione politica è stato anche responsabile del Dipartimento Scuola ed Università. In seguito è tornato al primo amore: la Lega ed è diventato tra i consiglieri più fidati di Matteo Salvini. I suoi mentori sono stati Umberto Bossi e Gianfranco Miglio, padri fondatori della Lega e fautori delle mire autonomiste della Padania.

Il nostro, comunque, non è nuovo nei ministeri in quanto ha rivestito altri importanti incarichi nelle passate legislature. È stato, infatti, capo Dipartimento per la formazione superiore e la ricerca del MIUR (al tempo si chiamava così) nel primo governo Conte. Ha ricoperto anche l’incarico di vice-presidente della Commissione bicamerale per l’infanzia. Al di fuori delle aule parlamentari è stato assessore all’Istruzione ed all’edilizia popolare della provincia di Milano. È sicuramente uno che di scuola ne ha sentito parlare essendo professore ordinario di diritto romano presso l’Università di Torino e presso l’Università Tor vergata di Roma; inoltre, la madre ha insegnato per oltre quarant’anni, come da lui stesso affermato.

Un’osservazione su cui penso sia utile riflettere: quante denominazioni ha avuto, nel corso degli anni, il ministero dedicato alla scuola? Oggi è la volta di Ministero dell’istruzione e del Merito. Il neo-ministro ha dichiarato che tale denominazione è un “chiaro messaggio politico”. E proprio questo è il punto al centro della riflessione testé proposta. Se la denominazione di un ministero è anche un messaggio politico, il fatto che il ministero deputato ad occuparsi dell’istruzione abbia avuto così tante denominazioni vuol dire che si sono avvicendati altrettanti “messaggi politici”, cioè visioni diverse. Ma l’istruzione è un campo che opera su tempi lunghi, se ad ogni cambio di governo si dà un messaggio politico diverso, quindi una diversa impostazione, ne consegue che all’istruzione precludiamo un futuro in grado di portare i frutti sperati e dovuti alla comunità.

Il sistema di istruzione e formazione nazionale è molto complesso ed articolato e non è pensabile che esso possa cambiare rotta ad ogni legislatura, anche considerando che le legislature hanno durata molto variabile, per usare il classico pio eufemismo.

Ci sarebbe bisogno, soprattutto visti i risultati impietosamente mostrati dall’INVALSI, di uno sguardo lungo, di una programmazione che possa essere messa nelle condizioni di espletare i suoi effetti che si manifestano solo sul lungo periodo. E questo è possibile solo se tale ipotetica e sperata programmazione viene condivisa tra tutti i partiti in modo bypartisan, e che, quindi, non risenta delle variazioni di maggioranze ed opposizioni che litigano più all’interno che con gli avversari politici.

L’onorevole Giuseppe Valditara, avvocato, si è già cimentato in cose di scuola, infatti è stato il relatore della legge di riforma dell’Università stante ministra del MIUR l’onorevole Mariastella Gelmini. Tale riforma viene ricordata, soprattutto dal mondo sindacale, per il deciso taglio dei fondi agli atenei italiani.

Adesso, però, cerchiamo di dare uno sguardo al futuro che ci aspetta.

Il neo ministro ha posto in campo due questioni: il merito e la regionalizzazione. Quest’ultima fa il paio con quanto dichiarato dal neo presidente della Camera, onorevole Lorenzo Fontana, che ha promesso il riconoscimento ed il rispetto delle differenze economiche, storiche e sociali dei diversi territori della Nazione. La regionalizzazione è figlia dell’autonomia ed entrambi sono concetti pericolosi, perché possono prestare il fianco ad interpretazioni diverse in base al fine ultimo che si propongono. Non dimentichiamo che il cavallo di battaglia della Lega, nata come Lega Nord, era proprio l’autonomia, anzi la secessione, della Padania, figura mitologica al pari della Fenice. L’obiettivo era, per semplificare forse anche troppo, quello di rinchiudersi nel proprio mondo perfetto lasciando il resto d’Italia al suo magro destino. Il contrario del principio di inclusione su cui si dovrebbe fondare la scuola, ed anche in contrasto con il dettato costituzionale quando all’articolo 2 parla di “solidarietà politica, economica e sociale”. Regionalizzazione potrebbe voler dire, con molta probabilità, dare di più a chi ha di più e dare di meno a chi ha di meno, acuendo il divario tra nord e sud, divario che costituisce un grave vulnus per tutto il Paese.

Un discorso a parte riguarda la questione del “merito”.

Che il merito vada perseguito e gratificato ci trova, penso, tutti d’accordo. Bisogna, però, mettersi d’accordo sul significato da dare a tale termine.

Prendiamo spunto dalla definizione che ne dà l’edizione online del vocabolario Treccani. Detta fonte dà, per il termine “merito”, diversi significati ma tutti sono rivolti all’apprezzamento qualitativo di un’azione, di un comportamento o di qualsiasi altra cosa. Il termine viene genericamente utilizzato con un’accezione positiva, anche se siamo soliti dire, ad esempio, “il castigo che ti è stato inflitto te lo sei meritato” o frasi simili, quindi, dando al termine “merito” un’accezione negativa.

Il merito è, quindi, generalmente un riconoscimento delle proprie azioni o dei propri comportamenti.

Nel contesto del presente articolo, il problema non è tanto riconoscere il merito, quanto riflettere e tenere nella giusta considerazione le cause che hanno messo il soggetto nella condizione di veder riconosciuto il suo merito. Ho scritto volutamente “soggetto” perché, a quanto è dato capire, i soggetti che saranno coinvolti non dovrebbero essere solamente gli alunni, ma anche i docenti e tutti i lavoratori della scuola.

I sindacati hanno sempre contestato, a volte solo con il mugugno, l’impossibilità per un docente di fare carriera, di ottenere una promozione stipendiale che rendesse conto, appunto, dei loro meriti. L’unico avanzamento previsto era ed è tuttora quello legato all’anzianità di servizio con scalini, scaloni e scaglioni, che è un non criterio perché non fa alcuna differenza.

La Buona Scuola ha provato a fare una seppur minima differenziazione con un premio riservato ai docenti ritenuti più meritevoli, che dimostrano maggiore impegno verso la vita scolastica. Tale strumento, però, è stato spesso applicato male. Alcuni dirigenti, infatti, hanno preferito sfuggire alle responsabilità che una scelta comporta allargando la platea dei “docenti meritevoli” per tenersi buono il corpo docenti.

La situazione sul fronte degli alunni, però, è più sfaccettata. Non sono mai stato d’accordo con il “18 politico” perché agevola solo chi non ha nemmeno provato a metterci del proprio. Allo stesso modo, da docente della scuola secondaria di primo grado, ho sempre osteggiato le promozioni elargite già a settembre. Quale pungolo si dà ai ragazzi? Quale responsabilizzazione?

Poi, però, bisogna giudicare e valutare caso per caso. Non si può certo paragonare la situazione di un ragazzo nato in una famiglia con reddito medio-alto con quella di un ragazzo nato, invece, in una famiglia monoreddito che vive poco al di sopra della soglia di povertà, senza parlare, infine, di coloro che tale soglia non l’hanno mai superata.

Non è, ancora, possibile mettere sullo stesso piano la situazione di quello studente che madre natura o il Buon Dio hanno fornito di un’intelligenza viva e quella di un ragazzo che ha bisogno di più tempo per raggiungere gli stessi obiettivi.

Il distinguo andrebbe fatto sull’impegno personale, sulla disponibilità e sulla voglia di apprendere sempre di più e sempre meglio. Per questo siamo passati dalle conoscenze alle competenze, dalla scuola programmo-centrica alla scuola alunno centrica. Mi viene sempre da sorridere, ma di un sorriso amaro, quando sento dire a qualcuno che sarebbe opportuno giudicare i docenti e porta come criterio il numero di promozioni registrate. Si fa molta condizione tra quantità e qualità. Basti pensare ad un recente concorso per avvocati in cui la maggior parte dei candidati non ha superato lo scritto a causa di marchiani errori grammaticali!

Allora, caro ministro Valditara, io aspetto i fatti, come giusto che sia, per poter esprimere un giudizio motivato sul suo operato, ma le premesse mi rendono piuttosto dubbioso. Buon lavoro.

Le informazioni e le foto sono state tratte dai siti: TG24SkyObiettivo scuolaLa tecnica della scuola

 

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