
Per una sostenibilità consapevole
Sin da quando la comunità internazionale ha preso coscienza del problema ambientale si è imposto il concetto di sostenibilità. All’inizio, ed in buona sostanza ancora oggi, quando si parlava di sostenibilità ci si riferiva, quindi, quasi esclusivamente alla sostenibilità ambientale.
L’ONU, nella seduta dell’Assemblea Generale del 25 settembre 2015, ha approvato una risoluzione dall’emblematico titolo “Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”.
L’Enciclopedia Treccani on line dà la seguente definizione di sostenibilità: “Nelle scienze ambientali ed economiche, condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.
Con l’Agenda 2030 l’ONU dà un nuovo, più ampio, significato al concetto di sostenibilità. Come evidenziato anche dall’Enciclopedia Treccani, il termine sostenibilità riportava alla mente la dimensione ambientale o quella economica. Una qualsiasi impresa, infatti, si sostiene se e solo se i ricavi sono maggiori delle spese. La risoluzione ONU del 2015 amplia il significato di sostenibilità fino ad includere anche lo sviluppo sociale. La finalità dei nostri giorni è diventata, quindi, “Soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura”, che è l’attuale definizione omnicomprensiva dello sviluppo sostenibile.
Fermiamoci un attimo a riflettere sul concetto di sostenibilità.
Non si tratta di un concetto statico in quanto è legato alle complesse relazioni tra dinamiche ecologiche ed attività umane. Queste ultime sono pesantemente influenzate dall’evoluzione tecnologica che incide molto su alcuni vincoli. Basti pensare all’uso delle diverse fonti energetiche, rinnovabili e non rinnovabili. Uno sviluppo sostenibile implica l’adozione di un adeguato e preliminare sistema di valutazione in grado di determinare la sostenibilità o meno di interventi, progetti, sistemi e settori economici. Una tendenza in tale direzione ha cominciato a diffondersi a partire dalla fine degli anni 1990 interessando intere aree territoriali e programmi di sviluppo. Questo ha portato, con tutte le critiche che ne conseguono, a parlare di sostenibilità urbana, di sostenibilità dell’agricoltura, di turismo sostenibile ed altro ancora.
Come emerso da un rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente pubblicato nel 1987
il concetto di sostenibilità viene suddiviso in tre direttrici strettamente connesse tra loro:
Sostenibilità ambientale – garantire la disponibilità e la qualità delle risorse naturali;
Sostenibilità sociale – garantire un’adeguata qualità della vita, della sicurezza individuale e collettiva e dei servizi per i cittadini;
Sostenibilità economica – garantire efficienza economica che porti ad un reddito dignitoso per i cittadini e per le imprese.
Andando un po’ più sul tecnico, e precisamente nelle scienze ambientali ed economiche, per sostenibilità si intende la condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. Nelle riunioni dell’ONU il termine sostenibilità è stato introdotto nel corso della prima conferenza sull’ambiente nel 1972, ma soltanto nel 1987 venne definito con chiarezza l’obiettivo dello sviluppo sostenibile. Bisognò aspettare ancora, precisamene fino al 1992, perché tale definizione divenisse il nuovo paradigma dello sviluppo stesso.
Se vogliamo andare indietro nel tempo, il concetto di sostenibilità lo si potrebbe far risalire agli studi di Thomas Robert Malthus (13 febbraio 1776 – 29 dicembre 1834) sugli effetti della pressione demografica che fra l’altro diedero un’importante spinta alla teoria dell’evoluzione di Charles Darwin.
La sostenibilità, sotto il profilo dei contenuti ambientali, discende dallo studio dei sistemi ecologici, tra le cui caratteristiche assumono forte rilevanza proprietà quali la capacità di carico, le possibilità di autoregolazione, la resilienza e la resistenza che, nel loro insieme, influiscono sulla stabilità dell’ecosistema. Un ecosistema in equilibrio è implicitamente sostenibile; inoltre, maggiore è la sua stabilità maggiori sono le sue capacità di autoregolazione rispetto a fattori interni, e soprattutto esterni, che tendono ad alterarne lo stato di equilibrio. Oggi, la principale causa di perturbabilità di un sistema naturale in equilibrio è rappresentata dalle relazioni con un altro sistema complesso, in particolare quello rappresentato dalle innumerevoli e spesso irrazionali attività umane. Va da sé che le influenze reciproche tra i due sistemi fanno aumentare il rischio di alterazioni, a volte irreversibili. La probabilità maggiore si verifica quando le perturbazioni si verificano in prossimità di valori soglia della capacità di recupero del sistema più delicato.
Come si è già accennato, il concetto di sostenibilità si è profondamente evoluto nel corso del tempo, infatti da una visione preminentemente ecologica, ha acquisito, oggi, un significato più globale, un significato che tiene conto, oltre che della dimensione ambientale, anche di quella socio-economica.
I tre aspetti vengono considerati in un rapporto sinergico e sistemico e dalla loro combinazione si è giunti ad una definizione di progresso e di benessere che supera le tradizionali misure della ricchezza e della crescita economica basate esclusivamente sul PIL (prodotto interno lordo). Si parla, infatti, di BES. La sigla ricorda ben altro contesto alle persone di scuola, ma in questo caso sta per benessere equo e sostenibile.
Gli esperti si spingono oltre e parlano di una sostenibilità debole accanto ad una sostenibilità forte. Nel primo caso si ammette, tra quanto sarà tramandato alle generazioni future, anche un capitale creato dall’uomo, mentre nel secondo si è intransigenti introducendo la regola del capitale naturale costante. Le argomentazioni a favore di quest’ultima definizione si basano sul fatto che un sistema ambientale meno complesso sarebbe meno dotato di quelle proprietà (resilienza, stabilità, capacità di autoregolazione) che ne permettono la sopravvivenza per un periodo di tempo molto più lungo.
Ma ritorniamo all’Agenda ONU 2030.
Al punto 55 del già citato documento Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile vengono enunciati alcuni principi e concetti basilari. Si legge, infatti, “Gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile e i traguardi sono interconnessi e indivisibili; sono di natura globale e universalmente applicabili, tenendo conto delle diverse realtà nazionali, delle capacità e dei livelli di sviluppo e nel rispetto delle politiche e delle priorità di ogni stato. Gli obiettivi sono definiti come ambiziosi e globali, ed ogni governo è libero di impostare i propri traguardi nazionali guidati dal livello globale di ambizione, ma tenendo conto delle circostanze nazionali. Ogni governo potrà inoltre decidere come questi obiettivi ambiziosi e globali debbano essere incorporati nei processi, nelle politiche, e nelle strategie di pianificazione nazionale. È importante riconoscere il legame tra sviluppo sostenibile e altri processi in corso, rilevanti in campo economico, sociale e ambientale”. Non è, quindi, possibile separare in maniera netta un obiettivo dai restanti 16, perché sono tutti, come affermato, interdipendenti. In altri termini, non vi può essere sostenibilità sociale senza sostenibilità ambientale, senza un’educazione di qualità, equa ed inclusiva. E proprio quest’ultimo è l’argomento trattato nell’Obiettivo 4 -Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti- che viene scomposto ed analizzato nei seguenti target:
4.1 Garantire entro il 2030 ad ogni ragazza e ragazzo libertà, equità e qualità nel completamento dell’educazione primaria e secondaria che porti a risultati di apprendimento adeguati e concreti.
4.2 Garantire entro il 2030 che ogni ragazza e ragazzo abbiano uno sviluppo infantile di qualità, ed un accesso a cure ed istruzione pre-scolastiche così da essere pronti alla scuola primaria.
4.3 Garantire entro il 2030 ad ogni donna e uomo un accesso equo ad un’istruzione tecnica, professionale e terziaria -anche universitaria- che sia economicamente vantaggiosa e di qualità.
4.4 Aumentare considerevolmente entro il 2030 il numero di giovani e adulti con competenze specifiche -anche tecniche e professionali- per l’occupazione, posti di lavoro dignitosi e per l’imprenditoria.
4.5 Eliminare entro il 2030 le disparità di genere nell’istruzione e garantire un accesso equo a tutti i livelli di istruzione e formazione professionale delle categorie protette, tra cui le persone con disabilità, le popolazioni indigene ed i bambini in situazioni di vulnerabilità.
4.6 Garantire entro il 2030 che tutti i giovani e gran parte degli adulti, sia uomini che donne, abbiano un livello di alfabetizzazione ed una capacità di calcolo.
4.7 Garantire entro il 2030 che tutti i discenti acquisiscano la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, anche tramite un educazione volta ad uno sviluppo e uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani, alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta, alla cittadinanza globale e alla valorizzazione delle diversità culturali e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile.
4.a Costruire e potenziare le strutture dell’istruzione che siano sensibili ai bisogni dell’infanzia, alle disabilità e alla parità di genere e predisporre ambienti dedicati all’apprendimento che siano sicuri, non violenti e inclusivi per tutti.
4.b Espandere considerevolmente entro il 2020 a livello globale il numero di borse di studio disponibili per i paesi in via di sviluppo, specialmente nei paesi meno sviluppati, nei piccoli stati insulari e negli stati africani, per garantire l’accesso all’istruzione superiore – compresa la formazione professionale, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e i programmi tecnici, ingegneristici e scientifici – sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo.
4.c Aumentare considerevolmente entro il 2030 la presenza di insegnanti qualificati, anche grazie alla cooperazione internazionale, per la loro attività di formazione negli stati in via di sviluppo, specialmente nei paesi meno sviluppati e i piccoli stati insulari in via di sviluppo.
La scuola è chiamata a fare la sua parte ed a farla fino in fondo, con la consapevolezza di partecipare ad un progetto grandioso: cambiare la società. In fondo, è proprio questo il fine ultimo della scuola e dell’istruzione: fornire gli strumenti affinché i ragazzi possano guardare la realtà con occhi critici, mettendone in evidenza punti di forza e criticità, per promuovere i primi e attenuare le seconde. Questo darebbe anche l’opportunità ad un’intera classe di lavoratori, docenti ed insegnanti, di aumentare la propria autostima e di riguadagnare quella legittimazione sociale così pesantemente intaccata.
In definitiva possiamo affermare che i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG’s – sustainable development goals) non rappresentano uno dei tanti documenti che rimangono lontani dalla vita quotidiana di noi miseri mortali, bensì si tratta di un documento per alcuni versi dirompente in quanto propone un nuovo modello di società basato su criteri e principi di maggiore responsabilità individuale e collettiva in termini sociali, ambientali ed economici, finalizzati ad evitare il collasso dell’ecosistema terrestre. E in questo disegno tutti possono fare la loro parte, dalle aziende ai consumatori finali.
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