La fionda

La fionda

11 Luglio 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Mi diventa difficile pensare ed ancor di più ricordare il mio primo giorno di scuola come docente di matematica e scienze. In fin dei conti sono passati quasi cinquant’anni: mezzo secolo! Ricordo, invece, con più di qualche dettaglio, la mia immissione in ruolo, prima in Provveditorato, poi a scuola. Mi è rimasto il ricordo di quella particolare e strana sensazione di appagamento e di gratificazione, mista anche ad un po’ di preoccupazione.

Il perché di questo rigurgito di nostalgia è da ascrivere al fatto che, in una delle mie innumerevoli ricerche in internet, mi sono imbattuto in un racconto di Giovanni Mosca, tratto dal volume Ricordi di scuola (Rizzoli, 1939), dal titolo Il conquistatore della quinta C. Il racconto è ambientato nei primissimi decenni del 1900. Si parla di classi di ben 40 alunni, altro che classi pollaio! E si parla anche di ragazzini terribili. Se non esistono più le classi di 40 alunni, esistono ancora oggi i ragazzini terribili, molto probabilmente spalleggiati dai loro genitori, che rendono il lavoro del docente sempre più difficile, difficoltà che va ad aggiungersi alla complessità del compito da svolgere.

Quello che si chiedeva alla scuola un secolo fa era solo che gli alunni sapessero leggere, scrivere e far di conto: nulla più. Oggi alla scuola è richiesto un servizio molto più complesso, in termini di proposte, di percorsi e di obiettivi. Molto simile, nella sostanza, rimane l’atteggiamento dei ragazzi.

Il maestrino di fresca nomina, poco più che ventenne, capita in una classe molto turbolenta che riesce a conquistare grazie ad una sua competenza ben al di fuori dei canoni classici: colpire un moscone in volo con la fionda! Una simile competenza non si potrà mai acquisire in nessun corso universitario, né in nessun master o webinar. Il maestrino ha colto al volo, con prontezza e creatività, non solo il moscone, ma anche l’occasione che gli si era presentata davanti di conquistare la terribile quinta C. Il suo gesto, coronato da successo, ha fatto presa sui suoi quaranta discoli, che da quel momento in poi lo hanno visto come uno di loro, perché aveva i loro stessi interessi, elevandolo a capo, a persona degna del loro rispetto.

Certo, non sto qui a proporre un corso accelerato di tiro con la fionda ad elastico, ma dobbiamo andare alla radice, all’insegnamento profondo del racconto.

Il maestrino, ancora scevro dalle infrastrutture culturali imposte dal sistema costituito, ha colto pienamente il cuore del problema: impattare sugli interessi veri dei suoi alunni per motivarli e per coinvolgerli.

Ero ancora supplente quando mi capitò un incarico abbastanza lungo in una scuola di provincia gestita da un preside, allora si chiamavano così, che era rimasto ancorato a vecchi principi. Era rimasto abbarbicato ad una scuola esclusiva e classista, infatti il corso A era quello destinato ad accogliere gli alunni più meritevoli, non per profitto ma per censo. A tale corso erano riservati i docenti ‘migliori’ ed insegnare nel corso A era punto di merito. Si scendeva, quindi, di livello con il progredire del posto alfabetico. A me capitò il corso F, l’ultimo della lista, per cui vi lascio immaginare il livello sociale degli alunni. Una classe alquanto sgarrupata (scusate la citazione alta) formata da 25 ragazzi di umili origini, tant’è che la maggior parte di loro a mensa (ai bei empi del prolungato) si ingozzavano perché non avevano sicurezza della cena. L’interesse per la matematica e per le scienze, eufemisticamente, latitava. Ebbene, ad un certo punto ho chiesto ad ognuno dei miei alunni quale fosse l’argomento e la cosa, nel campo scientifico, che più gli piacesse fare, che più lo interessasse. Partendo dalle loro risposte ho dato vita ad una serie di percorsi personalizzati sulle tematiche oggetto dei loro interessi. Da quel giorno la classe ha cambiato volto! Il rendimento migliorò sensibilmente non solo in scienze ma anche in matematica. In modo quasi inconsapevole, avevo pungolato e rafforzato la loro motivazione ed i risultati non si sono fatti attendere.

Risultati positivi si possono raggiungere solo quando ci si mette in ascolto attivo dei propri studenti, di ogni singolo studente. È l’adulto che deve chinarsi sul ragazzo per aiutarlo ad elevarsi verso un’adultità matura e responsabile. È ben poco remunerativo, infatti, in termini di risultati, imporre al ragazzo ritmi e comportamenti che non gli sono propri. Non possiamo pretendere che sia il ragazzo ad adeguarsi al nostro ritmo, al nostro modo di pensare e dii agire. È la scuola che deve andare verso il ragazzo per accoglierlo ed aiutarlo nella ricerca e nella costruzione del suo percorso di vita.

Il motore principale ed ineludibile è, senza ombra di dubbio, la motivazione ed è proprio su questa che dobbiamo puntare e concentrare tutte le nostre energie. A volte basta una semplice fionda…

È sufficiente leggere qualche semplice articolo sulla motivazione per sapere che esiste una motivazione intrinseca ed una motivazione estrinseca. La motivazione intrinseca si basa su obiettivi che afferiscono alla persona, quella estrinseca, invece, poggia su obiettivi richiesti dal contesto. Personalmente credo di più nella motivazione intrinseca che non in quella estrinseca. La motivazione estrinseca, infatti, come già accennato, poggia su obiettivi legati al contesto, all’ambiente, per cui potrebbe essere molto volatile. Basti pensare alle mode passeggere e fugaci che infatuano i diversi consumatori per una stagione e poi spariscono nel nulla. La motivazione intrinseca, invece, afferisce al vissuto della persona, alle sue convinzioni, diventa parte integrante, patrimonio dell’individuo, quindi, è più stabile e resistente.

Ogni docente dovrebbe prestare molta attenzione ai suoi ragazzi per cercare quale possa essere la fionda migliore, quella in grado di aprire le porte del loro interesse. Per quanto la tecnologia abbia reso molto più smaliziati bambini e ragazzi di oggi, essi devono ancora sottostare alle leggi della natura. Ci sarà, quindi, qualche cosa che preferiscono rispetto ad altre, ci sarà qualche argomento che li interessi più di altri. È su questi interessi, a volte vere e proprie esigenze, che il docente deve far leva per aiutarli a crescere. È questo il grimaldello per scassinare la loro armatura di disinteresse e di abulia ed innescare un circolo virtuoso che porti alla ricerca di senso e di gratificazione vera.

Così facendo, molti problemi che stanno asfissiando ed intorpidendo la scuola potrebbero essere superati, permettendo un lavoro molto più proficuo e gratificante per docenti ed alunni.

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