Obiettivamente…

Obiettivamente…

29 Maggio 2022 0 Di giuseppe perpiglia

Nella scuola moderna la ricerca è stata sempre più orientata verso una maggiore efficienza del processo di istruzione. Questa ricerca è stata spinta, specialmente  dopo la nascita di internet, dalla sempre maggiore presenza e disponibilità di informazioni. Ci si è resi conto che non era funzionale alla crescita dell’alunno e della società la quantità di informazioni, quanto lo fosse la loro qualità. Era, ed è, necessario dare agli studenti gli strumenti perché possano essere in grado di orientarsi e di scegliere consapevolmente tra la marea di informazioni che popolano l’infosfera. Tali strumenti sono le competenze.

Gli esperti hanno cercato di rendere sempre più proficua l’esperienza in classe ferma restando la necessità di rendere le acquisizioni dei ragazzi “spendibili” anche al di fuori delle mura scolastiche.

Nella scuola trasmissiva basata sul programma centralizzato, elaborato e trasmesso dal ministero, bisognava trasmettere, appunto, nell’arco dell’anno scolastico una certa quantità di contenuti che il ragazzo doveva trasformare in conoscenze personali.

Per rendere più fruttuoso, almeno dal punto di vista del docente, il passaggio di contenuti, furono introdotte le unità didattiche (UD). Il programma annuale veniva parcellizzato in pacchetti di informazioni molto più limitati che presentavano, comunque, una ben precisa strutturazione interna. Ogni UD andava programmata con analitica precisione e doveva essere compiuta in sé, cioè occuparsi in modo completo di un argomento non molto ampio. Bisognava, inoltre, che rispondesse all’esigenza di collegamento e di continuità e contiguità con le altre UD. Il periodo di svolgimento di una UD si aggirava intorno alle 2 settimane.

Con l’avvento delle competenze, il programma ha lasciato il posto alle indicazioni. Il paradigma educativo e didattico ne è stato completamente stravolto. Il focus non è più sul lavoro dell’insegnante e sull’insegnamento, bensì passa sull’apprendimento di ogni singolo alunno. Dal diritto allo studio si passa al diritto all’apprendimento. Dalla classe, come gruppo amorfo, si passa all’alunno-persona. Non basta più trasmettere dei contenuti ma bisogna aiutare l’alunno ad acquisire ed a potenziare autonomamente competenze, partendo dal vissuto di ogni ragazzo. Entra in campo il concetto di significatività, cioè le proposte educative e didattiche devono avere lo stigma della significatività e del senso per l’alunno a cui sono dedicate.

In questo mutato contesto, l’attività di verifica perde la sua aura di sacralità e viene soppiantata dalla valutazione. Mentre la prima è un’attività puntiforme, la valutazione richiede un percorso che non può mai dirsi completamente concluso. La valutazione, inoltre, è il risultato di più componenti, di più tappe intermedie. Il riferimento è ai vari obiettivi: obiettivi generali del processo formativo, obiettivi specifici di apprendimento, obiettivi formativi. Tutte e tre queste categorie di obiettivi vanno sapientemente miscelate ed armonizzate nelle unità di apprendimento (UdA). Le UdA non sono il risultato di un rifacimento di facciata delle unità didattiche. Sono oggetti completamente diversi e dalle prime concettualmente lontane. Le UD, infatti, erano di breve durata, si basavano sul trasferimento di informazioni (contenuti), venivano stilate da un singolo docente nella loro forma definitiva sin dall’inizio. A tale formulazione dovevano attenersi docente ed alunni; erano i soggetti ad adeguarsi alla struttura dell’UD considerata rigida ed immodificabile. Erano mono-disciplinari, anzi legate ad una sola materia.

La durata delle UdA, invece, a causa della complessità cui si è appena accennato, oscilla, in genere, tra le 6 e le 8 settimane, cioè 1,5-2 mesi, infatti è bene proporne non più di 5-6 per anno scolastico al fine di non parcellizzare eccessivamente la proposta educativa correndo il rischio che perdano di senso e di unitarietà. Il loro scopo è quello di far acquisire e potenziare le competenze, intese come punto di arrivo di un percorso che si avvale del raggiungimento degli obiettivi prima menzionati.

Il punto di arrivo è pur sempre da considerare in senso relativo essendo una tappa di quel lungo percorso di apprendimento che deve durare tutta la vita. Fornendo gli strumenti necessari il ragazzo, l’adolescente e poi l’adulto saranno in grado di proseguire autonomamente il personale percorso di conoscenza e di maturazione.

Da qualche anno, come anticipato, il programma ministeriale è stato sostituito dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, emanate nel 2012 ed integrate, nel 2018, dal documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari. Le indicazioni nazionali 2012 contengono il Profilo delle competenze al termine del primo ciclo di istruzione (Indicazioni Nazionali 2012, pag. 15) che rappresenta il punto cui tutti gli studenti devono giungere per garantire uno standard nazionale. Il profilo rappresenta, in altri termini, il livello essenziale che ogni scuola deve garantire a tutti i suoi alunni. alle scuole ed ai singoli docenti è lasciata, in base all’autonomia scolastica, la libertà di scegliere il percorso reputato migliore, il percorso che va dalla condizione iniziale di partenza di ogni singolo alunno e che porta a quanto prescritto nel profilo.

In base a quanto richiesto dal profilo devono essere stilati gli obiettivi generali del processo formativo che, nel loro insieme, devono sempre e comunque mirare al massimo ed integrale sviluppo delle capacità di ogni singolo alunno. Come recita un noto andante, però, non ci può essere formazione senza informazione ne consegue che bisogna selezionare i contenti ritenuti più adeguati allo scopo. Tali contenuti vanno a costituire gli obiettivi specifici di apprendimento. Bisogna, cioè, stabilire quali e quanti contenuti disciplinari siano ritenuti strumentali al raggiungimento degli obiettivi generali del processo formativo. Per la loro scelta è possibile consultare le Indicazione nazionali 2012 con la consapevolezza che non è necessario considerarli tutti e che è possibile proporne di non contemplati nelle citate indicazioni.

Tanto gli obiettivi generali del processo formativo, quanto gli obiettivi specifici di apprendimento sono da considerarsi come livelli essenziali di prestazione della qualità del servizio educativo che le istituzioni sono tenuti ad assicurare ad allievi e famiglie in rispetto al dettato costituzionale che, all’art. 117, comma 2, punto m) recita «Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: a) ……  m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale».

Gli obiettivi generali del processo formativo e gli obiettivi specifici di apprendimento ad essi relativi vanno strutturati in blocchi compiuti in loro stessi, ognuno. Per ognuno di tali blocchi, come di consueto, bisogna seguire l’iter consueto della progettazione e della programmazione, anche se  a maglie larghe, senza scendere nei minimi particolari per le ragioni che vedremo appresso. Particolare attenzione va riservata al momento operativo che deve essere sempre finalizzato ad un prodotto che va considerato nell’attività valutativa. Stiamo parlando, come avrete ben capito, delle unità di apprendimento.

Come indica chiaramente la loro denominazione, esse debbono essere primariamente finalizzate all’apprendimento di ogni singolo alunno e tendere alla promozione ed al rafforzamento delle capacità precipue di ognuno. Al contrario delle UD, fisse ed immutabili nel loro dispiegarsi, le UdA vanno continuamente modulate ed adeguate alla situazione contingente del contesto, sia umano che sociale, sia del singolo, sia del gruppo.

Le UdA, come più volte affermato, devono essere cucite su misura, gli inglesi direbbero taylored, sulle effettive capacità ed aspirazione di ogni singolo ragazzo. Avendo di fronte almeno 20 alunni, 20 personalità diverse, è impensabile, perché umanamente impossibile, approntare 20 UdA diverse. Ed allora come si può uscire da tale vicolo cieco? Una via d’uscita facilmente percorribile può essere rappresentata dal lavoro di gruppo. In un piccolo gruppo, di massimo 5-6 componenti, il lavoro può essere suddiviso in base alle attitudini di ognuno il che rende conto della richiesta costituzionale del “pieno sviluppo della persona umana”. Infatti, svolgendo attività a lui congeniali, ogni ragazzo si sente realizzato e gratificato perché accettato e perché ha la percezione forte di essere utile. Vengono, nel contempo, promosse le competenze sociali. Lo spirito collaborativo, ancora porta a cercare ed a trovare soluzioni nuove ed originali, andando, quindi, ad incidere sulla competenza imprenditoriale. Il piccolo gruppo, inoltre, rende difficile che qualcuno, con un a personalità particolarmente debole, possa ‘nascondersi’.

In una qualunque UdA, per quanto pensata, nata e progettata per perseguire una, o al massimo due, competenze permette sempre e comunque lo sviluppo di ulteriori competenze. Sta alla sensibilità del docente fare in modo che tali “effetti collaterali” siano sfruttati al meglio. Il completamento dell’UdA porta al conseguimento degli obiettivi formativi che possono essere sovrapposti alle competenze.

E con questo il cerchio si chiude.

Le successive UdA, siano esse svolte nello stesso anno scolastico o in quelli successivi, in modo diretto o indiretto, consapevolmente o meno, andranno a potenziare le competenze già acquisite nel mentre che tentano di promuoverne delle nuove, alimentando il processo di apprendimento per tutta la vita.

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