
L’Apprendimento circolare
Da qualche decennio a questa parte, la società è cambiata, e di molto. Questo è dovuto e, allo stesso tempo, comporta il cambiamento di tutte le sue componenti. E la scuola non poteva certo esimersi dal cambiare essa pure per adeguarsi ai mutamenti imposti dai tempi.
A causa di tali mutamenti la scuola ha dovuto abbandonare la modalità meramente trasmissiva dei contenuti per porsi ben altri obiettivi. Ha dovuto parimenti abbandonare i metodi che andavano bene per trasferire nozioni e trovare nuovi metodi, battere nuove strade, per raggiungere le mete imposte dalla società rinnovata e dal nuovo modo di vivere e di rapportarsi all’interno della società stessa.
I nuovi orizzonti imposti e scelti dalla scuola vanno al di là dei contenuti per approdare in porti sconosciuti fino a pochi decenni orsono. L’orizzonte, infatti, è passato dalla mera conoscenza di fatti e di nozioni verso mete più ambiziose, mete che chiamano in causa meccanismi mentali più complessi ed impegnativi, molto più elevati, quali la riflessione. Quest’ultima permette di adeguare le conoscenze acquisite a contesti diversi ed a metterle insieme in modo diverso, assemblarle in modo strumentale per generare nuove conoscenze. La riflessione permette, inoltre, di acquisire uno spirito critico e, quindi, di maturare e strutturare in modo più fine e preciso la propria identità e la propria personalità.
In questa rincorsa ad una necessaria modernizzazione è stata riconosciuta la grande importanza ed il ruolo primario svolto dall’esperienza concreta in quanto è così che gli studenti possono sperimentare capacità e abilità, ma anche verificare e prendere consapevolezza dell’utilità delle conoscenze apprese.
E proprio sulla rivalutazione dell’esperienza si basa il metodo noto come learning circle, che tradotto in italiano diventa cerchio dell’apprendimento. Il termine cerchio fa venire subito in mente un percorso ciclico, con delle fasi che si ripetono in una sequenza più o meno lunga, per cui si parla più frequentemente di apprendimento circolare.
Secondo i più recenti studi neurologici, il nostro cervello acquisisce concetti, nozioni e relazioni molto più velocemente se è spinto a metterli in pratica, se li vive come esperienza diretta. Infatti, il coinvolgimento fisico ed emotivo facilita l’attenzione e la memoria. Questa è la base su cui si è sviluppato l’apprendimento esperienziale.
Il learning circle si basa sull’assunto che l’apprendimento è circolare e, quindi, propone un’alternanza tra esperienza e riflessione, secondo lo schema:
ESPERIENZA > RIFLESSIONE > ESPERIENZA
Su questa semplice sequenza di due sole fasi poggia l’apprendimento esperienziale. Esso è stato reso più efficace dall’educatore statunitense David Kolb che ha definito con chiarezza quattro diverse fasi per dare maggiore incisività al metodo e raggiungere obiettivi più sicuri e pregnanti. Le quattro fasi individuate e proposte da Kolb sono:
esperienza concreta Durante questa fase gli studenti sperimentano capacità e abilità e utilizzano le conoscenze apprese attraverso attività, giochi e simulazioni.
osservazione riflessiva Questa fase, invece, si basa sull’osservare, riflettere e interpretare le sensazioni e i comportamenti emersi durante l’esperienza attraverso la discussione e il brainstorming.
concettualizzazione astratta Lo scopo di questa fase è quello di produrre e schematizzare concetti e abilità estendendoli a situazioni diverse, anche e meglio se esterne all’ambiente scolastico, sia lavorative sia personali, attraverso modelli, lezioni e diagrammi.
sperimentazione attiva Infine, in questa ultima fase si verificano le conoscenze e le competenze acquisite in situazioni nuove attraverso simulazioni, questionari, studio di casi e laboratori.
Lo schema in figura 1 rende, forse, meglio l’idea della circolarità del metodo.
Come sottolineato anche dai documenti programmatici, l’apprendimento scolastico è solo una delle esperienze di formazione che i bambini e gli adolescenti si trovano a vivere. Per acquisire conoscenze e competenze, infatti, spesso non c’è bisogno di un contesto scolastico. L’apprendimento informale e non formale hanno eroso molto dello spazio occupato dall’apprendimento formale erogato dall’istituzione scolastica. Ma la scuola deve riappropriarsi del suo ruolo di guida principale della formazione, deve riacquistare la necessaria consapevolezza della sua identità e delle sue finalità. E la sua finalità principale deve essere la promozione della capacità degli studenti di dare un senso alle loro varie esperienze e sistematizzarle in una struttura cognitiva che sia, però, pro-attiva, cioè generatrice di ulteriori conoscenze. Per far questo la scuola deve conoscere quali siano le esperienze vissute dai ragazzi, ma anche quali siano le pre-conoscenze e le false conoscenze che esse hanno prodotto.
L’esperienza, infatti, non genera automaticamente apprendimento, per farlo deve essere supportata da un percorso non estemporaneo di riflessione sulle esperienze vissute. In tal modo si generano apprendimenti ed anche la capacità di applicare quanto appreso in situazioni analoghe.
Per esperienza dobbiamo intendere l’atto dell’esperire in tutte le sue forme, ossia il raccogliere informazioni attraverso l’interazione sensibile con la realtà. Bisogna, poi, aggiungere ancora una cosa. L’attività dell’apprendere dall’esperienza non è un fatto individuale, bensì un fatto sociale. Infatti, senza il confronto il nostro cervello si comporterebbe come una “scatola nera”, un “sistema chiuso” in cui verrebbe a mancare l’apporto di materiali e stimoli esterni utili per la riflessione e la creazione di nuove conoscenze.
Per raggiungere il suo scopo, quindi, la scuola deve mettere il ragazzo in situazione, facendo emergere le sue potenzialità e le sue risorse attraverso esperienze didattiche aperte e stimolanti che promuovano la riflessione e la costruzione di nuovi saperi e di nuove competenze. Così facendo si stimolano processi di autonomia nell’affrontare compiti nuovi ed imprevisti e si promuove, nel contempo, il senso di responsabilità che si traduce nella voglia di far bene il proprio lavoro e nel portarlo a termine, avendo cura di sé, degli altri, degli oggetti e dell’ambiente.
Per raggiungere questo scopo bisogna concepire ed attivare nuovi modelli organizzativi che partano dalle pre-conoscenze e dalle misconoscenze dei ragazzi e li portino, accompagnandoli, verso percorsi di riflessione sistematica e generativa.
Ma ritorniamo, dopo questa lunga parentesi, all’apprendimento esperienziale che, per come detto, ha un andamento ciclico. Esso deve partire da un problema che deve essere:
- aperto, ossia ammettere molteplici soluzioni, ognuna con punti di forza e punti di debolezza, e comunque mai affrontato prima in classe (almeno in quella forma) altrimenti non stimolerebbe la competenza degli alunni, ma si ridurrebbe a una semplice riproduzione meccanica delle soluzioni già illustrate dal docente;
- significativo per i soggetti a cui viene sottoposto, ossia sfidante e pensato per creare gratificazione, intrinseca o estrinseca, nel risolverlo;
- di difficoltà mirata, ossia né troppo facile né troppo difficile, ma pensato per indurre gli alunni a compiere, in modo guidato, “quel piccolo passo in più” in grado di accrescere le loro conoscenze, abilità e competenze attuali;
- da risolvere da soli, a coppie o in piccoli gruppi, ma sempre potendo contare sull’interazione con i compagni e con l’insegnante e sulla consultazione di materiali didattici appropriati.
Quello di Kolb, però, non è l’unico modello di learning circle, infatti ne sono stati proposti altri. Gli studiosi Pfeiffer e Jones, infatti, hanno proposto un ciclo con cinque fasi che viene attivato dall’introduzione di un problema, che deve avere le caratteristiche appena viste. Risolvere il problema porta l’alunno a compiere un’esperienza all’interno di un contesto sociale (ad esempio, il gruppo classe o il sottogruppo con cui sta lavorando). Ciascun alunno (o ciascuna coppia o il portavoce del gruppo) deve poi narrare la sua esperienza. È, questa, la fase dedicata alla comunicazione, ossia all’esposizione verbale e/o visuale di quanto esperito. Con l’aiuto del docente e del gruppo classe, bisogna, quindi, individuare i punti di forza e i punti di debolezza della soluzione da lui (o da loro) proposta al problema di partenza (fase dell’analisi). Il docente, insieme al gruppo classe, sintetizzerà poi i punti di forza di tutte le soluzioni emerse al fine di produrre (o proporre ex novo) una o più soluzioni ottimali e di estrapolare i principi generali su cui la soluzione o le soluzioni ottimali dovrebbero basarsi (fase di generalizzazione), invitando anche la classe a formulare possibili suggerimenti su altre situazioni del mondo reale a cui tali principi potrebbero essere applicati. Il docente proporrà infine un altro problema a cui tali principi e soluzioni dovranno essere applicati (fase di applicazione) e questo farà partire un nuovo ciclo di apprendimento esperienziale, secondo un percorso a spirale (figura 2).
È stato proposto un ulteriore modello di learning circle a cinque fasi, noto anche come modello delle 5 E, dalle iniziali inglesi dei 5 verbi su cui si basa:
- ENGAGE impegnarsi le attività previste nella prima fase del learning circle hanno l’intento di creare interesse, generare curiosità e domande nella mente degli studenti, scoprire che cosa sanno già e far emergere eventuali conoscenze errate. Durante questa fase, agli studenti non vengono date definizioni formali su ciò che stanno esplorando, né viene detto loro a quali conclusioni arriveranno.
- EXPLORE esplorare questa fase fornisce agli studenti la possibilità di familiarizzare con il modello oggetto di studio attraverso esperienze, spesso concrete, in cui possono utilizzare le loro preconoscenze per generare nuove idee, esplorare domande e progettare e/o svolgere investigazioni.
- EXPLAIN spiegare in questa fase gli studenti vengono aiutati a focalizzare l’attenzione su particolari aspetti delle esperienze fatte attraverso la spiegazione dei concetti, l’introduzione del lessico scientifico appropriato e la discussione delle eventuali convinzioni errate emerse.
- ELABORATE elaborare questa fase fornisce agli studenti la possibilità di approfondire e rinforzare la comprensione di ciò che hanno appreso, applicandolo in situazioni nuove. In pratica si fornisce semplicemente un’ulteriore occasione di riflessione attraverso domande, la cui risposta necessita dell’applicazione delle conoscenze acquisite e l’uso rigoroso del lessico scientifico.
- EVALUATE valutare in questa fase finale gli studenti sono incoraggiati ad auto-valutare la propria comprensione di quanto appreso e le abilità acquisite. L’insegnante ha l’opportunità di valutare il progresso degli studenti nel raggiungimento degli obiettivi educativi. È importante sottolineare che quest’ultima fase si traduce in una nuova esperienza concreta. Infatti, le abilità acquisite producono nuovi modi di fare e di pensare, da sperimentare nella quotidianità, così che il ciclo possa ricominciare.
In questo metodo, il docente assume il ruolo di formatore esperienziale, supporta gli studenti e li aiuta a condividere le proprie esperienze. In alcuni casi è un facilitatore, che accetta i contributi di tutti i membri del gruppo classe, mettendo a disposizione i materiali utili all’apprendimento e al raggiungimento degli obiettivi comuni. In altri casi, ancora, il docente è un coach, cioè una specie di allenatore, in particolare quando lavora con il singolo individuo. In questo caso il suo obiettivo è quello di far emergere le risorse che già si trovano all’interno dei soggetti, aiutandoli ad avere fiducia in sé stessi e a parlare con gli altri delle proprie esperienze significative.
È, senza dubbio, un’esperienza didattica da proporre e con cui confrontarsi.
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