
Pisa e dintorni
Pisa è una ridente cittadina toscana ricca di storia è famosa in tutto il mondo per una magnifica piazza, nota come “Piazza dei Miracoli”. I miracoli cui ci si riferisce sono il Duomo, il Battistero a pianta circolare ed il Campanile. Quest’ultimo è universalmente noto come “torre pendente” per l’evidente inclinazione dovuta al cedimento del terreno alluvionale su cui poggia.
Ma non è di questa Pisa che vogliamo parlare, bensì del Programme for International Students Assessment, cioè programma per la valutazione internazionale degli studenti. Si tratta di un programma nato nell’anno 2000 che si svolge con cadenza triennale. L’ultima rilevanze risale all’anno 2018 ed il prossimo anno, cioè nel 2021, si svolgerà l’ottava edizione. Il programma è nato per mettere a confronto i sistemi scolastici dei vari Paesi OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Alla rilevazione del 2018 hanno partecipato 79 stati. L’Italia partecipa a tale programma sin dalla prima edizione. Le rilevazioni riguardano le competenze degli studenti di 15 anni in lettura, matematica e scienze. Nel 2018 l’Italia ha partecipato con 11.785 studenti suddivisi in 550 classi. In lettura gli studenti italiani si sono classificati ben oltre il 20esimo posto. Risultati simili sono stati ottenuti anche in scienze ed in matematica.
La standardizzazione dei sistemi scolastici è una necessità imposta dalla globalizzazione e dalla sempre maggiore mobilità internazionale.
Per quanto riguarda l’Italia, i nostri studenti hanno fatto registrare un trend positivo fino al 2012 per poi invertire la rotta. I nostri ragazzi non hanno mai brillato particolarmente ma si sono sempre attestati in posizioni intermedie. Quello che dovrebbe preoccuparci maggiormente sono le apprezzabili differenze tra le varie zone della nazione: Nord-est, Nord-ovest, Centro, Sud ed Isole e le differenze tra maschi e femmine. Lasciando da parte la differenza tra i due sessi le cui motivazioni potrebbero essere dovute a differenze legate alla diversa struttura psicologica o anche a differenze culturali legate a pregiudizi ancora molto forti e difficili da eradicare, cerchiamo di riflettere sulle differenze tra le quattro aree geografiche precedentemente considerate.
Anche in questo caso entrano in gioco numerose variabili e l’organizzazione scolastica è solo una di esse. Intanto, nelle zone del Nord, in genere, la motivazione allo studio è più alta in quanto, seppure in maniera meno evidente come un tempo, vale ancora la visione e la considerazione della scuola come ascensore sociale o comunque come mezzo per inserirsi efficacemente nel mercato del lavoro. Nelle zone del Nord-Est e del Nord-Ovest è più facile, con un diploma o con una laurea, trovare un’occupazione lavorativa adeguatamente gratificante e chi ha una preparazione migliore è senza dubbio avvantaggiato nell’avanzamento di carriera. Al Centro ed in misura maggiore nel Sud e nelle Isole, la scuola non viene più vista come occasione di riscatto in quanto manca lo sbocco lavorativo. La scuola è solo uno stadio necessario perché imposto, un parcheggio a cui sottostare senza tanta convinzione in attesa di un futuro che non si concretizzerà. Per trovare un’occupazione bisogna adeguarsi a quel poco che offre l’asfittico mercato locale, oppure emigrare al Nord o all’estero in cui, probabilmente si giocherà sempre al ribasso per via di un background culturale non adeguato alle richieste delle varie aziende. Senza considerare il pericolo sempre in agguato delle sirene centrifughe molto convincenti se non si hanno sani e saldi principi.
La lettura, intesa come comprensione piena di quel che si legge, la matematica e la scienza sono i capisaldi della moderna cultura tecnologica sempre in fermento, ma che, per converso, offre sempre nuove opportunità. Per poter cogliere tali opportunità, però, bisogna essere culturalmente attrezzati. Ecco perché tra le otto competenze chiave proposte dal Consiglio d’Europa si trova anche la voce Imparare ad imparare.
Da tempo la scuola ha esaurito il suo ruolo volto alla formazione in vista di un lavoro che si sarebbe perpetuato in modo pressoché uguale a sé stesso fino all’agognata pensione. Oggi la scuola è chiamata a dare gli strumenti di base, le già citate competenze chiave, per far sì che gli alunni e le alunne percorrano ognuno la propria strada in autonomia. Non vi sono più, come un tempo, le strade segnate a priori che il ragazzo o la ragazza erano chiamati a seguire senza possibilità di uscire dai rigidi binari tracciati in precedenza. Oggi, ogni singola persona è chiamata ad aprire nuove piste, a tutti si dà l’opportunità di crearsi il proprio spazio, si pensi alla promozione nei riguardi delle numerose start-up. I colossi del web sono le creature di ragazzi che hanno iniziato la loro scalata inseguendo i propri sogni: Bill Gates (Microsoft), Steve Jobs (Apple), Mark Zuckemberg (Facebook) sono solo tre esempi eclatanti.
Questi personaggi sono stati sì baciati dalla fortuna, ma hanno saputo chiamarla e metterla a frutto, hanno saputo leggere i tempi e, soprattutto, erano validamente attrezzati sul piano culturale, come dimostrano i loro curricula scolastici. Non è un caso che siano tutti e tre statunitensi, una nazione che da sempre ha puntato decisamente sull’istruzione e sulla ricerca.
In molte nazioni la ricerca viene pungolata, aiutata, sovvenzionata adeguatamente perché hanno capito che solo facendo ricerca si può progredire socialmente ed economicamente. Ed i risultati di economie come quella statunitense, tedesca, giapponese, cinese lo dimostrano chiaramente.
In Italia, c’è ancora la tendenza a puntare sul pallido uovo di oggi senza considerare la probabile florida gallina che potrebbe essere domani.
La politica, da anni, ha smesso, se lo ha mai fatto, di puntare sulla scuola. Anzi! Da qualche decennio, infatti, ha cominciato a mettere in pratica una serie di tagli lineari, ipocritamente sbandierati come razionalizzazione delle spese. E questa pandemia ha messo a nudo tutte le magagne e gli scompensi creati da una politica miope e scellerata. Infatti, questa la pandemia da Covid-19 ha abbattuto la sua mannaia sulla scuola e sulla sanità, i due settori che molto più di altri hanno subìto gli attacchi a colpi di tagli lineari. Sono venuti meno anche gli sperati risultati di quella programmazione che ha portato al numero chiuso per l’iscrizione ad alcune facoltà, infatti oggi si vanno cercando medici ed infermieri e tanti ospedali che potrebbero essere riaperti, ma che rimangono chiusi per assenza di personale.
Qualunque rilevazione di dati ha senso quando e se viene seguita da una riflessione sugli stessi con la finalità di prendere le misure più adeguate. Ma così non è! Si prende atto di una situazione, i risultati non esaltanti delle rilevazioni PISA, e la cosa finisce lì. Non mi sembra un comportamento molto razionale!
Le singole istituzioni scolastiche, ed ancor meno i docenti, non possono essere lasciati soli in questa sfida improba ed in grado di segnare il futuro di una nazione. Non è possibile che un Bussetti Marco qualsiasi, nella sua funzione di Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (sigh!) affermi pubblicamente che i docenti del Sud, invece, di protestare, dovrebbero lavorare di più! Non starebbe, forse, al Ministero controllare l’eventuale carenza di impegno da parte di impiegati dello Stato, ammesso che sia così?
Ogni giorno di più il sistema politico e tutti i suoi ministranti si configurano come una casta chiusa in sé stessa, sempre più lontana dalle reali e contingenti problematiche del Paese per dedicarsi ai loro giochini di potere. È un circolo vizioso che si chiude su sé stesso. La politica delegittima la scuola ed il suo ruolo, la scuola, delegittimata e con le poche armi a disposizione spuntate da un falso modernismo, sforna persone ben poco idonee a creare ed a promuovere una società coesa, consapevole e volta al futuro.
Capisco che la visione propostavi sia pessimistica ma, per quanto mi riguarda, non penso sia molto lontana dalla realtà. I docenti, in tutto questo, sono sempre più demotivati ed anelano solo ad una vita lavorativa un po’ più tranquilla per cui viene loro meno quella fiammella in grado di trasformare una professione in una missione. Per fortuna rimane ancora uno zoccolo duro che vive la professione con dedizione e con estrema serietà lasciandosi coinvolgere dalle esigenze dei giovani e dei ragazzi che si trova davanti.
Fino a quando ci sarà un gruppo di colleghi che pensa e vivono la scuola in questi termini la speranza sarà ancora viva e si potrà guardare al futuro con cauto ottimismo.
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