
Del bene e del male
“Non tutto il male vien per nuocere” è un vecchio proverbio, distillato di saggezza popolare che in questi tempi bui dovremmo riprendere per una riflessione che porti verso nuovi paradigmi, in tutti i campi, anche nella scuola.
In Italia le crisi sono ricorrenze comuni, tanto da costituire quasi la normalità, in pratica sono diventate patrimonio comune e costante della nostra quotidianità. Il corona virus, però, ha scardinato anche questa sicurezza mettendoci di fronte ad una situazione completamente nuova e non affatto facile da gestire.
L’infezione da virus COVID-19, anche detto SARS-CoV-2, ha ormai imposto il suo status di pandemia. È presente, infatti, con numeri importanti, in tutti i continenti. La sua azione è molto più efficace di qualunque sciopero, per quanto partecipato possa essere. Infatti, non ha bloccato una multinazionale p un settore produttivo, ma l’economia intera di diverse nazioni.
Per quanto riguarda la nostra penisola, si parla di una contrazione del PIL che supera l’11%. Sono molti, inoltre, gli specialisti che parlano di una possibile nuova ondata nel prossimo autunno. Ad onor del vero, però, ogni giorno ne sentiamo delle nuove, spesso in contraddizione tra di loro, da parte di virologi, veri o presunti. In effetti il COVID-19 ci ha fatto scoprire che l’Italia, oltre ad essere un Paese di santi, poeti e navigatori, è anche un Paese di virologi. È molto sentita la mancanza di un riferimento autorevole, che goda di una legittimazione condivisa. La situazione che si è venuta a creare nel campo della comunicazione provoca un disagio ancora maggiore, in quanto non abbiamo nessuna certezza del nostro agire, anche se qualche comportamento sembra essere accettato da tutti.
Anche lo stesso Comitato Tecnico Scientifico (CTS) sembra non essere caratterizzato da queste proprietà, sembra non riuscire ad ispirare quella fiducia e quella autorevolezza di cui tutti sentiamo la necessità.
Il nostro governo sembra orientato alla prudenza, sembra più attento alla salute che non all’economia. Ma, fu vera gloria? Oppure non vuole esporsi più di tanto per non perdere consensi? Dopo oltre tre mesi di chiusura più o meno totale di tutte le attività produttive, l’economia nazionale, così come quella delle famiglie, ne ha risentito pesantemente, per cui l’attenzione si sta focalizzando quasi esclusivamente sull’economia, sia che si accetti o meno la politica di prudenza del governo. Ben pochi sono quelli, invece, che si stanno interessando dei effetti negativi che la pandemia, per mezzo della didattica a distanza, potrà aver sulla scuola. Gli unici a parlarne, spesso a sproposito ed in modo strumentale, sono i politici dell’opposizione a cui non sta bene alcuna decisione del governo, senza, però, fare delle proposte concrete, fattibili e suffragate da percorsi di realtà.
L’Italia è stato, in Europa, il Paese che per primo ha chiuso le scuole ed è fra i sette Paesi che ancora non le hanno riaperte.
Sono molti, anche tra i politici coloro che pensano alla scuola come a qualche cosa al di fuori delle dinamiche economiche e sociali. Per quanto riguarda il punto di vista economico, considerano solo le risorse che la scuola assorbe. La scuola, invece, è parte attiva, soggetto in grado di svolgere un ruolo di primo piano, al pari di tanti altri protagonisti, nello sviluppo, non solo culturale e civico di una nazione, ma anche economico.
Questa pandemia che ancora interessa, per quanto in Italia i suoi tragici effetti si siano attenuati di molto, ha reso necessario, sempre in ossequio al principio di prudenza, passare alla didattica a distanza. I problemi connessi a tale modalità di erogazione della cultura non sono pochi. Infatti, secondo alcune ricerche, ben il 12,6% dei ragazzi non avrebbero potuto usufruirne, seppure per motivazioni diverse. Con tutto il bene che se ne possa dire, però, la didattica a distanza non può certo far fronte alla quota di insegnamento non formale ed informale che viene dallo stare in gruppo e dal condividere gli stessi spazi. Anche lo stesso distanziamento sociale non va certo nella direzione di creare relazioni per quanto sia sicuramente meglio di una asettica interfaccia elettronica.
Anche sul piano economico i problemi legati alla didattica distanza non mancano, vi sono, infatti, studi secondo cui ogni giorno di didattica a distanza costerebbe allo Stato circa 800 milioni. I criteri di calcolo sono basati sulla situazione dei Paesi nordici -Svezia, Norvegia, …- dove la didattica a distanza è molto più efficace perché è praticata da molto tempo, il lascia facilmente intendere che in Italia la situazione sia più grave.
Ma anche sul piano politico la scuola è poco considerata in quanto non la si vede come un luogo in cui pescare voti. In questo sono molto più avvantaggiati i metalmeccanici. Non sanno, però, i politici che la Democrazia Cristiana, partito di maggioranza per lunghi decenni e poi spazzato via dall’indagine Mani Pulite condotta dal magistrato Antonio Di Pietro, poi divenuto politico a sua volta, ha sempre tenuto in alta considerazione la scuola anche da questo punto di vista. Ebbene, la Democrazia Cristiana non ha mai ceduto lo scranno di viale Trastevere ad altri partiti, ma lo ha sempre tenuto per sé. E la Democrazia Cristiana di voti se ne intendeva.
Ancora, il personale della scuola è quello più sindacalizzato. Eppure, con tutta la sua forza il sindacato non è riuscito a rinnovare la scuola, anzi non è riuscito neanche ad evitare una riduzione degli stipendi che in nessun altro Paese dell’Europa è stata così forte.
Se si continua, pandemia a parte, a depotenziare la scuola e ad abbassare le richieste che ad essa si rivolgono, andremo verso una società che sarà sempre più descolarizzata ed una società siffatta non può se non produrre mostri. Già oggi se ne vedono in giro diversi. Si pensi ai femminicidi ed alla violenza che sempre più spesso esplode tra adulti e tra ragazzi. La rissa del sabato sera è diventata quasi una normalità. Gli individui non danno più senso alle cose così come non ne danno ai loro comportamenti ed atteggiamenti. La famiglia, in genere, soccombe nei confronti della società. Non riesce a contrastarne le richieste ed i loro effetti. È di questi giorni la notizia di altri due ragazzini di 15 e 16 anni che, per stare alla pari del gruppo, hanno comprato del metadone che, probabilmente insieme ad altre sostanze e ad alcolici, li ha uccisi. Ora è indagato il pusher che per 15 € ha venduto loro la sostanza che li ha uccisi. In tal modo la società si mette a posto con la sua coscienza. È chiaro che non è così. È chiaro che fino a quando la società degli adulti farà passare messaggi fuorvianti, fino a quando considererà banalità i valori universali del rispetto verso sé stessi e verso gli altri, fino a quando l’accoglienza e l’attenzione all’altro sarà solo merce elettorale, di sicuro non vi potranno essere miglioramenti, anzi si proseguirà in questo degradamento ed abbrutimento. Alcune competenze si acquisiscono da piccoli grazie all’opera congiunta della famiglia e della scuola. Entrambe le agenzie educative, però, devono godere della necessaria legittimazione sociale che ora latita, e parecchio.
Dovremmo sfruttare questo periodo di crisi legato alla pandemia per ristrutturare dalle fondamenta tanti aspetti della nostra vita sociale che sono andati via via logorandosi fino ad assumere connotati che nulla hanno in comune con l’aspetto originario. C’è bisogno di un’inversione di tendenza da parte di forze fresche e motivate verso un cambiamento vero ed efficace.
Articoli correlati:
- Una scuola a maglie larghe
- Un dovere costituzionale
- Regole e buon senso
- Siamo alle solite
- La mission della scuola
- L’insegnamento di educazione civica
- La scuola: diritto e dovere
- Una nuova alleanza
- Virus e individualismo
- Didattica a distanza