
Educazione alla cittadinanza globale – 3
Insomma, si tratta di trasformare la scuola in uno spazio di scambio, riflessione, socializzazione e progettazione, un luogo in grado di promuovere la conoscenza come costruzione collettiva, un luogo che valorizza i saperi e le esperienze di tutti gli attori della comunità educativa, e non come mero sforzo individuale. Si tratta di cambiare la scuola affinché sia il curriculum scolastico che la scuola stessa diventino una “comunità” di educazione e partecipazione che permette l’integrazione di studenti, insegnanti, famiglie, governi locali, territori, comunità e volontariato. Si tratta di cambiare la scuola affinché, rispetto alle sfide dei nostri giorni identificate sopra, essa sia parte della soluzione e non del problema.
L’educazione alla cittadinanza globale esige dalla scuola più radicamento nella vita locale, più attenzione, comprensione e partecipazione a livello globale, più rispetto per i molteplici contesti e esperienze di riferimento delle persone e delle comunità e più coinvolgimento di tutti gli attori socio-educativi.
Per il carattere che le è proprio, l’educazione alla cittadinanza globale richiede metodologie attive (imparare a essere, a conoscere e a fare), interattive (utilizzando discussioni e dibattiti), che favoriscano la sperimentazione (focalizzate su sfide reali per i bambini e i giovani e per tutta la società), critiche (incoraggiando la capacità di pensare partendo da valori e convinzioni e favorendo l’autonomia), cooperative (rinforzando il piacere per l’apprendimento reciproco, il lavoro in rete e la solidarietà), con un approccio socioaffettivo (che potenzi l’apprendimento delle emozioni), partecipative (dando voce ai differenti attori, riconoscendone il ruolo e facilitandone il coinvolgimento critico e creativo).
In questo suo anelito di rinnovamento, la scuola deve riconoscere se e come i materiali didattici condizionino le pratiche educative quotidiane e costituiscano un sostegno essenziale per gli insegnanti. Da un lato, infatti, da tali materiali deve essere eliminato ogni tipo di riferimenti e messaggi discriminatori e che incoraggiano gli stereotipi, e dall’altro devono essere ripensati e rinnovati in termini di contenuto e di forma, accogliendo i valori ed i princìpi dell’educazione alla cittadinanza globale. Risulta essere anche pertinente, anzi richiesto, attuare una valutazione centrata sulla coerenza tra i valori e le proposte, tra i princìpi e i valori dichiarati e la pratica scolastica reale, tra gli obiettivi e le strategie, la teoria e la pratica, il contenuto e la forma.
L’educazione alla cittadinanza globale nel sistema formale di insegnamento esige una scuola democratica, partecipativa e aperta, nella quale tutti gli attori – studenti, insegnanti, funzionari, responsabili educativi, famiglie – siano riconosciuti come cittadini protagonisti del processo educativo e siano incoraggiati a condividere le proprie pratiche, riflessioni e proposte di miglioramento e a promuovere iniziative congiunte.
Per fare tutto ciò, però, occorrono insegnanti impegnati, critici, trasformatori, che considerino l’educazione come un’attività creatrice che, partendo dalla realtà quotidiana prepara per la libertà, la crescita individuale e il bene comune, che lavorino in maniera cooperativa e in rete per generare i necessari processi di cambiamento; e che portino avanti un movimento di trasformazione dell’educazione, coinvolgendo tutta la comunità educativa dall’interno delle proprie scuole.
L’educazione alla cittadinanza globale, proprio per il tema di cui si occupa, ha bisogno di un approccio globale, complesso, olistico. Non sono ammesse, e quanto meno non sarebbero efficaci, azioni più o meno isolate e slegate. C’è bisogno di una vera e propria strategia. Anche il nostro Paese, al pari di altri, si è dotata di un’apposita strategia elaborata da un apposito “Tavolo di lavoro per la strategia nazionale”. Al tavolo hanno trovato posto ben tre ministeri -istruzione, esteri ed ambiente-, le università, l’associazione dei comuni italiani (ANCI), le Regioni e le province autonome, , l’Agenzia italiana cooperazione e sviluppo, l’Agenzia nazionale giovani, l’alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile e qualche altro soggetto. Il documento elaborato (Strategia italiana per l’educazione alla cittadinanza globale) si apre con una domanda non tanto retorica: «Perché una strategia?». Perché “una società complessa ed interdipendente pone a cittadine e cittadini sfide in continuo mutamento” che non possono essere affrontate dal singolo individuo, ma hanno bisogno delle azioni coordinate di più soggetti che operino con un traguardo comune. Una strategia, appunto. In tale strategia un posto di primo piano è riconosciuto all’istruzione, che deve essere indirizzata “al pieno sviluppo della persona umana ed al rafforzamento dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti e di ciascuno” come ci ricordano la nostra Costituzione e la Dichiarazione dei Diritti umani dell’ONU.
Nel 1996 la Commissione UNESCO sull’educazione ha ribadito che “è necessario rimettere al centro la tensione ad imparare a vivere insieme. A cooperare, a progettare in comune: un’educazione che sappia prestare attenzione ai diritti sia della persona, sia della comunità locale ed internazionale dovrebbe, quindi, la capacità di vivere insieme sviluppandola comprensione degli altri e della loro storia, delle loro tradizioni e dei loro valori spirituali che, guidato dal riconoscimento della nostra crescente interdipendenza e da una comune analisi dei rischi e delle sfide del futuro, possa indurre l’umanità ad attuare progetti comuni e ad affrontare i conflitti in maniera intelligente e pacifica. Utopia, potrebbe pensare qualcuno, ma si tratta di un’utopia necessaria, anzi vitale, se vogliamo sfuggire ad un pericoloso ciclo alimentato dal cinismo e dalla rassegnazione”. L’invito alla scuola è di focalizzare l’attenzione e la riflessione su ben precisi ambiti:
- I diritti umani
- L’Intercultura
- La comprensione e la cooperazione a tutti i livelli
- La pace
- La sostenibilità
Sulla classe docente grava una pesante responsabilità di cui si deve are carico fino in fondo, se vuole riconquistare il primato culturale che le dovrebbe essere proprio e che si è andato perdendo nel corso del tempo. Abbiamo detto e ripetuto più volte in questo blog che è stata messa in atto, in modo cosciente o meno poco importa, una campagna denigratoria volta alla delegittimazione della scuola e del corpo docente (ipse dixit, siamo alle solite ed altri). Il fatto ancora più negativo è che lo stesso corpo docente ha accettato il trattamento ad esso riservato entrando in una spirale, un circolo vizioso che ha finito con il dare corpo e ragione alle accuse che gli sono state rivolte. I detrattori che hanno messo in piedi l’attacco alla scuola ed alla classe docente sono riusciti a spegnere l’entusiasmo e ad azzerare quasi completamente la motivazione della maggior parte dei docenti. La nobile e gratificante, almeno in termini morali, professione del docente è stata, poco per volta, trasformata in un mestiere senza anime e senza vita perché senza passione e trasporto emotivo. La scuola, nella sua organizzazione e nel suo farsi quotidianità, ha pienamente accolto la parte meno pregnante dell’aziendalizzazione e della burocratizzazione di cui è stata fatta bersaglio negli ultimi decenni.
L’educazione alla cittadinanza globale, con tutte le numerose complesse implicazioni, deve partire dalla scuola che deve essere ed avere il ruolo di motore del cambiamento, che deve ingenerare un moto rivoluzionario, forte, deciso ed efficace, avverso questo gioco al massacro diretto contro un’istituzione ed una categoria di professionisti che debbono riconquistare il loro ruolo primario nella costruzione di un futuro migliore per l’individuo, per la comunità e per il nostro pianeta nella sua splendida interezza.
In questo moto rivoluzionario, però, la scuola non può e non deve essere lasciata sola. Anche la famiglia deve riappropriarsi del suo ruolo, altrettanto primario, di modello di valori. Altri attori sociali sono, poi, chiamati a fare la loro parte. Creare o modificare un modo di pensare e di agire non è cosa facile, c’è bisogno dell’azione congiunta e continua di una comunità educante che vada, compatta, verso la stessa direzione. Il che spiega la difficoltà del percorso. Un proverbio africano recita: «per educare un fanciullo ci vuole un villaggio» e fino a quando non saremo villaggio, l’educazione dei ragazzi sarà compito improbo.
Sitografia ed articoli correlati:
- Educazione alla cittadinanza globale Temi ed obiettivi di apprendimento
- Strategia italiana per l’educazione alla cittadinanza globale
- Strategia di educazione alla cittadinanza globale: finalmente!
- Che cos’è l’educazione alla cittadinanza globale
- Recenti orientamenti sull’educazione alla cittadinanza globale
- Agenda ONU 2030
- La scuola come comunità
- Cittadinanza attiva
- Educare alla cittadinanza
- I compiti di realtà
- https://www.cci.tn.it/che-cose-leducazione-alla-cittadinanza-globale/