
Perché leggere?
Ho letto moltissimi libri, ma ho dimenticato la maggior parte di essi. Ma allora qual è lo scopo della lettura? Domandò un allievo al suo Maestro. Il Maestro non gli rispose e gli disse che aveva sete e chiese al ragazzo di prendergli dell’acqua usando un vecchio setaccio tutto sporco che era lì in terra.
L’allievo trasalì, poiché sapeva che era una richiesta priva di logica. Tuttavia, non potendo contraddire il proprio Maestro, prese il setaccio. Ogni volta che immergeva il setaccio nel fiume, non riusciva fare nemmeno un passo verso il Maestro che non ne rimaneva neanche una goccia. Provò e riprovò decine di volte ma, per quanto cercasse di correre più veloce, l’acqua continuava a passare in mezzo a tutti i fori del setaccio e s perdeva lungo il tragitto.
Stremato, si sedette accanto al Maestro e disse: “Non riesco a prendere l’acqua con quel setaccio. Perdonatemi, Maestro, è impossibile ed io ho fallito il mio compito”. “No”», rispose il vecchio sorridendo, “tu non hai fallito. Guarda il setaccio, adesso è come nuovo. L’acqua, filtrando dai suoi buchi, lo ha ripulito.
Quando leggi dei libri”, continuò il Maestro, “tu sei come il setaccio ed essi come l’acqua del fiume. Non importa se non riesci a trattenere tutta l’acqua che essi fanno scorrere in te, poiché i libri con le idee, le emozioni, la conoscenza, la verità che vi troverai tra le pagine, puliranno la tua mente ed il tuo spirito, e ti renderanno una persona migliore e rinnovata. Questo è lo scopo della lettura”.
Scorrazzando sulla rete, ho trovato questo brano, quasi una parabola, e ne sono rimasto colpito. In effetti, anche io, a volte ho fatto la stessa considerazione, mi sono posto la stessa domanda. La stessa domanda spesso se la pongono e ce la pongono gli alunni, anche se in forme più o meno diverse. Perché studiare se poi tutto cambia, se tutto quello che si è studiato non servirà nella vita adulta, nella vita lavorativa? Considerazione ancora più vera in questa società così frenetica, caratterizzata da cambiamenti sempre più repentini. A volte, come docenti e come genitori, annaspiamo cercando risposte che non riusciamo a strutturare nella forma voluta e con la sostanza che reputiamo necessaria.
Già Lucrezio, nel suo De Rerum natura, affermò «ex nihilo nihil fit», cioè nulla viene dal nulla. In epoca più recente rispetto a Lucrezio, in campo fisico, la frase menzionata prese la forma che ben conosciamo: «Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma».
Con queste citazioni voglio supportare l’idea che ogni nostro traguardo, ogni obiettivo raggiunto rappresenta il punto di arrivo, parziale quanto si vuole, di un percorso. Qualunque sia la nostra età, quello che siamo rappresenta il risultato di tutte le nostre azioni e di tutte le nostre scelte precedenti.
Ogni azione, compresa quella di leggere un libro di cui non ricorderemo nulla, rappresenta il passaggio dell’acqua nel setaccio della nostra personalità che, proprio come nel caso del setaccio, tende a ripulirsi sempre più. Anche la scelta di non leggere, di non educarsi al bello provoca conseguenze. Porta, infatti, all’inaridimento della nostra personalità, porta ad uno stato di sempre minore sensibilità, ad una chiusura nel nostro mondo che sarà sempre più grettamente limitato al nostro “io”, precludendo l’apertura al “noi”. Ed è proprio l’apertura agli altri che permette al nostro animo di guardare e gustare nuovi orizzonti, a scoprire nuovi mondi che nemmeno immaginavamo, di raggiungere vette sempre più ambiziose.
Ogni docente, ancor prima dei contenuti e delle sequenze di numeri, di dati, di fatti, riportati sui libri di testo e a cui deve essere riservata una funzione puramente strumentale, dovrebbe impegnarsi a fondo per far innamorare i propri alunni della voglia di conoscere per il solo piacere della cultura.
In questa ottica è bene mettere da parte le varie sfide tra gruppi o la rincorsa ad essere il primo della classe o, infine, cosa ancor più negativa, la ricerca spasmodica al buon voto. Utilizzando tali atteggiamenti e promuovendo tali sentimenti, infatti, gli alunni saranno portati a vedere la cultura soltanto come uno strumento per superare gli altri, uno strumento volto al raggiungimento di obiettivi dal fiato corto e che svaniranno in brevissimo tempo. La cultura non deve esser rivolta all’altro, bensì a sé stessi ed al proprio miglioramento. L’acquisizione di una cultura viva e vera dovrà essere vissuta come un patrimonio che accompagnerà l’individuo per tutta la vita.
L’amore per la cultura ha, inoltre, benefici effetti anche sulla funzionalità del nostro cervello. Quest’ultimo, infatti, funziona, per alcuni versi, e sotto alcuni punti di vista, come fosse un muscolo: più lo si usa più si sviluppa e se lo si mantiene costantemente allenato dura molto più a lungo. Anche il cervello, infatti, segue la legge dell’uso e del disuso. Alcuni studi hanno confermato che mantenere allenata la mente rappresenta un valido aiuto nella prevenzione di gravi patologie, quali il morbo di Alzheimer e la demenza senile.
Il “motore” che spinge il cervello, la causa più importante della funzionalità cerebrale, non risiede nel numero di neuroni, che è fissato alla nascita e può solo
diminuire con il tempo. Infatti, tali cellule particolari sono estremamente specializzate tanto da aver perso la capacità di riprodursi per sopperire ad eventuali perdite o per accrescere il potenziale del cervello. La maggiore o minore funzionalità del cervello risiede nel numero delle sinapsi, cioè nei collegamenti che i neuroni riescono a stabilire tra di essi. E tali sinapsi, se i neuroni vengono opportunamente stimolati, possono aumentare, ma possono anche regredire in caso contrario.
Leggere con frequenza è un ottimo metodo per tenere allenato il cervello e, quindi, favorire l’insorgere di sempre nuove sinapsi. Tale attività, inoltre, a1·1icchisce tanto il nostro bagaglio culturale quanto il nostro lessico, effetto molto importante per una completa realizzazione del sé. Ricordiamo la frase di don Lorenzo Milani: «L’operaio conosce 100 parole, il padrone 1000. Per questo è lui il padrone», frase che ci ricorda anche il valore pratico della cultura. Ma tale valore deve essere pur sempre considerato un accidente di percorso, per quanto positivo, non il fine ultimo della cultura stessa. L’arricchimento del lessico, l’utilizzo del termine più adeguato è un aspetto particolarmente interessante e da perseguire con decisione in questa nostra era dominata dagli SMS, dai tweet e dalle chat su WhatsApp, social caratterizzati da un linguaggio scarno fino ad assumere, quasi, i connotati di un linguaggio cifrato intellegibile ai soli adepti. Un linguaggio che vede prevalere, alle parole, abbreviazioni e faccine. La stringatezza dei messaggi rende impossibile una spiegazione esauriente del proprio pensiero e tale situazione, alla lunga, può sortire un effetto negativo che tende a diventare permanente se non si corre ai ripari. Viene da sé che un bagaglio culturale più ampio ed un vocabolario personale più ricco ed articolato riverberano i loro effetti positivi anche sulla capacità di scrittura.
Sugli effetti positivi della lettura si potrebbe parlare ancora molto ma non è questa la sede per dilungarsi più del lecito e del dovuto.
La chiosa finale non può non essere rivolta a genitori ed a docenti che dovrebbero spingere figli ed alunni, rispettivamente, verso la lettura proponendo loro opere classiche o recenti adatte all’età del lettore e che siano in grado di interessarli e di aprire loro nuovi orizzonti e nuovi scenari per innescare un percorso positivo.
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