
Si cambia scena
Poco meno di un decennio fa sono state pubblicate le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione. Il documento appena citato era allegato al D.M. 16 novembre 2012, n. 254 – Regolamento recante indicazioni per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, a norma dell’art. 1, comma 4 del D.P.R. 20 marzo 2009, n. 89 firmato dall’allora ministro Francesco Profumo.
Le Indicazioni nazionali 2012 andavano a sostituire la precedente versione, risalente al 2007, e firmata dall’onorevole Giuseppe Fioroni, allora responsabile del dicastero di via Trastevere.
I cinque anni trascorsi dalla prima versione, evidentemente, avevano modificato tanto la visione e gli assetti della politica quanto il contesto sociale ed economico per cui si era reso necessario un adeguamento delle indicazioni stesse che tenesse anche in considerazione l’esito della sperimentazione. In entrambe le versioni l’attenzione era focalizzata principalmente sulla persona che apprende e sulla centralità del posto che ad essa deve essere riservato. Ma la persona non è un qualche cosa di avulso da tutto e da tutti, al contrario è un soggetto sociale che vive insieme ad altre persone con le quali interagisce direttamente o indirettamente in un contesto socio-economico che sottostà a dinamiche che lo modificano con sempre maggiore velocità.
L’adeguamento delle indicazioni del ministro Fioroni ha portato, quindi, alla loro sostituzione, come già detto, con un documento che, per quanto simile al precedente, presenta un’impostazione più solida e più efficacemente strutturata grazie all’esperienza maturata nel corso del precedente quinquennio. Le Indicazioni nazionali 2012 hanno retto abbastanza bene, ma anch’esse hanno subìto l’attacco del tempo, però, in questo caso, non è stato necessario sostituirle come nel caso precedente, bensì è bastato provvedere soltanto integrarle, affiancarle e rilanciarle, nel 2018, con il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari. Quest’ultimo documento è stato presentato il 22 febbraio 2018 presso il MIUR dal ministro in carica, onorevole Valeria Fedeli, e dal professore Italo Fiorin, coordinatore del Comitato Scientifico Nazionale (CSN).
Molto semplicisticamente ed in estrema sintesi si può affermare che il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari ha indirizzato la propria attenzione, indicandoli con chiarezza, su tre punti focali tra loro strettamente interconnessi:
- Educazione alla cittadinanza
- Educazione ad uno sviluppo sostenibile
- Educazione al pensiero computazionale
Andiamo ad esaminare queste tre direttrici educative sia analizzando la proposta delle indicazioni sia cercando di capire come riportare tali proposte nella pratica didattica.
Educazione alla cittadinanza
Per usare le parole che l’allora ministra Valeria Fedeli pronunciò alla presentazione del documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari, possiamo dire che “il tema della cittadinanza viene affrontato come il vero sfondo integratore e punto di riferimento di tutte le discipline che concorrono a definire il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione in una prospettiva verticale”. Il mondo continua ad essere pervaso da tensioni e da instabilità diverse che causano emergenze sociali, economiche ed ambientali. Ciò provoca, tra tutte le altre conseguenza, anche lo spostamento di masse sempre maggiori di persone che inseguono una vita che possa dirsi solo dignitosa.
In un tale contesto la scuola è chiamata a fare la sua parte per promuovere quelle competenze trasversali in grado di connotare positivamente la natura umana. Assumono, quindi, sempre più rilevanza temi come la convivenza civile e democratica, il confronto interculturale e la capacità di inclusione. Come ci ricordano le Indicazioni nazionali 2012, la scuola è chiamata a rispondere non solo alla domanda di apprendimento, ma anche all’esigenza di sapere stare al mondo. E sapere stare al mondo vuol dire anche perseguire la coesione sociale che si manifesta nell’affermare la propria identità, ma anche nell’attenzione e nel rispetto nei confronti degli altri e dei loro bisogni ed esigenze. Vuol dire essere in grado di difendere adeguatamente i propri diritti ed ottemperare con solerzia ai propri doveri. Vuol dire rispettare le leggi, ma anche saperle criticare quando reputato necessario od opportuno. Bisogna, inoltre, avere la consapevolezza che tutto ciò deve essere realizzato in uno scenario ed in un contesto che non può più essere locale, ma che deve avere un orizzonte sempre più ampio, fino a divenire globale.
Una cittadinanza matura è condizione essenziale per godere in modo pieno e completo di quella libertà che spesso è solo formale. Quanto sta accadendo con la pandemia da Covid-19 ne è un esempio lampante. Siamo ostaggio, docili burattini nelle mani di esperti veri o presunti che sfornano affermazioni che la maggioranza non è in grado di valutare. Così come ci facciamo portare in giro dagli influencer che sulla nostra disponibilità a credere a tutto senza ricorrere allo spirito di critica hanno fatto le loro fortune. Ma come si può fare e promuovere educazione alla cittadinanza in concreto? La risposta a questa domanda la troviamo nel documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari: «L’educazione alla cittadinanza viene promossa attraverso esperienze significative che consentano di apprendere il concreto prendersi cura di sé stessi, degli altri e dell’ambiente e che favoriscano forme di cooperazione e di solidarietà». In questa ricerca la scuola può contare su due importanti e validi alleati: il service learning e, strettamente connesso, il volontariato.
Educazione ad uno sviluppo sostenibile
Abbiamo appena finito di affermare che la cittadinanza si concretizza nel prendersi cura di sé stessi, degli altri e dell’ambiente. Tali cure non possono certo essere ricondotte e circoscritte al ristretto perimetro locale, al classico orticello da coltivare in proprio, ma debbono avere un ampio respiro sia in orizzontale che in verticale, debbono propagarsi nello spazio e nel tempo. In orizzontale perché dobbiamo considerare la problematica con uno sguardo che abbracci tutto il pianeta che, come si sente spesso, è da considerare la casa di tutti, la casa comune.
Ci possono essere, e ci sono, zone maggiormente inquinate e zone che lo sono di meno, ma nessuno è esente in quanto l’ambiente non è un sistema compartimentato. Gli effetti prodotti dal comportamento tenuto in una zona si ripercuotono sulle zone limitrofe e si estendono come cerchi concentrici innescando reazioni che non sempre riusciamo a prevedere.
Bisogna far nascere e potenziare la consapevolezza dei nostri doveri, dei doveri delle generazioni attuali, nei confronti dei diritti delle generazioni future, il che dà al tema della sostenibilità la componente verticale e temporale che si affianca alla componente spaziale vista in precedenza.
Si comincia a fare strada la consapevolezza che il problema della sostenibilità sia sempre più improcrastinabile ed il tempo disponibile diminuisce a velocità sostenuta. Tale presa di consapevolezza e dimostrata dalla pubblicazione di due documenti che andrebbero discussi in classe: l’Agenda ONU 2030 e la lettera enciclica di papa Francesco Fratelli tutti. Il primo è un documento sottoscritto nel settembre 2015 da ben 193 Paesi membri dell’ONU e si compone di 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) a loro volta suddivisi in 169 traguardi o target.
L’obiettivo che più direttamente coinvolge i docenti è senza dubbio il numero 4 Istruzione di qualità – Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti. Potrebbe sembrare, a prima vista, che la cosa interessi poco i Paesi occidentali, ma ciò non corrisponde sempre al vero e non in tutti i casi. Tutti gli altri obiettivi, invece, riguardano molto più da vicino i processi di insegnamento-apprendimento ed i percorsi didattici. Gli spunti che se ne possono trarre sono molteplici a cominciare, ad esempio, dall’obiettivo 3 -Salute e benessere- per la promozione di sani e corretti stili di vita. Questa tematica ricade integralmente nel rispetto e nella cura del sé che abbiamo richiamato parlando di educazione alla cittadinanza. Gli esempi potrebbero essere numerosi ma non è questa la sede per dilungarsi su tali aspetti.
Ogni docente potrà stilare una programmazione ad hoc per promuovere e perseguire, nel modo reputato più idoneo al proprio gruppo classe, tutti e 17 gli obiettivi dell’agenda 2030.
Altro documento da cui è possibile trarre spunti strumentali ad una corretta socializzazione basata sul rispetto di sé, degli altri e dell’ambiente è la lettera enciclica Fratelli tutti. Non è certo indispensabile trattare il documento con un taglio confessionale, basta solo evidenziarne i richiami ad una socialità matura e responsabile, al rispetto per la casa comune, alla necessaria vicinanza all’altro ed ai suoi problemi. È, in fondo, una rivisitazione ed un ampliamento in chiave globale del credo di don Lorenzo Milani sostanziato nel motto I care.
Educazione al pensiero computazionale
Non è raro che, parlando di pensiero computazionale, l’interlocutore di turno pensi ad astrusi linguaggi di programmazione per computer. In realtà il pensiero computazionale è quella forma di pensiero che sta sì alla base dei linguaggi di programmazione, ma è ben altro ancora. Anche in questo caso ci viene in aiuto il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari all’interno del quale, infatti, troviamo la definizione che ci interessa: «Per pensiero computazionale si intende un processo mentale che consente di risolvere problemi di varia natura seguendo metodi e strumenti specifici pianificando una strategia». È solo un’applicazione del pensiero scientifico per risolvere problemi, anche complessi, con la necessaria consapevolezza. Molto spesso, per non dire sempre, senza averne sentore, utilizziamo tale metodo nella vita di tutti i giorni ed in tutti campi. Non bisogna cadere nell’equivoco che il pensiero computazionale riguardi solo l’ambito matematico e scientifico perché di situazioni problematiche se ne possono presentare in tutti i campi ed in tutte le discipline. Prendiamo, ad esempio, lo svolgimento del classico tema di italiano. Partendo dalla traccia, cominciamo a suddividere il lavoro nei canonici tre tronconi: introduzione, corpo e conclusione. Questo rappresenta già una prima applicazione del pensiero computazionale. Abbiamo, infatti, suddiviso il problema iniziale in tre problemi più semplici. Qualcuno ricorderà l’operatività con i diagrammi a blocchi utilizzata molto nel linguaggio LOGO per la robotica a livello di scuole primarie. Il linguaggio LOGO, il famoso linguaggio della tartaruga, fu ideato e realizzato negli anni ’60 dal professor Seymour Papert del MIT – Massachusetts Institute of Technology.
L’applicazione del pensiero computazionale ci rimanda subito al laboratorio inteso, non già e non solo come luogo fisico, bensì come spazio e predisposizione mentale.
I ragazzi sono affascinati dalla rete e dalle praticamente infinite possibilità di connessione offerte e che permettono di essere in contatto con un numero illimitato di amici virtuali, ma anche di accedere a tutto lo scibile umano, senza vincoli e senza percorsi prestabiliti seguendo i propri interessi contingenti. Perché, allora, non sfruttare questa curiosità e questa propensione verso l’informatica proponendo, ad esempio, la costruzione di un ipertesto sfruttando uno dei numerosi software autore gratuiti che offre la rete. Si pensi a software quali, Amico 4.0, WordPress, Joomla. L’argomento su cui creare l’ipertesto potrebbe scaturire da una riflessione in classe in modo che sia condiviso ed accettato consapevolmente da tutti il che aumenterebbe la motivazione. Un ipertesto è sicuramente un problema complesso al quale è possibile, anzi estremamente consigliata, l’applicazione del pensiero computazionale.
Si suddivide il lavoro in blocchi più limitati ed in attività più circoscritte da assegnare a gruppi di 3-5 alunni ciascuno. Con frequenza, ad esempio, settimanale si organizzano incontri in plenaria per riflettere sul lavoro fatto e su quello che rimane da fare. Si concretizza, in pratica, il necessario e fruttuoso monitoraggio che il docente può sfruttare come valutazione in itinere. Tale modalità operativa si protrarrà fino all’ottenimento del prodotto finale.
Il pensiero computazionale trova ancora maggiore funzionalità e porta a benefici ancora più proficui se svolto in gruppo e questo non fa che promuovere e potenziare le competenze trasversali e civiche che rappresentano l’oggetto dell’educazione alla cittadinanza.
Ed in tal modo il cerchio si chiude.
Sarebbe molto opportuno e gratificante per il proprio lavoro rivedere di tanto il tanto le Indicazioni nazionali 2012 e le Indicazioni nazionali e nuovi scenari per dare nuova linfa al percorso didattico e nuova motivazione al nostro lavoro.
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