
Educazione civica: perché?
Dalle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica pubblicate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca sul suo sito istituzionale “La Legge, ponendo a fondamento dell’educazione civica la conoscenza della Costituzione Italiana, la riconosce non solo come norma cardine del nostro ordinamento, ma anche come criterio per identificare diritti, doveri, compiti, comportamenti personali e istituzionali, finalizzati a promuovere il pieno sviluppo della persona e la partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Il documento da cui è tratto il brano riportato disegna chiaramente il perimetro entro cui muoversi e l’obiettivo che bisogna porsi. Viene affermato, infatti, che l’educazione civica, servendosi dei principi riportati nella Carta costituzionale, deve identificare diritti, doveri, compiti e comportamenti individuali ed istituzionali, finalizzati a promuovere il pieno sviluppo della persona umana. Mi ha colpito il fatto che nel documento citato non si faccia alcun riferimento diretto ai ragazzi, agli studenti, per cui è lecito pensare che l’invito a leggere, a studiare e, soprattutto, ad applicare i principi costituzionali sia rivolto a tutti, docenti compresi.
Leggere la Costituzione vuol dire prendere coscienza, prima ancora che dei propri diritti, anche e soprattutto dei propri doveri. Sapere e conoscere quali debbano essere i propri compiti ed i comportamenti da mantenere in base al ruolo ed alle funzioni di cui si è titolari e che la comunità ci ha assegnato, a prescindere dalle modalità con cui ci sono stati dati è conditio sine qua non per una corretta socialità ed un’appropriata cittadinanza. E non ci si riferisce solo ai compiti istituzionali e burocratici, cioè a quelli formali, ma anche a quelli non formali o non formalizzati. Un docente deve attenersi ai principi costituzionali non solo in classe ma, essendo probabilmente anche un genitore e sicuramente anche un cittadino ed un adulto, deve attenersi ai principi costituzionali anche in questi panni ed in queste vesti. Secondo molti pedagogisti, e tale affermazione mi trova pienamente d’accordo, la miglior didattica è quella dell’esempio. Come potrebbe mai, infatti, un ragazzo dare fiducia e accordare credibilità ad un docente che dice una cosa e ne fa un’altra?
Il rispetto dei principi costituzionali deve attraversare, in orizzontale ed in verticale o, se si vogliono utilizzare termini diversi, in modo sincronico e diacronico, tutta la vita e le attività di una persona.
Lo stesso principio di trasversalità, anzi con ancora maggiore attenzione e determinazione, deve essere applicato e seguito nel caso dell’insegnamento di educazione civica. Comportamenti difformi al dettato costituzionale, se non addirittura ad essi antitetici, si ripercuoterebbero in modo catastrofico tanto sulla legittimazione del docente quanto, come naturale conseguenza, sulla motivazione ad apprendere del ragazzo e, quindi, sui risultati finali.
Erano i miei primi anni di ruolo, anzi di incarico a tempo indeterminato, ed insegnavo in una scuola media. Al tempo la scuola secondaria di primo grado si chiamava così. Una mattina, in occasione del cambio dell’ora, entro in classe, una seconda, e trovo un ragazzo seduto alla sua seggiola con i piedi sul banco, stile tenente Kojak. Dopo avergli rivolto un’occhiataccia, ho detto: «È modo di stare in classe? Quale docente hai visto stare così?». Il ragazzino, senza scomporsi più di tanto, ha tolto i piedi dal tavolo e guardandomi negli occhi mi ha risposto: «Quello di italiano». Capite bene che l’atteggiamento ed il comportamento di quel pseudo-collega ha gettato discredito ed ha delegittimato tutti gli altri docenti. L’atteggiamento del ragazzo, quasi di sfida, ne è la prova provata.
Il lavoro di gruppo, la collaborazione continua ed efficace, la condivisione di una comune visione pedagogica e di uno stesso linguaggio all’interno del corpo docente e di tutto il personale della scuola è quanto ogni docente dovrebbe perseguire e, di sicuro, otterrà risultati nettamente migliori rispetto al collega che per motivazioni varie preferisce rimanere ancorato e prigioniero di un lavoro individuale e senza confronto.
Qualche docente e molti alunni con le relative famiglie, all’introduzione di educazione civica hanno temuto un aggravio di lavoro e di impegno. In effetti, il maggior carico di lavoro sicuramente c’è, ma è molto limitato e riguarda solo “la conoscenza e la comprensione delle strutture e dei profili sociali, economici, giuridici, civili ed ambientali della società”, come recita l’art. 2, comma 1 della Legge 20 agosto 2019, num. 92 – Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica, entrata in vigore il 5 settembre 2019. Le linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica indicano nella conoscenza e nell’attuazione consapevole dei regolamenti di istituto, dello Statuto delle studentesse e degli studenti, del Patto educativo di corresponsabilità, esteso ai percorsi di scuola primaria, un terreno di esercizio concreto per sviluppare “la capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente e consapevolmente alla vita civica, culturale e sociale della comunità” (art. 1, comma 1 della legge 92/2019).
Per quanto riguarda, poi, i restanti contenuti, questi si trovano, seppure allo stato latente e poco strutturato, all’interno delle discipline e bisogna solo evidenziarne l’interconnessione con il nuovo insegnamento. Un esempio quasi banale nella sua evidenza è quello fornitoci dall’Agenda ONU 2030 sullo sviluppo sostenibile che trova forti e coerenti legami con quanto di pertinenza dello studio delle scienze naturali e della geografia. Nello stesso alveo possiamo inserire l’educazione alla salute e la promozione di sani e corretti stili di vita, con tutte le implicazioni ad esse connesse. Altri contenuti utili allo scopo si trovano nella disciplina dedicata alla tecnologia. Ci riferiamo all’uso delle tecnologie informatiche che devono essere utilizzate attivando i principi della cittadinanza digitale. E l’elenco potrebbe continuare ancora per molto.
Come emerge chiaramente da quanto appena affermato, si tratta di argomenti dai confini molto ampi e sfumati ed in grado di superare gli artificiosi steccati delle discipline canoniche. Ne discende che l’educazione civica deve essere intesa come “una matrice valoriale trasversale che va coniugata con le discipline di studio, per evitare superficiali ed improduttive aggregazioni di contenuti teorici e per sviluppare processi di interconnessioni tra saperi disciplinari ed extra-disciplinari”.
Un grande aiuto ci può venire, tra l’altro, dall’approccio pedagogico del service learning di cui abbiamo altre volte parlato in questo blog. Basta scegliere con accortezza i problemi da portare all’attenzione dei ragazzi. L’approccio, poi, farà il resto. Il service learning, infatti, prevede il confronto per la scelta e la condivisione del problema su cui operare. Una volta scelto il problema, la riflessione comune passerà sulla scelta del procedimento risolutivo. Segue, quindi, la fase operativa vera e propria che, necessariamente, deve svolgersi in gruppo.
Sarà cura ed interesse del docente far passare l’acquisizione di tutti quei contenuti che reputa necessari all’acquisizione delle competenze previste e programmate.
Come si vede, non si tratta di fare qualche cosa in più, ma solo di fare qualche cosa di diverso. L’operatività richiesta dal service learning, inoltre, è un ottimo stimolo per accrescere la motivazione dell’alunno che viene portato a vivere un ruolo da protagonista attivo e non di semplice fruitore di quanto deciso da altri.
L’ampio grado di autonomia operativa e decisionale prevista dal service learning va senz’altro nella direzione della “partecipazione attiva di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” richiesta dalla nostra Costituzione.
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Fonte delle immagini (nell’ordine dall’altro in basso): asnor.it – www.teresianumpadova.it – www.istoreco.re.it – www.cesp-pd.it – –