Covid forte o uomo debole?

Covid forte o uomo debole?

17 Agosto 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Che la ferale forza del Covid-19 risiedesse, almeno in parte, negli errati comportamenti umani è stata un’ipotesi avanzata, per quanto in modo empirico, da molti, me compreso. Lo scorso 21 aprile quella che era una semplice ipotesi dovuta ad una sensazione di pancia ha trovato conferma scientifica. Sul supplemento Buone Notizie del CORRIERE DELLA SERA, infatti, un articolo a firma Elena Comelli, riportava l’intervista all’economista Leonardo Bechetti, docente presso l’università Tor Vergata di Roma. Il professore riferiva di uno studio condotto da tre università -Tor Vergata, Torino, Oxford- da cui è emerso lo stretto legame tra inquinamento da polveri sottili e maggiore virulenza del Covid-19. Le polveri sottili, infatti, renderebbero i polmoni più deboli e quindi più facilmente aggredibili da parte del virus Sars-Cov-2.
Facendo un confronto fra le province del nord, molto più inquinate, e quelle meno inquinate del meridione si mette facilmente in evidenza che i valori del numero degli infetti e dei deceduti registrati nel primo caso sono oltre il doppio che nel secondo. La nostra Calabria, ad esempio, è stata la prima regione senza virus per ben oltre il periodo di latenza dei canonici quattordici giorni. Ed in Calabria l’industrializzazione, purtroppo o per fortuna, la conosciamo solo perché se ne parla nei telegiornali.
Il tutto con buona pace della giornalista (?) Palombelli, secondo la quale il Covid-19 avrebbe provocato molto più danni al nord, perché nelle regioni settentrionali le persone sarebbero più ligie al lavoro e quindi si muoverebbero molto di più, il che aumenterebbe la probabilità di infezione. Ma stendiamo un velo pietoso su affermazioni di tale infimo livello, basate sull’ignoranza e sui pregiudizi, il cui unico fine è tentare un’improbabile giustificazione del proprio ruolo.
Prima di puntare acriticamente l’indice, però, sulle industrie e sull’uso eccessivo e non sempre giustificato dell’automobile, è bene evidenziare che, sempre come riportato nell’articolo, ben il 57% delle polveri sottili è dovuto all’uso del riscaldamento domestico. Quindi siamo tutti, in misura maggiore o minore, sul banco degli imputati, tutti ci dobbiamo sentire coinvolti e corresponsabili di tale situazione. Sono proprio i comportamenti quotidiani dei singoli e delle famiglie che vanno modificati. Ed allora viene chiamata in ballo l’istruzione e, di conseguenza, la scuola. Quest’ultima, insieme a tutte le altre amministrazioni nazionali ed internazionali, governative o meno, è stata chiamata ad applicare i dettami dell’AGENDA 2030 per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di un documento programmatico che si dipana in 17 obiettivi declinati in 169 traguardi. Obiettivi e traguardi non riguardano soltanto l’ambiente, ma lo sviluppo in generale, anche quello sociale, perché il concetto di sostenibilità viene inteso in senso inclusivo.
Tra gli obiettivi, in questo contesto, sono da sottolineare il numero 3 -Salute e benessere-, il numero 4 -Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti-, il numero 6 -Acqua pulita ed igiene-, il numero 7 -Energia pulita ed accessibile-, il numero 12 -Consumo e produzione responsabili-, il numero 13 -Agire per il clima-. E con questo non si vuole certo disconoscere l’importanza degli altri.
Il mondo della scuola si è dato due grandi strumenti per incidere ancora più profondamente sui comportamenti della comunità. Oltre all’Agenda 2030, infatti, dal prossimo settembre inizierà a funzionare a pieno regime l’insegnamento di educazione civica. La speranza è che tale insegnamento non si traduca nell’ennesima materia da studiare da pagina X a pagina Y, perché poi vi interrogo. Al contrario, la speranza è che venga intesa come cosa viva, da applicare quotidianamente in tutti i contesti.
Entrambi gli strumenti sono funzionali alla proposta di un mondo diverso, di una società in cui l’attenzione all’altro assuma un posto di primo piano, una società in cui prendersi cura divenga obiettivo da perseguire con maggiore decisione e con la consapevolezza della sua improcrastinabilità.
Una tale azione didattico-educativa andrebbe ad erodere il terreno in cui alligna e cresce la malapianta del bullismo e della prevaricazione. Certo, non è un meccanismo automatico e neanche semplice. È invece un processo che richiede tempi lunghi e per tale ragione bisogna che ogni scuola ed ogni docente si dotino di una buona dose di determinazione e di perseveranza. Quello che manca e che fa sentire forte e chiara la sua mancanza, è il senso di responsabilità e la consapevolezza che il bene dell’altro è, in fondo, anche il nostro bene, perché facciamo parte tutti di uno stesso mondo e di una stessa comunità.

In questo suo anelito, però, la scuola deve capire che non può agire in solitaria, ma deve promuovere, incoraggiare e potenziare l’aiuto e la collaborazione di tutti gli altri attori sociali. Deve farsi carico di chiamarli e di metterli davanti alle loro responsabilità etiche, oltre che istituzionali, spesso disattese, dando essa stessa per prima l’esempio. In primo luogo la famiglia. Non sempre i rapporti tra la scuola e la famiglia sono di natura collaborativa, anzi, molto spesso, sono improntati alla reciproca diffidenza.
Il primo passo deve toccare alla scuola. È la scuola che deve aprirsi alla collaborazione delle famiglie, che deve chiamare le associazioni di volontariato perché mettano in comune la loro esperienza di cittadinanza attiva. Deve richiamare gli enti locali affinché facciano il loro dovere fino in fondo. In questo auspicato cambio di paradigma è la scuola il soggetto chiamato a fare da coordinatore e ad organizzare il processo.
Bisogna che la scuola prenda piena consapevolezza del suo ruolo di motore di cambiamento, di soggetto proattivo.
Diventa dirimente il sapere utilizzare gli strumenti e le risorse materiali e personali a propria disposizione, ma anche la determinazione di incidere positivamente sulla società. È sempre la scuola che deve farsi carico di promuovere nei ragazzi il rispetto per loro stessi, per gli altri e per l’ambiente. È ancora la scuola che deve proporre in modo efficace comportamenti responsabili, comportamenti orientati verso una cittadinanza attiva, tanto verso l’ambiente quanto verso l’altro. È la scuola che deve avere come obiettivo prioritario uno sviluppo che sia sostenibile sia per l’ambiente sia per la società umana. Tale richiesta è suffragata anche da altre considerazioni che mettono in evidenza un’educazione non adeguata ed un non adeguato livello di senso civico.
Infatti, tutti i problemi legati alla pandemia da Covid-19 si sostanziano nel dover rinunciare alla movida, nel non poter godere della tranquilla serenità di un apericena e nel non potere scatenarsi in una discoteca incollati gli uni agli altri. “Abbiamo vent’anni, siamo giovani, ci vogliamo divertire”. Questa è la risposta che danno i nostri giovani. Tendono a vivere nel loro mondo frivolo, senza pensare alle conseguenze delle loro azioni. La frivolezza è giustificata, entro opportuni limiti, in condizioni di normalità, non certo in questo momento. Non tutti gli esperti concordano sull’ipotesi che i giovani siano praticamente immuni dal Covid-19, tant’è che l’età media di coloro che si infettano si sta abbassando sempre più. E poi stanno aumentando i pazienti asintomatici. Questo sta a significare che il giovane di venti anni che frequenta la movida, che non rinuncia all’apericena e neanche alla discoteca potrebbe infettarsi e trasmettere l’infezione padre o al nonno, che i venti anni li hanno superati da un bel po’, provocando loro un danno tanto probabile quanto grave.
Accanto ai giovani, però, dobbiamo accostare anche tutti quegli adulti che si comportano in modo ancora più irresponsabile. Quegli adulti che negano l’evidenza. Qualche politico, o pseudo tale, tira in ballo la fandonia dell’attacco alle libertà individuali sancite dalla Costituzione. Qualche altro continua la sua campagna contro i vaccini.
E si! Pensando a tutto questo bisogna accettare il fatto che la scuola ha mancato il suo obiettivo principale, quello di educare l’Uomo!
Questa pandemia dovrebbe far capire a tutti l’importanza di un’adeguata educazione alla cittadinanza, alla solidarietà, alla collaborazione ed alla condivisione. L’occasione, per quanto tragica, è favorevole ad una presa di coscienza del ruolo primario della scuola, ma anche della necessità di una strategia basata su un’efficace sinergia che si deve instaurare tra la scuola stessa e la famiglia, così come tra essa, gli enti locali e le associazioni di volontariato.

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