
Prossimità ed educazione civica
Quello di prossimità è un concetto antico come l’uomo, ma in questi ultimi tempi, grazie alla crescita costante, a volte addirittura tumultuosa, del volontariato, sta acquisendo nuovo vigore, almeno in una quota parte importante della società italiana. Prossimità è un termine che riconosce l’etimo latino proximitas, -atis che è derivato da proximuns, prossimo, e sta ad indicare una grande vicinanza, anche in senso figurato.
Questo concetto, nel mondo scolastico, trova, o dovrebbe trovare, compimento nell’insegnamento dell’educazione civica. Quest’ultimo non può e non dovrebbe essere ridotto ad una mera disciplina, ma dovrebbe servire per proporre ai ragazzi uno sguardo nuovo sulla realtà. L’educazione civica dovrebbe essere concepita come un invito ad uscire dall’aula ed andare incontro ai problemi del mondo reale per prendersi cura dalle sue tante ferite e per ri-costruire quello spirito di comunità così calpestato e spesso artatamente inteso. Essa dovrebbe fungere da volano per potenziare quella coesione sociale di cui tanto si parla ma per la quale ben poco si fa, sia a livello individuale, sia a livello politico.
I ragazzi sono naturalmente degli idealisti, vivono e si nutrono di sogni molto più grandi di loro, guardano molto lontano. Si infiammano, e facilmente, per i grandi ideali, per i grandi problemi che affliggono l’umanità: la fame che attanaglia una moltitudine di persone, in special modo i bambini; uno sviluppo irrispettoso dei ritmi e delle esigenze della natura il che porta alle terribili e spesso tragiche conseguenze sul cambiamento climatico che si susseguono a ritmo sempre più incalzante; guerre e persecuzioni per motivi religiosi e politici che continuano ad alimentare esodi biblici verso l’occidente ed i Paesi economicamente sviluppati. I giovani sono sicuramente animati da buone intenzioni, salvo, poi, perdersi nei piccoli gesti quotidiani dove sarebbe molto più facile intervenire e dove si potrebbe essere molto più efficaci. Ci si infiamma per i grandi ideali ma ben difficilmente si può intervenire su di essi in maniera attiva ed efficace perché si tratta di problemi globali ed i problemi globali necessitano di soluzioni altrettanto globali.
Tutto questo non ci deve abbattere. San Francesco d’Assisi diceva: «Cominciate con il fare quello che è necessario, poi ciò che è possibile. Ed all’improvviso vi sorprenderete di fare l’impossibile». Molto più prosaicamente possiamo richiamare alla mente un’altra frase che ci porta nella stessa direzione: «Pensare in grande ed agire in piccolo».
Ritornando in aula ed all’educazione civica, bisognerebbe perseguire la politica dei piccoli passi per ottenere risultati efficaci in termini di maturazione personale e di acquisizione di comportamenti eticamente corretti. Bisognerebbe proporre, in special modo con l’esempio e la pratica, attività e comportamenti basati sui princìpi di una cittadinanza attiva che riconosca un orizzonte di prossimità.
Ogni edificio, infatti, dal più semplice al più complesso, è pur sempre costituito da mattoni, di piccoli parti, i mattoni appunto, che all’aspetto sembrano insignificanti, ma che, messi insieme secondo un progetto, permettono di innalzare palazzi e monumenti in grado di sfidare i secoli. Se ogni mattone singolarmente ha scarso valore, messo insieme ad altri secondo un piano preciso acquista un valore che va ben oltre la semplice sommatoria delle parti. Ogni unità si completa ed acquista valore dall’unione con altre unità. Lo stesso accade nella scuola con l’educazione civica.
È bene discutere e riflettere in classe, con tutti gli alunni, dei grandi e gravi problemi che affliggono l’umanità, ma il cambiamento non può se non partire dal basso, dai piccoli gesti quotidiani verso il compagno di banco, verso il vicino o il dirimpettaio, verso l’anziano che ha bisogno di aiuto per le piccole incombenze che non riesce a svolgere in autonomia, verso tutte le persone fragili che incontriamo nel nostro cammino.
Il punto di partenza, il primo obiettivo da perseguire è quello di promuovere, creare e potenziare relazioni, creare una rete di relazioni sociali quanto più fitta possibile. Entrare in relazione non può prescindere dall’accettazione dell’altro, dall’accettazione della diversità ampiamente intesa. È il primo, imprescindibile passo verso la creazione di una comunità degna di fregiarsi di tale appellativo.
Sicuramente lo studio della Costituzione e degli organismi che regolano i rapporti nazionali ed internazionali sono importanti, ma senza le relazioni umane e senza l’accettazione dell’altro rimarrebbe solo uno studio fine a sé stesso, uno studio che non porterebbe nessun frutto, un mero esercizio culturale. La lettura della Costituzione, invece, potrebbe diventare una fonte inesauribile di spunti per un miglioramento personale e sociale se letta nell’ottica delle relazioni umane reali ed efficaci. Ancora, la Costituzione non può essere relegata in un volume, magari finemente impaginato, ma deve essere vissuta: questo è il suo scopo!
Bisogna far capire ai ragazzi, e magari anche alle famiglie, che la Costituzione si configura come un vangelo laico al quale adeguare i nostri atti quotidiani. Quando leggiamo «La scuola è aperta a tutti» bisogna far sì che il ragazzo viva in un ambiente che sia veramente inclusivo e non tralasci o escluda alcuno. Quando leggiamo «… pieno sviluppo della persona umana …» ogni ragazzo si deve sentire gratificato per le sue qualità e per le sue competenze ed incoraggiato a perseguire i suoi sogni, anche se questi non sono stati inclusi nella progettazione di istituto. Quando leggiamo dei diritti che la Costituzione riconosce, non elargisce, ad ogni cittadino, dobbiamo ricordare a tutti noi anche i doveri. In particolare dobbiamo portare i ragazzi a riflettere sul primo comma dell’art. 1 «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Subito dopo viene affermato che «La sovranità spetta al popolo, nei limiti della Costituzione». Ciò vuol dire che il popolo, cioè ogni singolo cittadino, ha il diritto di esprimere il proprio pensiero, ha il diritto di essere ascoltato, così come ha il dovere di ascoltare gli altri e di accettare le decisioni della maggioranza. La Repubblica Italiana ha deciso di non escludere nessuno. Ma, si badi bene, la Costituzione afferma che la sovranità appartiene al popolo, non ai singoli cittadini. Ed un insieme di cittadini costituisce un popolo solo quando i singoli cittadini sono legati da relazioni socio-economico-culturali forti, altrimenti è solo un insieme di individualità che vivono sullo stesso territorio.
Ma ritorniamo al concetto di prossimità ed a come proporlo e metterlo in pratica.
Un approccio ormai abbondantemente e positivamente sperimentato potrebbe essere quello del service learning o apprendimento per servizio. In questo blog si è già parlato di service learning in più di un articolo a cui si rimanda per una trattazione più estesa. In estrema sintesi, si tratta di un percorso a tappe ben definite per promuovere gli apprendimenti progettati servendosi di attività che abbiano significato per il ragazzo e che siano in grado di dargli gratificazione. La prima fase consiste in una riunione di classe per riflettere e mettere in luce gli eventuali problemi, sicuramente presenti, all’interno dell’istituzione scolastica o nel territorio circostante la scuola stessa. Una volta individuati una serie di problemi, si stila una tabella in cui nella prima colonna vanno riportati i problemi e nelle tre colonne successive per ogni problema si indicano con un numero da 1 a 10 la gravità, l’urgenza e la probabile evoluzione nel tempo. Nell’ultima colonna si calcola il prodotto dei tre indici ottenendo una graduatoria per la scelta del problema da affrontare. Seguono, quindi, la fase della progettazione e della programmazione della soluzione precedentemente condivisa e quella operativa vera e propria. Per ultima, ma non certo per importanza, segue la fase di riflessione comune (debriefing) su tutto il percorso seguito.
L’approccio pedagogico del service learning permette di vivere pienamente ed efficacemente la comunità e di potenziare le relazioni interpersonali creando una forte coesione all’interno del gruppo classe. Da non sottovalutare, poi, una ulteriore conseguenza positiva che è quella di una maggiore e più efficace integrazione dell’istituzione scolastica nella comunità sociale in cui l’istituzione è inserita con benefici effetti per tutto il processo educativo e didattico offerto dall’istituzione scolastica stessa.
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