Scuola è democrazia

Scuola è democrazia

7 Agosto 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Oggi alla scuola viene chiesto molto.

Viene chiesto di formare cittadini del mondo, ma non solo. Secondo un rapporto UNESCO ormai datato, infatti fu pubblicato nel 1996, ma ancora attuale, l’educazione deve essere considerata un tesoro e deve essere organizzata attorno a quattro cardini, deve poggiare su quattro solidi pilastri:

  1. imparare a conoscere;
  2. imparare a fare;
  3. imparare a vivere insieme;
  4. imparare ad essere.

Da una prima riflessione si può subito vedere come tale documento abbia ispirato, o almeno influenzato, il Consiglio d’Europa quando ha stilato le 8 competenze chiave di cui ne esistono due versioni. La prima è stata pubblicata nel 2006 (RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2006 relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente), la seconda il 22 maggio 2018 (RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente).

Lo stare insieme e l’imparare ad essere vanno ad impattare direttamente sul fronte dell’etica, fronte su cui la scuola deve spendersi parecchio, così come richiesto, tra l’altro, con l’introduzione dell’insegnamento di Educazione civica.

Alla scuola viene anche chiesto, in special modo in questo momento che fa registrare rigurgiti di populismo, di sovranismi e di chiusure, di orientare le sue attività verso la costruzione di una società democratica. Una scuola che riscopra l’importanza di alcuni princìpi in grado di legare la sfera individuale con la sfera sociale. Tali princìpi si sostanziano nella solidarietà e nell’impegno civico. Sono princìpi che aiutano l’individuo ad inserirsi attivamente nella comunità sociale, una comunità in cui operi fattivamente e normalmente la cooperazione responsabile, una comunità che permetta a tutti di vivere armoniosamente nel rispetto di tutti e di ognuno.

È sempre più necessario che la scuola fornisca un’educazione orientata alla costruzione di una società che sia una vera comunità, una società che tuteli il diritto di tutti e dove tutti operino responsabilmente nei confronti propri e degli altri.

L’uomo sin dalla nascita è inserito in un contesto storico e sociale e l’educazione non può non tenere conto di tali aspetti, anzi deve riconoscerli ed acquisirli come fattori chiave per lo sviluppo dell’individuo. La scuola deve aiutare l’alunno, che è anche persona e cittadino, a scoprire la dimensione dell’apertura e dell’incontro e queste due dimensioni devono diventare elementi significativi per la costruzione della propria personalità. Le dimensioni sociale ed individuale rappresentano dei componenti essenziali lungo tutto l’arco della vita, infatti è proprio dall’incontro con gli altri che possiamo scoprire realmente noi stessi, il nostro ruolo ed il nostro posto nel mondo. In tutto ciò non possiamo non ricordare il posto preminente che occupa la solidarietà. Non la solidarietà spicciola, quella che serve solo a tacitare la nostra coscienza, ma la solidarietà quella vera, quella che san Giovanni Paolo II, nell’enciclica “Sollecitudo rei socialis” pubblicata nel 1989, definì come «la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, ossia per il bene di tutti e di ciascuno».

Nell’impegno per il bene comune si trova la chiave per accedere in modo reale e fattivo al necessario spirito di condivisione. Questo, a sua volta, è la base per una società veramente democratica e attenta ai bisogni di tutti. Se l’uomo vuole realizzare a pieno la sua dimensione sociale deve prendere consapevolezza dello stretto legame che unisce in modo indissolubile la comunità ed il bene comune.

Ma come portare i risultati di queste riflessioni e considerazioni teoriche nella pratica didattica? Il trait d’union, il mediatore, e già esistente e si chiama service learning. La sua base teorica risiede nella teoria dell’apprendimento esperienziale postulato da John Dewey.

La comunità, non intesa come un gruppo di persone che abitano lo stesso luogo, può diventare un campo di esperienza se la si intende come un insieme di persone che condividono obiettivi, idee e azioni volte alla partecipazione attiva e concreta per la realizzazione del bene comune. Il servizio alla comunità e l’apprendimento sono stati riuniti e integrati dall’approccio pedagogico del service learning che è in grado di conciliare lo studio delle discipline con l’educazione alla solidarietà ed al servizio. Tale approccio è caratterizzato dalla relazione di reciprocità tra apprendimento e servizio.

Il service learning viene ufficialmente riconosciuto nel 1993 con il Trust Act of National and Community Service (documento in inglese). Come accennato nelle righe precedenti, il service learning si basa sul pensiero di John Dewey che sosteneva l’importanza dell’apprendimento esperienziale nel sostenere gli studenti sia per la parte concernente l’apprendimento dei contenuti disciplinari, sia nello sviluppare competenze utili per la risoluzione di problemi reali. Nel service learning il punto qualificante è la riflessione. Essa ne rappresenta il passaggio fondamentale in quanto permette di prendere coscienza e continuare ad impegnarsi in azioni di solidarietà. Tale approccio promuove e potenzia il collegamento tra l’apprendimento scolastico ed esperienziale con lo sviluppo del senso di responsabilità e di attenzione all’altro.

L’approccio del service learning è da intendersi come un processo a struttura ciclica, infatti, in esso si possono distinguere tre fasi collegate in modo circolare:

  • la preparazione
  • il servizio
  • la riflessione

Questi quattro pilastri dovrebbero costituire la solida base motivazionale anche della scuola moderna.

Il punto di partenza di un’attività di service learning è la preparazione il cui punto di repere deve essere un ambito disciplinare. Ancora meglio quando più discipline riescono ad individuare un problema alla cui risoluzione possono collaborare le rispettive peculiarità, caratteristiche, linguaggi ed operatività.

Bisogna, quindi, identificare ed analizzare, sempre insieme ai ragazzi, un bisogno, una situazione vissuta come problema. A questa fase deve seguire una riunione plenaria, cioè di tutta la classe, per ipotizzare gli interventi risolutivi. A tal fine docenti e studenti, insieme, devono cercare e creare contatti con la comunità di riferimento per indagarne le necessità. Bisogna, quindi, fare un’attenta analisi delle risorse disponibili ed ipotizzare strategie risolutive.

In questa fase, tra le risorse, bisogna annoverare le associazioni di volontariato e le cooperative sociali che operano sul territorio e che possono rappresentare uno strumento fondamentale. Altra cosa da non trascurare è quella di integrare la fase di preparazione con la ricerca di eventuali articoli ed altri lavori sull’argomento scelto.

Bisogna sempre ricordarsi, però, di bilanciare equamente servizio ed insegnamento, per cui è bene fare comunque riferimento ai contenuti disciplinari.

Alla fase di preparazione segue il servizio vero e proprio, cioè la fase dell’azione. L’azione è la fase centrale del processo e la sua importanza risiede nel fatto che gli studenti entrano in effettivo contatto con la comunità nel momento in cui si apprestano ad espletare il servizio precedentemente individuato e condiviso. L’importanza di questa fase sta nel fatto che durante l’azione lo studente sviluppa abilità e competenze, interagisce con gli altri, si mette alla prova e si rende conto delle proprie potenzialità e dei propri limiti. Quindi, il service learning riveste molta importanza anche ai fini dell’orientamento. L’azione potrebbe rappresentare un momento critico in quanto il contatto diretto con la comunità potrebbe ingenerare ansie e paure. È, però, anche un momento di crescita in quanto il sapere teorico viene trasformato in azione concreto e questo, se ben gestito, aiuta a superare ansie e paure.

Altro momento gratificante insito nella realizzazione di progetti di service learning è che in essi si esplica il fine educativo di prendere consapevolezza di far parte di una comunità e di mettersi a disposizione per sostenerla. È proprio in questa fase che si realizza un’integrazione fra l’apprendimento disciplinare e l’attività solidale che dà corpo e senso all’auspicato movimento della scuola verso la realtà in cui è immersa e viceversa.

La terza fase, la riflessione, è quella più qualificante di tutta la metodologia. Essa è parte essenziale perché consente l’interiorizzazione cosciente e critica di quanto appreso, sia dal punto di vista disciplinare sia da quello sociale e solidaristico. È grazie a questa fase che il pensiero riesce a cogliere gli aspetti più significativi, aprendosi al confronto con gli altri e con le loro idee. La riflessione costituisce il punto chiave in quanto rende possibile il passaggio dall’azione-servizio all’apprendimento disciplinare ed educativo durevole e dà senso e significato profondo sia al servizio sia all’apprendimento. Per quanto finora affermato, la riflessione, oltre al momento finale, si deve esplicare in tutto il corso del progetto di service learning.

Considerazioni finali

Attraverso il service learning l’apprendimento disciplinare viene favorito in quanto l’esperienza diretta aiuta ad approfondire le conoscenze acquisite e le consolida nel tempo rendendole più durevoli e facilmente trasferibili anche in altre situazioni.

Grazie all’attività sul campo, gli studenti comprendono che non devono imparare solo per sé stessi ma anche per gli altri. Il sapere viene finalizzato a trovare soluzioni a problemi reali e ad organizzare iniziative di vario genere. Questo, a sua volta, stimola la creatività e la fantasia ed aumenta la motivazione ad apprendere. Il service learning, inoltre, va nella direzione di una didattica transdisciplinare in quanto è in grado di coinvolgere più discipline che siano strumentali alla risoluzione del problema selezionato.

In ultimo, ma solo per elencazione, le attività di servizio legate all’apprendimento inducono benefici effetti sulla sfera del sé e della propria identità. I giovani, infatti, nell’incontro con i problemi della comunità si pongono domande su loro stessi e sul loro futuro.

Il service learning è sicuramente un’esperienza da considerare e da mettere in campo almeno una volta per rendersi conto delle sue potenzialità.

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