
I compiti di realtà
La scuola come la conosciamo oggi è la scuola delle competenze. I motivi che hanno portato a tale situazione sono molteplici ed afferiscono a necessità ed esigenze sovrannazionali che la scuola non poteva certo trascurare o ignorare.
Qualche esempio su tutti: l’aumentata mobilità nazionale ed internazionale e l’abbattimento delle frontiere nell’Europa Unita, oltre, ovviamente, alla globalizzazione.
Le competenze si acquisiscono nel tempo e poggiano sulla didattica del fare sia per la loro acquisizione, appunto, ma anche per la loro valutazione. Non possiamo certo fermarci, quindi, ad una semplice quanto sterile verifica, ma dobbiamo ipotizzare attività un po’ più complesse che si rifacciano ad esperienze reali o realistiche. Lo strumento che ci viene incontro e che si rivela essere di grande aiuto è costituito dai compiti di realtà o compiti autentici.
Per compito di realtà o compito autentico si intende una situazione-problema, quanto più vicina possibile al mondo reale ed al mondo del vissuto dei ragazzi, che può essere affrontata e risolta utilizzando conoscenze ed abilità precedentemente acquisite.
Per portare a termine un compio di realtà bisogna attivare capacità di problem solving nonché diverse abilità relative all’attività da esplicare in contesti che siano adeguatamente lontani, ogni volta un po’ di più, da quelli familiari e rassicuranti, ma non certo proattivi, della pratica scolastica.
Le attività da svolgere in seno ad un compito di realtà possono prevedere l’assolvimento di un qualsiasi incarico o la realizzazione di un progetto o, ancora, la costruzione di un qualche manufatto. L’unico limite è la fantasia dell’insegante o le richieste, spesso implicite e non verbalizzate, dei ragazzi.
Qualunque sia il compito di realtà scelto, però, esso non deve mai essere concepito come un impegno individuale, se non eventualmente per una piccola parte. Il suo svolgimento deve essere previsto almeno in coppia, meglio ancora nel piccolo gruppo. Alla fine, comunque sia stato portato a termine, deve prevedere momenti di riflessione collettiva e di condivisione con l’intera classe, cioè in un gruppo allargato. In tale occasione le riflessioni saranno illustrate al resto della classe con la metodologia del circle time che è quello che, meglio si presta in una simile occasione.
Da queste premesse, risulta che il compito di realtà si configura come uno spazio di autonomia e di responsabilizzazione dell’allievo.
Le caratteristiche che devono assolutamente connotare il compito di realtà sono principalmente due:
- devono presentare una evidente connessione con il mondo reale, che sia più diretta possibile,
- deve essere esplicitamente significativo per gli alunni in modo che essi siano sollecitati e motivati dalle sfide che in esso vengono proposte.
Anche per i compiti di realtà si può, anzi si deve, applicare la teoria della zona prossimale di Lev Vygotskij. Bisogna, cioè, fare in modo di collegare il compito di realtà nella zona più o meno ampia posta tra quanto già facente parte del bagaglio culturale dell’alunno e la zona del suo specifico sviluppo potenziale. In altre parole, il compito di realtà deve proporre una situazione che ancora non si conosce bene, ma possedendo tutti gli strumenti cognitivi per affrontarla e risolverla.
La progettazione e la programmazione di un compito di realtà devono prevedere, come già detto, un’azione basata sul fare, ma non solo. Bisogna proporre una richiesta abbastanza diversificata per la quale si renda necessario l’impiego di processi cognitivi complessi, quali il ragionamento, il transfer (l’applicazione di un concetto in un contesto diverso) per finire con il pensiero critico e divergente.
Un compito di realtà è veramente autentico se:
- garantisce di praticare e di consultare in modo appropriato le fonti necessarie alla sua soluzione;
- permette di ricevere feedback sulle prestazioni e di perfezionare i prodotti;
- gli insegnanti focalizzano l’apprendimento degli studenti attraverso una serie di cicli prestazione > feedback > revisione > prestazione.
Per progettare un compito di realtà efficace bisogna rispondere ad un certo numero di domande prima della sua stesura:
- È progettuale?
- È realistico?
- È operativo?
- Offre agli allievi spazi di responsabilità e di autonomia?
- È spendibile?
- È complesso?
- Necessita di conoscenze e abilità per essere realizzato?
- È trasversale?
- È auto-consapevolizzante?
- È elaborato socialmente?
Bene, dopo aver progettato e svolto il compito di realtà, come valutarlo?
Proprio perché il compito di realtà intende contribuire alla valutazione del livello di competenza maturato dall’allievo, la fase di progettazione e di programmazione deve prevedere la valutazione come momento importante di riflessione, di creazione di nuova conoscenza e di proposta di nuovi input.
Altro punto fermo è il coinvolgimento attivo dello studente anche nel processo valutativo delle sue competenze, punto assolutamente indispensabile per fruire appieno di tutti i vantaggi insiti nella proposizione e nell’effettuazione del compito di realtà.
La valutazione efficace di un compito di realtà è attività complessa per la quale possiamo servirci di una serie di strumenti diversi, in una qualsiasi loro combinazione, infatti uno non esclude l’altro, al contrario lo potenzia e lo sostanzia ulteriormente.
Tali strumenti sono:
- le rubriche di valutazione
- le schede di riflessione e di auto-valutazione
- le auto-narrazioni o autobiografie cognitive
- il diario di bordo
- il portfolio.
In conclusione, i compiti di realtà costituiscono un accessorio imprescindibile nel percorso di acquisizione delle competenze. Grazie ad essi, infatti, è possibile mettere i ragazzi in grado di coordinare conoscenze, abilità e capacità finalizzando tale attività alla soluzione di un problema più o meno complesso in cui il ragazzo stesso si mette in gioco e può rendersi conto in modo autonomo dei suoi punti di forza e delle sue criticità.
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