La scuola è aperta a tutti

La scuola è aperta a tutti

29 Luglio 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Nel mese di giugno 2020 è stato istituito dall’USR della Calabria il Tavolo regionale per la riapertura delle scuole e l’avvio dell’A.S. 2020-2021. Le funzioni richieste al tavolo consistono nel “monitoraggio degli aspetti logistici e organizzativi delle istituzioni scolastiche, di individuazioni delle situazioni di maggiore criticità e di adozione delle misure necessarie a consentire il regolare avvio dell’anno scolastico 2020-2021”.

Ho avuto l’onore di essere delegato dal Forum del Terzo Settore regionale della Calabria a far parte del tavolo per cui posso fornire qualche notizia e qualche impressione di prima mano.

Tanto per essere chiari sin dall’inizio, quello che doveva essere un tavolo di lavoro, un tavolo in cui si sarebbe dovuto affrontare e riflettere in modo pragmatico e propositivo sul Piano scuola 2020/2021, si è sin da subito appalesato come un’ennesima passerella, una reiterata fiera delle vanità, ma non da parte dell’USR e dei suoi dirigenti, bensì dai componenti: sindacalisti, politici e rappresentanti dei presidi e dei genitori. Ogni componente, infatti, ha colto l’occasione per vivere il suo ruolo fossilizzato dalla consuetudine di atteggiamenti e comportamenti che hanno fatto diventare immutabili. Il tavolo di lavoro, ghiotta occasione per mettere in comune proposte e visioni, è stato trasformato in un’ennesima occasione per rivendicazioni e recriminazioni di stampo politico e sindacale. Non era il luogo e non era il momento!

Il tavolo di lavoro si è riunito due volte. La prima volta è stato il 3 luglio in occasione dell’insediamento, mentre la seconda volta è stato il 13 dello stesso mese, in occasione della visita della ministra Azzolina, che ci ha onorato della sua presenza. Una breve parentesi a proposito della nostra ministra dell’istruzione. Per me è stata una piacevole sorpresa, infatti, per quanto attaccata, come da prassi, sia politicamente sia dal punto di vista sindacale, ha risposto con decisione e conoscenza dei fatti, supportando le sue risposte con dati e con cifre. Chiaramente, scusate la nota di folklore, tutti quelli che con lei hanno polemizzato, alla fine dell’incontro hanno sgomitato per fare un selfie con l’autorità, in modo da poterlo esibire agli amici, o magari postarlo su Facebook.

Il problema della riapertura delle scuole non è certo un problema di poco conto, al contrario, molte sono le variabili in gioco ed ognuna in contrasto con tutte le altre. Da una parte il ministero vorrebbe far ripartire la macchina organizzativa, anche perché pressato dalle famiglie che vedono la scuola come il posto migliore per lasciare i loro figli mentre sono al lavoro. Ma la ripartenza deve avvenire nel pieno rispetto delle misure di sicurezza, in primis il distanziamento sociale di almeno un metro che, però, si scontra con il numero di alunni per classe e con la dimensione delle aule che, nella maggioranza dei casi, non sono adeguate. Vi sono, poi, le perplessità dei dirigenti scolastici che sono chiamati a far fronte ad una necessità totalmente nuova e che sono investiti da responsabilità non previste nelle loro regole di ingaggio. In Italia è molto in voga il gioco dello scaricabarile delle responsabilità. Il governo scarica buona parte delle sue responsabilità sul ministero, questo sugli USR, questi sui dirigenti scolastici. Il dirigente scolastico rappresenta il collettore finale di tutti i problemi, sia quelli strutturali, sia quelli più spiccioli, legati strettamente al contesto ed alla contingenza del momento. Sarebbero i dirigenti che dovrebbero trovare una risposta alla carenza di spazi, sono i dirigenti che devono barcamenarsi con la carenza di personale. Sono sempre i dirigenti che dovranno gestire i più che probabili assembramenti in concomitanza dell’entrata e dell’uscita degli alunni. Il problema, forse, sarà meno sentito alla scuola dell’infanzia dove le regole relativa all’entrata ed all’uscita sono più elastiche e flessibili. Ben diversa, però, diventa la situazione nel caso della scuola secondaria di primo grado ed ancora più problematica nel caso della scuola primaria. L’ipotesi più razionale e, probabilmente, più facilmente applicabile, è quella di scaglionare le entrate e le uscite delle vaie classi in un arco temporale che non deve essere, però, molto ampio. In questo caso subentra un ulteriore problema: i trasporti. Gli scuola bus, in genere, sono occupati anche oltre la capienza nominale. Con questo stato di cose non si può certo continuare una simile abitudine che poteva essere tollerata fino a prima della pandemia. L’entrata sfalsata comporta una doppia corsa per ogni scuola bus con conseguente raddoppio dei costi. Ancora più grave, almeno in alcune zone, è il problema legato alle infrastrutture stradali ed alla collocazione delle abitazioni dei ragazzi, sparse in un territorio relativamente ampio.

Il tavolo di lavoro, così come indicato sulla lettera di accompagnamento del “Piano scuola 2020-2021” doveva raccogliere i dati relativi alla “ricognizione del quadro esigenziale, in termini di spazi, arredi e, di conseguenza, di personale docente e non”. Questo al fine di promuovere un processo di riflessione organizzativa e didattica su “quanto le scuole sono riuscite a mettere in atto, valorizzando gli ambiti dell’autonomia scolastica e fornendo spazi di coordinamento finalizzati a coinvolgere i diversi attori in un rinnovato patto di corresponsabilità educativa”.

Penso che la risposta al problema stia proprio in questa richiesta di un nuovo patto di corresponsabilità che non deve vedere coinvolti solo la scuola, gli studenti e le famiglie, ma tutti gli attori coinvolti nell’organizzazione e nel funzionamento di questa complessa macchia che è la scuola. Il problema del COVID-19 ha intaccato tutti gli ambienti, ha intaccato anche ogni nostra sicurezza, rendendoci tutti più deboli e generando un senso diffuso di disorientamento. Se si vuole uscire da questa crisi ognuno deve fare la propria parte e la parolina magica è buon senso, proprio quello che sembra mancare, anche nei tavoli di lavoro. Chiunque si sente in diritto di parlare e di fare affermazioni che creano ulteriore disorientamento, chiunque si arroga il diritto di prese di posizione quasi mai suffragate da dati di fatto o da solide basi scientifiche, tutti sono sempre pronti a criticare una qualunque proposta che tenta di risolvere, con tutte i compromessi del caso, una parte del problema. L’ultima è quella che riguarda i banchi singoli che non avrebbero una che è una caratteristica favorevole. Ci si dimentica, ad esempio, che i banchi singoli permetterebbero una disposizione flessibile del gruppo classe, ad esempio per gestire un circle time, un lavoro a gruppi variabili o qualunque altro accorgimento che un docente attento e pieno di passione potrebbe inventarsi per agevolare l’apprendimento e motivare adeguatamente i propri alunni. Una cosa è la riflessione critica, ben altra cosa è il fare il bastian contrario per mettersi in mostra, per darsi delle arie di saccente che non giovano alla comunità e nemmeno al singolo. Come ho letto da qualche parte, oggi l’essere è stato spodestato dall’apparire e per apparire bisogna avere sempre qualche cosa da dire, peccato che nella frenesia di dare una forma alla risposta molto spesso sci si dimentica della sostanza. Basterebbe avere un po’ di voglia e tanta pazienza per rendersi conto di quante contraddizioni contraddistinguono i tuttologi moderni. A partire da coloro che si autodefiniscono, con molto ottimismo ed altrettanto pressapochismo, politici, ma che la politica non sanno neanche cosa sia.

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