
La scuola come fattore di cambiamento sociale
La scuola manca ancora di alcune consapevolezze in grado di aumentarne la legittimazione sociale, ma anche in grado di aumentare la motivazione e la gratificazione di chi ci lavora. In questo mondo sempre più interconnesso, alla scuola manca la capacità di promuovere e di creare relazioni con la comunità di riferimento.
Siamo spesso spinti a guardare alle comunità come ad un ente di natura esclusivamente economica e tale convinzione è talmente inveterata da arrivare a far parlare di capitalismo comunitario. Le comunità, invece, dovrebbero essere, e sono, primariamente luoghi dove le persone costituiscono la loro vita quotidiana, le loro relazioni sociali ed affettive, le loro identità. La Repubblica, come stabilito dalla Costituzione ha il «…compito […] di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (Art. 3). Tale compito è di pertinenza anche della scuola e la formazione che essa persegue deve mirare a promuovere il pieno sviluppo della persona umana, obiettivo che si persegue anche con la promozione ed il potenziamento del concetto di comunità come comunità di relazione. Ne consegue, quindi, che al centro delle comunità dobbiamo mettere le persone. Bisogna aiutare soprattutto i ragazzi ed i giovani a porre al centro delle comunità, non i servizi e l’organizzazione, che pure sono importanti, bensì le persone, ogni singola persona, nonché le relazioni e i beni relazionali.
Non è un compito facile perché le mentalità sono difficili da estirpare e da modificare. A ciò bisogna aggiungere un prodotto della società moderna: il concetto di società liquida introdotto da Zigmunt Bauman. È, questo, un importante fattore di criticità. Oggi le aggregazioni sociali e le comunità sono caratterizzate da un’eccessiva fluidità il che ha portato, da parte della società e delle singole comunità, a perdere quella coesione che li aveva caratterizzati per tanto tempo per esperire rapporti personali ed istituzionali sempre più deboli e variabili.
Una tale costatazione comporta che la fase preliminare, irrinunciabile, debba essere dedicata ad osservare ed a conoscere nel modo più approfondito possibile la comunità di riferimento, la comunità con la quale la scuola si vuole interfacciare, per cercare di capirne le dinamiche e di intercettarle.
Oggi più che mai, una scuola moderna ed efficace è una scuola in grado di incidere sulla comunità. Non ha più ragione, se mai l’ha avuta, una scuola scollata e distante dal territorio in cui essa opera, una scuola autoreferenziale che guarda solo sé stessa sarebbe un residuo di un passato ampiamente e definitivamente sepolto e superato dai tempi. La scuola deve essere e deve presentarsi come soggetto in grado di proporre e di creare sviluppo sociale. È sempre più impellente una contaminazione reciproca tra scuola ed extra-scuola.
In una simile ottica, la strada migliore e quella più efficace consiste nello stimolare il protagonismo delle famiglie, facilitando una partecipazione proattiva e reale, e non solo meramente formale, alla vita della scuola ed alle sue scelte di fondo. È necessario che il docente scenda dalla cattedra e si metta sullo stesso piano dei genitori, per quanto riguarda questioni di ordine generale. Deve, invece, essere fermo e deciso per quanto riguarda la didattica, le metodologie e le altre faccende di natura preminentemente professionale.
Un atteggiamento di reale apertura al contributo delle famiglie porterebbe all’incremento sostanziale della capacità di lavorare insieme e di collaborare per la realizzazione di progettualità comuni. Permetterebbe di tendere verso una comune idea di futuro di cui ne beneficerebbero per primi i ragazzi che godrebbero di un linguaggio e di orizzonti comuni e condivisi tra scuola e famiglia, precondizione necessaria e sufficiente per combattere il disorientamento classico dell’età evolutiva.
Non si sta ipotizzando la realizzazione di riunioni fiume tra genitori e docenti: già gli impegni per un docente sono numerosi e complessi, ed anche le famiglie non stanno messe tanto bene. Si potrebbe pensare ad una modalità digitale. Nella scuola, come nella società, è importante viaggiare e muoversi con disinvoltura e senza soluzione di continuità tra il reale ed il digitale. Nel mondo moderno, infatti, ha sempre meno senso contrapporre il reale al digitale e ne ha ancor meno a livello di comunità. La scuola potrebbe accollarsi solo il compito di attivarsi per la promozione delle cosiddette piattaforme digitali di comunità.
La scuola deve essere capace di promuovere lo sviluppo sociale di comunità, cioè la capacità di incrementare il capitale sociale e la coesione sociale di una comunità attraverso il protagonismo e la partecipazione delle persone, stimolando un maggior numero di relazioni e operando per far diventare la comunità una risorsa per i cittadini. Non bisogna, però, perdere di vista quanto prima detto, cioè non bisogna dimenticare l’idea di comunità come struttura fondamentalmente liquida, con relazioni non necessariamente durevoli nel tempo, in cui l’aspetto più importante è la relazione con il territorio. In altri termini, la dimensione spaziale prevale su quella temporale. questo cambio di prospettiva ha consentito di considerare le comunità territoriali a partire dalle pratiche sociali e questo comporta la presenza di spazi di condivisione, e la scuola potrebbe ben rappresentarne uno. Le relazioni vanno promosse non solo in campo sociale, ma anche su quello digitale, promuovendo per quanto possibile le relazioni duplici, sarebbe a dire sociali e digitali all’interno di un medesimo contesto come quello in cui opera la scuola. In questa nuova comunità, che potremmo definire mediatizzata, le persone vulnerabili possono diventare una risorsa e non essere più considerate soltanto un problema. Per raggiungere tale obiettivo, però, le persone devono essere rese protagoniste delle proprie azioni. In questo anelito, le piattaforme digitali comunitarie rappresentano una innovativa potenzialità da cogliere. L’utilizzo delle piattaforme tecnologiche è risorsa primaria nella realizzazione di alcuni processi, ma anche nella diffusione di notizie, di documentazione e nella condivisione di buone prassi, tutte azioni ed attività che favoriscono la democrazia partecipativa.
Il perseguimento di tali finalità deve andare oltre una logica progettuale e programmatoria tipica del mondo della scuola perché bisogna essere e rimanere all’interno di processi sociali che non prevedono esiti finali prestabiliti né tanto meno possono imporre tempistiche a priori.
Rifacendoci a Paulo Freire ed al suo La pedagogia degli oppressi, bisogna, quindi, essere in grado di attivare un processo che, partendo dal basso, sia in grado di dare consapevolezza e di aiutare ad intraprendere un processo di coscientizzazione a tutta la comunità, sia scolastica che extra-scolastica.
Non esistono, neanche in questo caso, ricette già pronte da applicare tal quali, nessun protocollo standardizzato. Vengono, invece, richieste ampie capacità e competenze sui processi partecipativi per facilitare la costruzione ed il mantenimento delle relazioni e della fiducia. È possibile che tali competenze si trovino nel Volontariato e nel Terzo Settore in genere, per cui è opportuno, da parte della scuola, prendere in considerazione una stretta collaborazione con i CSV -Centri Servizi per il Volontariato- e con l’emanazione territoriale del Forum del Terzo Settore. Non sono, poi, da tralasciare eventuali risorse umane presenti all’interno degli Enti Locali.
L’azione di tali soggetti deve uscire dalla logica del fare ed acquisire la consapevolezza di agire in ambito squisitamente politico, nel senso nobile del termine.
In tal modo l’istituzione scolastica potrà definitivamente uscire dall’autoreferenzialità e da quel recinto in cui ancora adesso tende a rimanere per diventare, finalmente, quel che avrebbe dovuto essere sin da sempre: un soggetto sociale a tutti gli effetti, un soggetto sociale in grado di indurre cambiamenti, anche profondi, nella comunità in cui opera, promuovendone lo sviluppo sociale.
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