
Metacognizione e didattica metacognitiva
La nostra è una società che ha fatto della velocità e dell’efficientismo il suo totem, il suo punto di riferimento, la sua meta trascendente. Spesso, però, le due cose, velocità ed efficienza, non portano all’efficacia desiderata e necessaria. Risulta essere praticamente inconciliabile fare le cose bene ed in fretta, infatti sono rare le volte in cui ci si riesce. Come dice un vecchio proverbio la gatta frettolosa fa i gattini ciechi.
Molte volte c’è bisogno di calma, di sedersi e riflettere prima di agire. Le tecnologie informatiche, e social annessi, sono la causa e l’effetto di questa affannosa rincorsa verso un tempo sempre più veloce, sempre più compresso. Quante volte ci è capitato di rispondere su Facebook o su WhatsApp in modo immediato, quasi compulsivo, salvo poi renderci conto di aver sbagliato a digitare, errore aggravato, di frequente, dall’entrata in azione dell’acritico T9.
Tutto ciò si riverbera, e non potrebbe essere altrimenti, anche sul lavoro in classe, con gli alunni che vivono immersi in questa società. Ma la scuola non può stare semplicemente a guardare la società e le sue dinamiche, deve attivarsi per modificarne l’evoluzione, se reputa che si sta andando verso una direzione sbagliata.
La scuola deve aiutare i ragazzi a riappropriarsi della loro vita e del loro tempo gestendolo in modo corretto e accorto per poter fare registrare risultati adeguati alle necessità. A tal fine ci viene in aiuto il concetto di metacognizione e della susseguente didattica metacognitiva.
Il termine metacognizione è stato coniato circa 50 anni fa, precisamente nel 1976, dal professore Jhon H. Flavell, psicologo dell’età evolutiva. Quale sia il significato di metacognizione ce lo dice lo stesso Flavell: «La metacognizione va intesa come conoscenza e controllo della cognizione». È, quindi, un processo che segue la semplice conoscenza e che va al di là di essa.
Per molto tempo l’apprendimento è stato appiattito e schiacciato quasi integralmente sulla componente mnemonica a scapito della componente relativa alla riflessione. Per utilizzare termini diversi potremmo dire che prima bastava e ci si fermava all’apprendimento trasmissivo oggi, invece, ci si muove verso l’apprendimento significativo. E tale processo di cambiamento è suffragato ed agevolato dal passaggio dalle conoscenze alle competenze.
L’apprendimento prevalentemente mnemonico non incide più di tanto sul comportamento, non è in grado di provocare cambiamento per cui in questo caso non si dovrebbe nemmeno parlare di apprendimento. La scuola per molto tempo, ed in parte continua a farlo, ha puntato sulla quantità a scapito della qualità. In particolare oggi, proprio a causa del rapido evolversi del contesto culturale, bisogna dare maggior peso alla qualità dell’apprendimento e fornire ai ragazzi non contenuti preconfezionati, bensì gli strumenti necessari per riconoscere i giusti termini di un problema ed essere in grado di risolverlo.
Per andare nella direzione di un apprendimento efficace e significativo è necessario che l’individuo maturi la consapevolezza della propria capacità di apprendere e dei processi cognitivi per lui maggiormente efficaci.
Oggi possiamo affermare che la metacognizione si esplica attraverso l’auto-riflessione sul fenomeno cognitivo. Essa, quindi, indica la consapevolezza ed il controllo sui propri processi cognitivi. Una didattica metacognitiva, quindi, rappresenta una risposta efficace al dettato costituzionale di una scuola aperta a tutti e che persegue efficacemente il pieno sviluppo della persona umana. Gli studiosi sono scesi ad un livello più analitico traslando le considerazioni fatte a proposito della cognizione ai processi coinvolti. Si parla, quindi, anche di meta-memoria, meta-comprensione, meta-attenzione.
In un certo qual modo, la metacognizione è un processo di auto-valutazione critica. A tal fine il soggetto deve uscire da sé stesso e guardarsi con occhio critico riflettendo sui processi messi in atto per arrivare all’apprendimento dei contenuti proposti. Un tale modo di imparare va ad impattare anche sulla sfera della motivazione perché nella riflessione sul modo di apprendere l’individuo è chiamato anche a chiedersi il perché debba apprendere e perché proprio questi contenuti e non altri. Per queste sue caratteristiche la metacognizione è particolarmente utile per chi ha difficoltà di apprendimento oppure presenti ritardi mentali lievi. Essa ha enormi effetti benefici anche in presenza di alunni con DSA, cioè con ritardi specifici dell’apprendimento. In questi casi, infatti, l’individuo ha scarsa consapevolezza dei propri processi di pensiero e trova, di conseguenza, difficoltà nel mettere in atto strategie efficaci di apprendimento. Spesso, infatti, la sua attenzione è concentrata molto di più sulla meccanicità di esecuzione del compito assegnato che non sull’apprendimento vero e proprio.
In Italia vero punto di riferimento della didattica metacognitiva è il professore Dario Ianes, docente di pedagogia presso l’Università di Bolzano. Secondo il professore un percorso didattico metacognitivo dovrebbe svilupparsi secondo quattro livelli:
- Il primo livello dovrebbe riguardare l’acquisizione di alcune conoscenze generali circa il funzionamento cognitivo in generale, quindi memoria, attenzione, …
- Il secondo livello, invece, dovrebbe riguardare il prendere consapevolezza del proprio funzionamento cognitivo e del proprio stile di apprendimento. Quest’ultimo, chiaramente, deve essere accettato altrimenti si innescherebbero meccanismi che vanno ad impattare negativamente sull’autostima e sulla motivazione.
- Il terzo livello è inerente all’uso delle strategie di autoregolazione. Bisogna portare l’alunno a porsi degli obiettivi ed a trovare le strategie per raggiungerli. Molto importante è la riflessione sugli eventuali errori commessi. Essa deve essere indirizzata alla scoperta dei percorsi metacognitivi per capire le strategie adottate e sostituirle con altre più efficaci.
- Per il quarto livello bisogna lavorare, infine, sulla concezione che il soggetto ha di sé. Gli effetti di come uno si percepisce, infatti, possono interferire in positivo o in negativo sul successo scolastico.
Non si tratta, come in moltissimi altri casi, di livelli distinti e separati, essendo strettamente interconnessi per cui l’approccio deve essere sempre e comunque un approccio olistico.
Le strategie da mettere in campo per una didattica metacognitiva si possono riassumere nelle seguenti:
strategia di selezione è finalizzata alla scelta delle informazioni più importanti, quelle sulle quali è opportuno prestare maggiore attenzione. Come operare nella pratica?
- dall’esame della programmazione estrapolare le idee centrali;
- durante la lettura dei capitoli e dei paragrafi, annotare i concetti importanti;
- leggere con attenzione i sommari;
- usare, quando presenti, le guida per gli studenti.
Strategia organizzativa Tale strategia è finalizzata a ‘mettere insieme’, ad assemblare in un corpus strutturato le conoscenze che si vanno via via acquisendo. Si tratta, in altri termini, di trovare un ordine logico in grado di legarle in un unicum che abbia un senso compiuto. Uno strumento molto utile in questo caso è, ad esempio, la costruzione delle mappe concettuali.
Strategia di elaborazione ha la funzione di legare le nuove acquisizioni sul background culturale del soggetto che apprende. Questo è il vero motore per un apprendimento significativo. Le nuove acquisizioni spesso prevedono un riarrangiamento delle conoscenze possedute e questo è, a sua volta, strumentale all’eradicazione di preconcetti o di conoscenze errate.
Strategia della ripetizione I latini erano convinti che repetita juvant. Questa strategia rappresenta il punto finale, quello finalizzato, quando esperita in modo adeguato, alla piena padronanza. La ripetizione, affinché abbia maggiore efficacia, deve essere fatta subito dopo l’acquisizione, per questo è opportuno che anche in classe il docente lasci agli alunni il tempo necessario di ripetere quanto appreso.
La metacognizione e la didattica metacognitiva che ne discende sono strumenti molto importanti per promuovere un apprendimento profondo e duraturo, anche in chiave dell’acquisizione della competenza dell’Imparare ad imparare. Ha, inoltre, un positivo effetto sulla motivazione, sull’autostima e sulla percezione del sé.
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