Scuola e selezione

Scuola e selezione

18 Luglio 2021 0 Di giuseppe perpiglia

Precisiamo subito che la selezione a cui faccio riferimento è quella ipotizzata da Charles Darwin ed illustrata nel suo volume più famoso: L’origine della specie. È ormai, e per fortuna, largamente condiviso che la scuola non può permettersi nessuna tipologia di selezione per non rinnegare sé stessa. La scuola, al contrario, deve essere il tempio dell’inclusione, deve essere, non un ospedale per sani, per citare don Lorenzo Milani, bensì un luogo in cui tutti si sentano a casa, alunni e docenti.

In questi giorni, io biologo, sto rileggendo L’origine della specie e nello scorrere le pagine mi sono affiorate alla mente delle possibili, e non so quanto condivisibili, affinità tra la teoria dell’evoluzione nella forma proposta da Darwin ed il processo di insegnamento-apprendimento. Questo accostamento vuole essere solo un gioco, niente più di un divertissement, anche se non mancano spunti per riflessioni “serie”.

La scuola, come il processo evolutivo proposto da Darwin sia nella versione naturale sia in quella ottenuta dall’uomo, si deve confrontare con variabili molto simili. Prime fra tutte la variabilità individuale, che ora sappiamo essere legata a non tanto rare mutazioni durante la replicazione del DNA, e l’influenza dell’ambiente, sia esso quello prettamente scolastico, sia quello esterno relativo a tutte le comunità in cui la persona è inserita e sia, infine, anche all’influenza dell’ambiente biotico ed abiotico in cui ci si trova a vivere.

L’interazione soggetto<>comunità<>ambiente penso non abbia ormai bisogno di spiegazioni e di sostegno. Gli studi e le ricerche in proposito sono numerosi ed approfonditi e lasciano poco spazio a dubbi ed a contestazioni.

Ogni ragazzo è simile a tutti gli altri, ma simile non vuol dire uguale. Simile vuol dire che le caratteristiche comuni non solo sono presenti a diversi livelli, ma non sono neanche perfettamente sovrapponibili nel senso che un individuo può avere una caratteristica assente in un altro e viceversa. È proprio il numero ed il livello di caratteristiche che rende ogni individuo unico ed irripetibile. Sull’influenza dell’ambiente basti pensare alle differenze che si possono facilmente notare tra due gemelli omozigoti.

Ogni essere è unico, unico nelle potenzialità, nelle capacità, nelle aspirazioni, nelle esigenze, nelle criticità e nei difetti. Ne discende che il docente deve comportarsi come quel buon allevatore che vuole portare a compimento ogni singolo individuo del suo allevamento. Il docente deve, quindi, primariamente conoscere singolarmente tutti i suoi alunni per avere contezza dei rispettivi punti di forza e di criticità o di debolezza. Il secondo passo è capire, dopo aver prestato la necessaria attenzione per conoscere quali siano le potenzialità e le capacità di ognuno, quale sia l’ambiente più idoneo per promuovere al meglio le capacità e le potenzialità rilevate. In altro articolo abbiamo parlato delle intelligenze multiple il che vuol dire che un qualsiasi alunno può incontrare difficoltà in un ambito disciplinare o in una singola disciplina ed essere molto più a suo agio in un altro ambito o in un’altra disciplina. E questo non vuol dire essere più o meno intelligente, ma solo che si hanno interessi e predisposizioni diversi che il docente accorto deve essere bravo ed attento a cogliere ed a potenziare. E questo può essere ottenuto creando un ambiente adeguato ed opportuno per ogni singolo alunno. Creare l’ambiente più adeguato a ogni alunno che ci è stato affidato è la parte senz’altro più difficile, ma anche quella maggiormente gratificante del nostro lavoro. Bisogna, ovviamente, fare molta attenzione all’ambiente fisico – locali accoglienti e puliti, colori pastello e rilassanti alle pareti, disposizione della cattedra e dei banchi, luminosità, temperatura, … – ma ancora più attenzione va riservata all’ambiente relazionale che si deve instaurare tra tutti i soggetti coinvolti, a qualsiasi titolo, nelle numerose attività che si svolgono nell’istituzione scolastica. L’ambiente, infatti, è in grado di influenzare pesantemente tutto il lavoro del docente ed anche l’acquisizione di contenuti, comportamenti ed atteggiamenti da parte del discente in quanto agisce sulla sua motivazione. Si tratta di favorire la selezione naturale agendo sull’ambiente affinché essa possa dare risultati positivi. Un ambiente piatto, chiuso, con pochissimi stimoli, favorirà solo pochi alunni, quelli naturalmente più a loro agio in quel contesto. Al contrario, un ambiente aperto alle novità, un ambiente in grado di offrire numerosi stimoli diversificati tra loro, permetterà l’espressione di capacità diverse e fornirà spazi diversificati a tutti gli alunni ed a tutte le intelligenze.

Come nella selezione naturale opera positivamente, anche in questo caso, il fenomeno degli incroci. In natura, gli incroci tra individui simili permettono lo scambio e la diffusione di caratteristiche positive che, in tal modo sono in grado di migliorare l’individuo e, di conseguenza, anche il gruppo. Gli incroci agiscono allo stesso modo anche nella scuola. Ma nella scuola gli incroci vanno intesi e si realizzano dall’incontro con culture diverse, con modi di pensare e di agire diversi dai nostri, a volte anche molto lontani.

Da queste semplici considerazioni emerge tutta la forza migliorativa dell’intercultura e, quindi, del reciproco inquinamento tra diversi modi di pensare e di agire. L’incontro e la reciproca accettazione di sensibilità e di culture, se vissuto in modo criticamente creativo, mette in discussione le nostre certezze che, dal confronto con l’altro, potrebbero uscirne rafforzate o indebolite, ma sempre di evoluzione del pensiero si tratterebbe. E sarebbe un gran bel risultato!

La diversità, ben diversa dalla differenza a cui è assegnata un’accezione negativa, deve essere vissuta e proposta agli alunni come un’opportunità di crescita.

Proprio al fine di favorire un reciproco inquinamento, non bisognerebbe pensare ed agire la scuola come un sistema chiuso. Ogni persona, sia esso docente o alunno, è anche e nel contempo cittadino, genitore, figlio, e quant’altro a seconda del contesto in cui si trova a vivere. Questo vuol dire che ognuno di noi non vive solo nella scuola, ma ha una vita, anzi più di una, al di fuori di essa, vite ed esperienze che lasciano traccia del loro passaggio nella formazione della personalità di ciascuno con effetti, in genere, positivi. E se è vero che la scuola si propone di formare il cittadino è anche vero che la stessa funzione, seppure in modo molto meno strutturato, viene svolto dai diversi contesti di vita esterni alla scuola. Basti ricordare gli apporti dovuti agli insegnamenti formale, informale e non formale.

A tal proposito, dobbiamo ricordare il ruolo primario e la funzione indispensabile della famiglia, che si configura come il primo nucleo sociale con cui il ragazzo si confronta passando dalla dipendenza assoluta della primissima infanzia e, via via, fino alla fase oppositiva per giungere alla fase adolescenziale caratterizzata dalla paura e dalla voglia di libertà e di indipendenza.

L’adulto, sia esso docente o genitore, dovrebbe assecondare la voglia di protagonismo attivo del ragazzo proponendosi, nel contempo, come porto sicuro in caso di bisogno. E, se reputato necessario, anche come muro invalicabile.

Personalmente ho sempre cercato di instaurare, con figli ed alunni, una relazione basata sulla sincerità, sulla coerenza, sull’autenticità dei sentimenti dichiarati, sulle emozioni reciproche. Questo non vuol dire, però, essere “amico” dei figli o degli alunni. Il rapporto adulto-ragazzo deve necessariamente essere un rapporto asimmetrico pena la delegittimazione del ruolo dell’adulto ed il suo conseguente disconoscimento.

 

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