
Comunicare bene
Il processo di insegnamento-apprendimento e tutte le attività connesse, al pari di qualunque altra relazione umana, sono basati sulla comunicazione. Per avere, quindi, relazioni efficaci e proattive bisogna curare la comunicazione in modo da renderla altrettanto efficace e proficua.
Quella del docente, al di fuori di retorica, è una missione che coinvolge due persone che, seppure in modo diverso e per finalità parimenti diverse, perseguono lo stesso fine, guardano verso lo stesso orizzonte.
Molte sono le responsabilità che gravano sulle spalle del docente, qualunque sia l’ordine di scuola in cui svolge la propria attività. La strategia comunicativa che mette in pratica nel confrontarsi con bambini, ragazzi o adolescenti è in grado di segnare, più o meno profondamente, lo sviluppo e la maturazione personali.
Alla scuola si richiede di svolgere, non solo la funzione di erogare e creare sapere e cultura, ma anche quella di garantire una crescita umana e civile dello studente e questa seconda funzione è più importante e senza dubbio più impegnativa. Esigenza particolarmente sentita in questo momento storico in cui la famiglia, per motivazioni socio-economiche diverse, tende a delegare abdicando dal suo ruolo di guida decisa, decisiva ed autorevole.
Nelle nostre scuole alle conoscenze è stato tolto il ruolo di fine per assegnare loro quello di mezzo, ad esse si è riservato il ruolo di strumenti necessari per l’acquisizione delle competenze. Tra queste ultime rivestono primaria importanza le competenze trasversali, anche note sotto la denominazione inglese di soft skills. Sono quelle competenze non legate ad alcuna disciplina ma che concorrono alla maturazione della persona come uomo e come cittadino. Sono competenze che vanno ad impattare su concetti alti e complessi quali la solidarietà, il rispetto per sé e per gli altri e la cittadinanza attiva.
In ambito lavorativo le competenze trasversali sono quelle competenze che entrano in gioco quando si deve rispondere efficacemente alle diverse richieste dell’ambiente organizzativo in cui si vive o si lavora.
Le competenze sono essenziali per trasformare le conoscenze in comportamenti. Esempi di competenze trasversali sono:
- capacità di creare e mantenere relazioni;
- capacità di affrontare i problemi (problem solving)
- capacità di prendere decisioni, accollarsi responsabilità ed accettarne le conseguenze
- organizzare le proprie attività
- gestire il proprio tempo
- adattare ad ambienti diversi
- gestire lo stress
- lavorare in gruppo
- avere spirito di iniziativa, dimostrare flessibilità e visione di insieme.
Queste competenze non possono essere insegnate con una lezione frontale e non possono essere imparate sui libri di testo ma vanno acquisite con relazioni efficaci e proattive.
Come già accennato, la strategia comunicativa degli insegnanti gioca un ruolo cruciale per raggiungere gli obiettivi formativi ed educativi programmati. Per questo motivo la competenza degli insegnanti, come si usava un tempo, valutata sulla sola capacità di trasmettere conoscenze e contenuti. Essa viene oggi basata sulla capacità di attivare una serie di iniziative altre e di promuovere successi scolatici, a ancor di più di favorire, promuovere e potenziare l’autostima, la serenità e la motivazione verso un miglioramento continuo.
Tutto questo ruota, trova il suo fulcro irrinunciabile, su una comunicazione efficace e parlando di ciò non si può fare a meno di citare lo psicologo Thomas Gordon ed il suo lavoro “Insegnanti efficaci”, edito in Italia dalla casa editrice Giunti & Lisciani Editori nel 1991. A dispetto dei suoi quasi 30 anni, il volume e ancora attuale e può costituire un utile strumento di lavoro. Il metodo Gordon si basa, a sua volta, sulle intuizioni e sulle riflessioni dello psicologo statunitense Carl Ramson Rogers, fondatore della terapia non direttiva è noto per i suoi studi sul counseling.
I due autori propugnarono, ognuno secondo il proprio punto di vista, una relazione efficace tra alunno e docente e per essere tale una relazione dovrebbe essere improntata all’accettazione dell’altro, all’autenticità senza bardarsi con sovrastrutture mentali, all’empatia ed alla fiducia. Fiducia che deve essere meritata e che va saputa coltivare, mantenere ed accrescere da ambo le parti.
Dal punto di vista del docente, la comunicazione deve essere finalizzata a promuovere nell’alunno autostima, autocontrollo e creatività. La prima azione, necessaria ed ineludibile, deve essere quella di separare il problema dalla persona, operazione non banale e non sempre semplice. Molto semplicisticamente il libro di Gordon propone tre tecniche da mettere in pratica per instaurare una comunicazione efficace.
L’ascolto attivo Il docente deve ascoltare l’alunno e riflettere sui messaggi verbali e non verbali da questi emanati. In questa attività, il docente si deve astenere dal dare giudizi personali onde favorire, nell’alunno, la sensazione la certezza di essere accettato, aumentandone così l’auto stima facilitando la risoluzione autonoma del problema.
Il messaggio-io L’insegnante dovrebbe mettere a confronto i propri sentimenti ed i propri bisogni con i comportamenti del ragazzo che creano disturbo e turbativa in modo che il ragazzo stesso si renda conto delle conseguenze del proprio agire e delle reazioni che provoca negli altri. L’opposto, cioè il messaggio-tu per esprimere un giudizio negativo, provoca ribellione ed atteggiamenti difensivi di chiusura. Il messaggio-io, invece, no; esso, infatti, esprime una valutazione sul soggetto ha compie l’azione, nella fattispecie l’alunno, e quindi si configura come una modalità di approccio in grado di innescare un dialogo.
Il problem solving Si tratta di una tecnica di risoluzione dei problemi in cui non vi sono vincitori né vinti, ma che è in grado di portare alunni e docenti a collaborare a vincere insieme.
La classe, per quanto numericamente limitata, è una comunità e come tale per funzionare bene ha bisogno di regole. Sono quelle stesse regole che serviranno al ragazzo anche al di fuori dell’aula. Ancora in questo caso bisogna puntare sulla positività. Nel proporre le regole è bene porre l’attenzione sul comportamento corretto (“alzate la mano prima di parlare”). I divieti, infatti, (“non parlate tutti insieme”) mostrano l’azione scorretta e rafforzano il ricordo di ciò che non va.
Altra cosa da tenere sempre presente, perché indispensabile per una comunicazione efficace che arrivi al soggetto in formazione, è che le regole debbono essere poche, chiare e concrete, evitando formule vaghe in grado di creare equivoci e fraintendimenti.
In questo contesto non dobbiamo dimenticare che non è indicato rimproverare un comportamento e nello stesso tempo dare la regola perché questa acquisterebbe un valore negativo. È, invece, molto più remunerativo in termini di obiettivi raggiungibili, dare una regola in un contesto piacevole.
Solo un accenno, poi, agli aspetti meta verbali e para verbali della comunicazione. L’aspetto meta verbale riguarda la posizione del corpo ed i gesti, mentre l’aspetto para verbale riguarda l’intonazione della voce, il timbro, il volume, la velocità di eloquio.
Per concludere, i docenti dovrebbero sempre mettere l’accento sulle positività esperite dall’alunno enfatizzandole, senza cadere nell’esagerazione per non ottenere l’effetto opposto. Ogni docente può influenzare in modo radicale la performance degli allievi e, quindi, perché non farlo in modo positivo? Sarebbe un investimento molto remunerativo per il ragazzo e per lo stesso docente.
Articoli correlati:
- Perché leggere?
- L’educazione
- L’effetto Flynn
- Sbagliando s’impara
- Un ospedale per sani
- L’apprendimento significativo
- Differenze e disuguaglianze
- La scuola come comunità
- Educare alla cittadinanza
- Essere o avere?