Tra buonismo e lassismo

Tra buonismo e lassismo

2 Gennaio 2022 0 Di giuseppe perpiglia

Prendendo spunto da un articolo di Susanna Tamaro pubblicato sulla versione on line del Corriere della sera all’interno della rubrica Cultura ho stilato questa breve riflessione personale sulla condizione in cui versa la scuola italiana.

Che il sistema scolastico italiano non goda di ottima salute ce lo dicono e ce lo confermano le impietose indagini nazionali, condotte dall’Invalsi, ed internazionali, esperite a carico di PISA, TIMSS, PIRLS, ….

In Italia la scuola è diventata oggetto di scherno e soggetto non degno di alcun rispetto. E tale affermazione è confermata dalla televisione generalista che ha fatto del trash, cioè della spazzatura, il suo faro-guida. Penso a programmi come La pupa ed il secchione, oppure al più recente Il collegio. Sono programmi che vanno a collocarsi nel solco aperto anni addietro dai film pecorecci e piuttosto volgari il cui protagonista era l’archetipo dello svogliato: Pierino. La figura del pestifero ed irrispettoso scolaro super ripetente veniva fatta passare come quella di un dritto, di un furbo, quasi un eroe positivo, magari da imitare. A suo modo simpatico, oltremodo socievole, sempre pronto allo scherzo pesante verso gli altri, il bulletto che si faceva beffe del docente, figura negativa e stupidotta, e di chi studiava. Il ragazzo serio che si impegnava ed andava bene a scuola, ovviamente, era, come dicono i giovani, lo sfigato di turno, oltre ad essere odioso, antipatico ed insopportabile.

La delegittimazione della scuola e del suo ruolo parte da lontano. La figura del docente non ha mai goduto di molto credito presso la classe politica che, infatti, ha considerato la scuola come una spesa poco più che inutile e su cui abbattere ad ogni piè sospinto la scure dei tagli lineari.

La nostra beneamata classe politica è stata sempre affetta da una grave forma di miopia che non le permette di vedere oltre la spesa contingente ed oggi, ma non solo da oggi, ci ritroviamo a dover importare tecnologia, anche quella più banale, da quei Paesi che hanno puntato sulla scuola e sulla ricerca. Non che in Italia non vi siano eccellenze in vari campi della ricerca, al contrario. Una conferma ne è il recente premio Nobel per la fisica assegnato al professore Giorgio Parisi. La notizia, però, ha avuto meno eco mediatica dell’ultimo gossip del Grande Fratello!

È doveroso, ovviamente, stigmatizzare gli errori e le dimenticanze della politica, ma quello di non dare il giusto peso alla cultura è un atteggiamento diffuso anche in altri campi. Restando nei media, è molto più facile fare un programma tipo Amici, Grande Fratello, o sul modello, che adesso va molto di moda, della televisione del dolore, piuttosto che confrontarsi con un serio programma culturale o, comunque, di un certo spessore. Non necessariamente si dovrebbe trattare di un programma noioso con uno share tale da rasentare lo zero. Basti pensare alle serie di tipo poliziesco quali Il commissario Montalbano o don Matteo, oppure ad uno improntato ad intrattenimento più leggero, come Ballando con le stelle. Non saranno il top, ma senz’altro molto meglio di tanta tv spazzatura.

Il docente, in Italia, è da sempre il professionista peggio pagato, per cui il lavoro-missione dell’insegnamento viene sempre più spesso visto come l’ultima spiaggia di chi si trova a dibattersi nel procelloso mare della ricerca di un lavoro.

La legge Bassanini che decretò l’autonomia scolastica e la stagione delle riforme iniziata nel 2000, il cui ultimo atto può essere considerata la legge nota come La buona scuola, hanno agitato le acque o, forse, hanno provocato solo una qualche increspatura superficiale. I cambiamenti indotti, per quanto pretenziosi, hanno riguardato in modo tangibile soltanto la parte burocratica connessa all’insegnamento, lasciando pressocché inalterata la parte prettamente didattica, fatta salva l’introduzione delle competenze, per mancato controllo e verifica della normativa introdotta. Il risultato è che la sostanza non ne ha risentito più di tanto.

In questi ultimi anni abbiamo assistito all’ingresso dell’informatica in classe. Prima con le tre “I” di morattiana memoria -inglese, informatica, impresa- poi con la strombazzata rivoluzione della LIM -lavagna interattiva multimediale. Ben poco, però, si è fatto per preparare, anche in modo coatto se reputato necessario, il corpo docente a muoversi a proprio agio su un terreno in cui gli studenti sguazzano sicuri e felici. Ancora oggi non sono pochi i docenti completamente digiuni per quanto concerne l’utilizzo di software didattici e di quelli relativi alla produttività individuale. L’idea va a quelle suite, alcune anche gratuite, che offrono un elaboratore testi, un foglio di calcolo ed un software per la preparazione di presentazioni multimediali.

In questo ben poco paradisiaco scenario bisogna anche prendere in considerazione le discutibili prese di posizione di alcuni psicologi secondo cui non bisogna stressare i ragazzi. Imparare una poesia a memoria è divenuta causa provata di stress tale da segnare la psiche del ragazzo per tutta la vita! L’analisi grammaticale e l’analisi logica non sono più strumenti necessari per articolare al meglio un discorso e quindi un pensiero, ma vengono ormai considerate fuori moda, quasi una inutile perdita di tempo.

Anche la classe docente, ce lo dobbiamo dire, lo dobbiamo riconoscere proponendoci di farne ammenda, ha le sue colpe. Essa, infatti, non ha avuto la forza e la determinazione di credere in sé stessa e nella sua importante funzione etica e sociale.

L’analisi logica e l’analisi grammaticale non vengono più viste come attività necessarie per meglio articolare il proprio pensiero, ma solo come attività noiose ed inutili. Attività in grado di distogliere i ragazzi da cose ben più importanti! E spesso le cose “importanti” sono progetti insulsi stilati solo per accontentare il dirigente o per dare l’impressione di essere all’avanguardia. In tal modo si perde di vista la funzione primaria e caratterizzante della scuola che è quella di fornire gli strumenti essenziali per dialogare con la vita. Per capire gli altri e per farsi capire.

La mancata legittimazione, o la non completa accettazione, del ruolo del docente e della funzione della scuola hanno portato a due effetti che, seppure diversi, hanno conseguenze molto simili: il lassismo ed il buonismo.

Il lassismo dimostrato da una parte non trascurabile del corpo docente è conseguenza di un inefficace meccanismo nella selezione del personale da adibire all’insegnamento, causa ed effetto ad un tempo, di una delegittimazione della figura del docente portata avanti anche da certa politica con le dichiarazioni di taluni politicanti di bassa lega. Questo comporta una perdita di motivazione e di autostima dei docenti che tendono a lasciarsi andare, che tirano a campare, che perdono sempre più contatto con le esigenti e pressanti richieste che il ruolo di educatore pretende. Si entra in classe, si fa l’appello, si spiega da pagina 143 a pagina 162, si assegnano i compiti. Di tanto in tanto, più che altro per darsi un tono, si interroga ed ancora più raramente si fa svolgere un compito in classe. Il tutto «senz’anima, senza allegria», come cantava Riccardo Cocciante in un suo famoso brano, anche se si riferiva a ben altro contesto.

Questo atteggiamento è un vero e proprio tradimento alla missione di educatore, è trasformare una professione dall’elevato valore etico e morale in un mestiere ripetitivo. Vuol dire innescare un circolo vizioso che, a partire dalla demotivazione, passa per risultati scadenti, per fare ritorno alla demotivazione, potenziandola. In tutto questo, i ragazzi, gli studenti, sono solo degli accessori presenti al solo scopo di permettere al docente di giustificare uno stipendio.

In altri casi, invece, il docente cerca di svolgere il suo ruolo, si arrabatta alla bell’e meglio per ottenere qualche risultato che dia un senso ed un significato al suo fare. Si lascia, però, distrare e fuorviare da fattori esterni che non vengono valutati con adeguato spirito critico. I fattori esterni sono rappresentati dal muro di gomma di pastoie burocratiche, da genitori che guardano solo al voto e che sempre più spesso delegano la funzione genitoriale alla scuola ed al docente. Sempre più spesso, poi, si trovano di fronte ragazzi sballottolati di qua e di là a causa della separazione dei genitori. Ancora più frequenti sono i casi in cui i ragazzi, a casa, vengono lasciati soli, non vengono minimamente seguiti, rimangono senza una guida, senza un adulto di riferimento. In questo caso il docente si lascia irretire dal sentimentalismo e pensa di dare un qualche risarcimento aumentando i voti, per mero giustificazionismo, senza che siano sostanziati da una preparazione adeguata. A volte tale atteggiamento è, invece, motivato da una specie di autoassoluzione da parte del docente.

In entrambi i casi -lassismo e buonismo- i risultati sono sovrapponibili. I ragazzi alla fine del ciclo di studi presentano un livello culturale molto inferiore alle attese. Queste situazioni si stanno sempre più incancrenendo tanto da tendere a diventare strutturali. Gli adulti, in genere, tendono, dal canto loro, ad abdicare dal ruolo di esempio e di guida credibile che gli compete, per cui non pretendono nulla dai ragazzi, il che porta ad una deresponsabilizzazione dei ragazzi stessi che non sono chiamati a rispondere delle loro azioni ed a guadagnarsi quello che vorrebbero.

Lo spirito si tempra nelle avversità e la vetta assume valore quanto più si è lottato per raggiungerla. Non aspettiamoci il cambiamento da una legge o da una circolare. Per rendere possibile e reale il cambiamento a cui aneliamo siamo chiamati a cambiare atteggiamento e ad un maggiore coinvolgimento, anche emotivo.

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