Attivare l’ascolto

Attivare l’ascolto

25 Settembre 2022 0 Di giuseppe perpiglia

La scuola è il luogo delle relazioni. Se veramente vogliamo una buona scuola, al di là di slogan politici di dubbia utilità, dobbiamo dare il nostro contributo attivo per creare delle buone relazioni tra tutti i soggetti coinvolti. È un valore aggiunto la cui validità non ha bisogno di essere enfatizzata. Un valore che va ben oltre la ‘semplice’ conoscenza disciplinare da parte del docente e la pur necessaria motivazione ad apprendere da parte del discente.

Molto semplicisticamente, una relazione consiste in uno scambio di messaggi verbali, non verbali e para-verbali su un argomento contingente, disciplinare o meno, di comune interesse. Uno scambio indica già di per sé un flusso bidirezionale di informazioni e di stimoli i più diversi tra almeno due soggetti.

Per molto tempo, abbiamo pensato e vissuto la scuola come un luogo in cui l’alunno andava per apprendere, ma a tale termine si dava il riduttivo significato, molto parziale, di prendere nel senso di accettare passivamente ciò che il docente elargiva dall’alto del suo sapere. Il docente parlava e l’alunno era tenuto ad ascoltare in religioso silenzio misto ad un rispetto dettato dalla paura. In effetti, nella scuola trasmissiva non vi era “relazione”, ma solo un flusso mono-direzionale di informazioni che partiva dal docente e si abbatteva sul discente. Il docente non era tenuto a porsi il problema se l’alunno avesse capito o meno le verità “assolute” ed indiscutibili che lui, molto generosamente, gli ammanniva. Lo studente era solo un individuo tra i tanti, un soldatino di piombo fra altri soldatini di piombo tutti uguali. Il docente teneva la sua bella lezione frontale ed era poi compito dell’alunno mettersi nelle condizioni di seguire e di capire, con il ritmo imposto dal docente stesso in assoluta autonomia, fatte salve le imposizioni ministeriali sostanziate nel programma.

Le ricerche e le acquisizioni pedagogiche ci hanno, però, insegnato e convinto che è la scuola che deve capire e seguire il ragazzo, ogni singolo ragazzo, se si vogliono ottenere risultati in linea con quanto affermato nella nostra Carta costituzionale e con le sempre più pressanti esigenze imposte dalla società attuale. Si badi bene che ho usato il termine ragazzo e non studente o alunno proprio per mettere in evidenza che il docente deve guardare al discente come ad una persona portatrice di valori, di istanze e di sogni.

Abbiamo detto che è il docente che deve seguire e capire il ragazzo, ma per capire un ragazzo, così come una qualsiasi altra persona, bisogna prima di tutto conoscerla e la conoscenza deriva da una relazione efficace basata sull’apertura mentale. È un processo che poggia interamente sull’accettazione di un’altra visione delle cose e della vita in generale. Lo strumento principe per comprendere ed accogliere un altro è senza dubbio l’ascolto, in particolare l’ascolto attivo.

Cominciamo con lo stabilire cosa si intende per ascolto attivo. «L’ascolto attivo è un atto intenzionale, nel quale bisogna impegnarsi a cogliere sia ciò che l’altro ci riferisce in modo esplicito sia quello che viene comunicato in maniera implicita». Per Carl Rogers l’ascolto attivo può essere descritto attraverso i seguenti momenti:

  • osservare e ascoltare il messaggio verbale dell’altro;
  • fare una ipotesi sulle emozioni dell’altro;
  • comunicare la propria impressione, assumendo un atteggiamento empatico;
  • aspettare la conferma o la correzione da parte dell’altro.

In tal modo, sempre secondo Carl Rogers, siamo in grado di indurre un cambiamento nella persona con cui interagiamo, predisponendola a uno scambio positivo. La spiegazione di ciò la troviamo nella circolarità della comunicazione, per cui «alla rabbia si risponde con rabbia, all’aggressività con l’aggressività e così via». Al contrario, se a un atteggiamento qualsiasi rispondiamo con l’ascolto attivo, è probabile che ciò susciti anche nell’altro una reazione di ascolto. Così facendo, viene a stabilirsi una relazione profonda che permette ad ognuno dei due soggetti di conoscere veramente l’altro, entrando in uno stato empatico, arricchente per entrambi i soggetti.

Riprendiamo un periodo tratto dal sito di Save the Children: «Ma che vuol dire ascoltare in modo attivo? L’ascolto attivo è una tecnica di comunicazione di tipo assertivo, basato sull’accettazione e l’empatia, utile non solo a promuovere la capacità di esprimere in modo corretto ed efficace le proprie emozioni o argomentazioni, ma anche a saper ascoltare e percepire le ragioni e i sentimenti degli altri, stabilendo quel contatto autentico che può diventare base per relazioni arricchenti ed efficaci. Ascoltare in modo attivo vuol dire collegarsi all’altro attraverso la meta-comunicazione, cogliere ogni aspetto del messaggio, la postura, il tono di voce, le esitazioni e le emozioni che trapelano da quanto viene detto».

I principi dell’ascolto attivo furono identificati da Carl Rogers e da Abraham Maslow.

L’ascolto attivo, in base alle premesse appena affermate, è strettamente ed indissolubilmente ancorato ad una relazione basata sull’empatia e porta ad una stretta conoscenza, accettazione e condivisione dello stato emotivo dell’interlocutore. L’ascolto attivo, però, è anche un investimento sulla propria crescita personale. Diceva, infatti, Yahia Lababidi, poeta di origini egiziane, “Un buon ascoltatore aiuta ad ascoltare noi stessi”. Cercare di capire le emozioni altrui e condividerle, infatti, aiuta anche a capire ed a gestire le nostre emozioni.

L’ascolto attivo rappresenta una competenza trasversale da inserire a pieno titolo nelle life skills, cioè le competenze per la vita. Queste ultime sono, come ben sappiamo, di un insieme di competenze che possono essere acquisite tramite insegnamento o esperienza diretta e che sono indispensabilmente utili per gestire problemi, situazioni e domande comunemente incontrate nella vita quotidiana.

Non cadiamo, però, nell’equivoco di confondere l’ascolto attivo con un paternalismo consolatorio. È molto di più e richiede molto più impegno e partecipazione, come una qualsiasi relazione empatica.

È una competenza che la scuola dovrebbe proporre con ferma determinazione vista la sua importanza sia a livello del singolo studente che della comunità nel suo insieme. L’acquisizione di una tale competenza tra gli alunni porterebbe ad un clima di classe molto più disteso e proattivo.

Come in diversi ambiti, anche in ambito didattico la qualità non va intesa primariamente e principalmente come un rigido meccanismo di controllo e verifica di coerenza rispetto ad un modello predefinito, bensì come una “filosofia” relativa ad una metodologia di lavoro che può determinare “rivoluzioni organizzative” in grado di garantire efficaci processi di miglioramento di tutto il sistema. Ed il perseguimento della competenza dell’ascolto attivo va proprio nella direzione di una scuola di qualità.

In questa nostra società in cui tutti vogliono parlare, si pensi ai social ed alla pubblicizzazione del privato, è molto importante riportare l’attenzione sull’ascolto, inteso come il primo passo nella relazione tra le persone che sono semplicemente e virtualmente connesse ma non in relazione. La competenza dell’ascolto, e dell’ascolto attivo in particolare, riveste molta importanza anche nel contesto scolastico ed ha un ruolo fondamentale nella crescita dei bambini e dei ragazzi. La scuola, è bene ribadirlo ancora una volta, è chiamata in primo luogo a promuovere il benessere di studenti e docenti non solo all’interno delle mura scolastiche, ma anche nella vita che si svolge al di fuori di esse.

L’ascolto attivo favorisce un’apertura da parte dei ragazzi che si sentono sicuri ed autonomi nell’esprimere i loro pensieri e le loro aspettative, cosa che permette al docente di intervenire in modo più efficace nel loro processo di crescita. Permette, inoltre, agli stessi docenti di promuovere gli interessi, i bisogni formativi e i punti di forza dei loro allievi, sostenendo e aiutando l’apprendimento.

Ascoltare in modo attivo vuol dire utilizzare una comunicazione assertiva, basata sull’accettazione e sull’empatia, in grado di promuovere la capacità di esprimere in modo corretto ed efficace le proprie emozioni, ma anche la capacità di saper ascoltare e percepire le ragioni e i sentimenti degli altri. L’ascolto attivo pone in essere la meta-comunicazione perché coglie ogni aspetto del messaggio: la postura, il tono di voce, le esitazioni e le emozioni.

Per coltivare la competenza dell’ascolto attivo è consigliabile fare ricorso all’uso strumentale del linguaggio verbale e non verbale e ricorrere con frequenza ai lavori di gruppo.

Per chiudere questo articolo mi permetto di dare alcuni consigli tratti da diversi articoli trovati in rete.

  1. Per comunicare i propri sentimenti utilizzare la prima persona: Io sento, io provo, …
  2. Accettare il pensiero dell’alunno senza dare giudizi di merito su di essi.
  3. Fare ricorso a tecniche di rispecchiamento empatico. Tale tecnica consiste nel non interpretare le parole dette dall’altro, ma “riflettere” quanto detto senza modificare la costruzione del discorso o il contenuto emotivo espresso, come un vero e proprio specchio. Ad esempio “mi stai dicendo che…”, “se ho ben capito ti sei sentito…” utilizzando poi le stesse parole dell’interlocutore.
  4. Fare uso di segnali di contatto, quali sguardi benevoli, sorrisi, cenni di assenso con il capo o con il viso.
  5. È proficuo dedicare i primi minuti della giornata alle confidenze degli studenti, in cui ciascuno può esprimere i suoi vissuti, le ansie, le preoccupazioni, i disagi.

L’abitudine all’ascolto, a prestare attenzione con il desiderio di capire quello che l’altro vuole dire, si sviluppa anche grazie all’esempio che l’insegnante può dare: il rispetto che dimostrerà per le parole dette sarà indispensabile per ottenere lo stesso comportamento da parte degli allievi.

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Mini sitografia:

  1. https://www.voglioviverecosi.com/
  2. http://qualitapa.gov.it/

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