
Perché educare al volontariato
L’educazione civica, dopo alterne fortune, è diventata obbligatoria. Facendo altre considerazioni, le competenze trasversali, quali quelle relazionali e sociali, sono tra le più importanti e più difficili da fare acquisire. Non sempre si hanno le idee chiare su questi argomenti. Le scuole sono, in genere, impreparate ad affrontare efficacemente simili tematiche. Non ci potrebbe essere risposta più sbagliata di quella di fare ricorso a lezioni trasmissive, più o meno camuffate, sulla Costituzione, sugli organismi governativi nazionali e internazionali. I ragazzi, infatti, hanno bisogno del fare, non certo del solo ascolto. D’altronde, anche l’acquisizione delle competenze passa dalla cultura del fare. Tutte queste esigenze possono trovare un’efficace sintesi in un unico soggetto: il volontariato.
È ormai acquisizione comune ed abbastanza consolidata che la scuola debba rivolgersi al territorio come opportunità per tutti e da questo prenderne ed utilizzarne in modo critico ed efficace le risorse che esso mette a disposizione. Una disponibilità, quella del volontariato, che, in buona sostanza, è interessata perché vuole promuovere sé stesso.
Tanto la scuola quanto il volontariato perseguono il comune obiettivo della formazione del cittadino, per questo è bene che si crei un’alleanza formativa utile per entrambi. Il volontariato è un soggetto sociale molto sfaccettato per cui è in grado di offrire al ragazzo, ma anche alla scuola, un’ampia libertà di scelta. Ciò permette all’alunno di intraprendere un positivo percorso per fare chiarezza su sé stesso e per acquisire maggiore consapevolezza delle proprie inclinazioni, ma anche contezza dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
In questo lavoro di proposte ci deve essere un’alleanza tra le agenzie educative di socializzazione primaria -la famiglia- e secondaria -la scuola, alla quale è possibile associare anche la parrocchia e l’associazionismo.
Il volontariato rappresenta un laboratorio di idee e di iniziative esperite in un ambiente sicuro e protetto. Sta alla scuola utilizzare, nel rispetto di tutti, la parte che reputa maggiormente strumentale per portare avanti il percorso di costruzione del cittadino.
Nei numerosi documenti normativi costituenti il corpus legislativo riguardante la scuola, si parla spesso di cittadinanza attiva. Il volontariato non ne parla, la fa, la mette in pratica quotidianamente in tutti gli ambienti del vivere umano. Il volontariato, al pari della scuola, è profondamente inserito nella comunità di riferimento. Ma il volontariato, spesso molto più della scuola, ne sa ascoltare il respiro, ne conosce pregi e difetti, ha contezza dei bisogni e delle esigenze. E si attiva per dare ad esse risposte adeguate.
Affinché l’alleanza tra scuola, famiglie e volontariato sia efficace servono proposte formative originali, che vadano al di là del trito format scolastico costituito da aule e da lezioni frontali. Servono, invece, proposte che siano strutturate a partire da un’informazione rigorosamente autentica dei contenuti strumentali all’obiettivo, che si basino sulle testimonianze di volontari, capaci di trasmettere la passione e la positività prosociale delle esperienze vissute. A partire da esse, si possono proporre sedute di riflessione e di discussione per promuovere il confronto delle idee, senza vincoli.
In tal modo si va ad arricchire lo spirito e la mente dei ragazzi e degli adulti con dati di realtà vissuta. Sarebbe opportuno ed efficace affiancare a questa attività anche contatti di counseling rivolto agli studenti in modo che possano confrontare le proprie aspettative e le risorse intellettive e cognitive di cui sono in possesso con le necessità e le esigenze del territorio. Se ogni alunno, nella sua individualità e nella sua libertà di scelta, riuscirà a trovare il suo posto, avrà messo un altro tassello nel complesso puzzle del suo progetto di vita.
Il mondo del volontariato è un mondo pieno di opportunità e di potenzialità educative che la scuola dovrebbe imparare a cogliere ed a sfruttare al meglio, integrandolo nel proprio piano dell’offerta formativa.
Il volontariato può diventare un momento importante per la crescita personale dell’individuo. Esso è visto dai giovani come un percorso per la sperimentazione del sé, e in questo percorso la scuola non può certo essere assente, anzi deve collaborare attivamente, deve essere il soggetto trainante.
Grazie al volontariato il bambino, il ragazzo, l’adolescente, con la necessaria curvatura legata all’età, possono vivere un tirocinio di responsabilità, di capacità organizzativa e di interazione sociale, in ambiti diversi da quelli familiari e scolastici. Il volontariato, inoltre, rappresenta, una valida opportunità per un orientamento professionale perché permette di verificare le proprie attitudini e diversificare le proprie esperienze. Questo porta, anche, ad un arricchimento delle proprie competenze relazionali. L’attività in un’associazione di volontariato, per quanto transitoria possa essere, è in grado di generare abilità sociali -socievolezza, ascolto, comunicazione- che perdurano nel tempo. Questo capitale sociale acquisito nelle attività di volontariato diverrà parte integrante del bagaglio culturale e comportamentale dell’alunno.
Ma in un simile contesto, qual è il ruolo dell’educatore?
Compito dell’educatore sarà quello di sostenere, stimolare e potenziale le risorse umane possedute dall’alunno, pur sempre nel rispetto della sua individualità. Educare, infatti, non significa plasmare una persona, ma saperne valutare i limiti e le potenzialità, favorendo l’acquisizione di nuovi modelli di pensiero e di azione, che determinino un crescente livello di autonomia, di autostima e di senso di responsabilità.
Questo processo non può non essere guidato se non da educatori motivati e preparati, perché per lo studente è fondamentale non solo il saper dire dell’educatore, bensì, e molto di più, il suo saper far ed il suo saper essere. L’educatore si deve porre come agente di cambiamento e dovrà essere in grado di guidare e di aiutare il ragazzo ad aiutare correttamente.
Obiettivo dell’istruzione, e quindi della scuola, è quello di promuovere le potenzialità dell’alunno. Allora, cosa di meglio del volontariato che costituisce un ambiente protetto e facilitante, basato sullo sviluppo delle potenzialità positive in grado, per tale motivo, di prevenire il disagio, perché costituisce un contrasto significativo nei confronti di tutti quei fattori devianti che portano all’adozione di meccanismi di disimpegno sociale.
Il campo dove il volontariato è particolarmente incisivo è quello dell’educazione morale. La società attuale in questo campo fornisce una gran quantità di esempi che vanno nella direzione opposta, per tale motivo bisogna che la scuola si attivi per mettere un argine in grado di bloccare questo stato di cose. È la scuola che deve prendersi il carico e la responsabilità di creare una società migliore, non possiamo certo aspettare che la società si autocensuri.
Al centro dell’educazione morale trovano posto l’empatia ed il rispetto reciproco, gli stessi valori che stanno alla base del volontariato e della vita scolastica. La capacità di comprendere, mettendosi nel punto di vista dell’altro, permette all’individuo in formazione di partecipare attivamente alla vita familiare e sociale, prevenendo e correggendo eventuali comportamenti devianti. Tale azione è particolarmente incisiva nella pre-adolescenza (11-14 anni) e nell’adolescenza (14-18 anni), periodi della vita che rappresentano il momento evolutivo fondamentale per la formazione strutturale del futuro adulto. È un periodo, quello tra gli 11 ed i 18 anni, di transizione in cui si realizza una progressiva riorganizzazione che porta verso la definizione della propria identità e verso l’autonomia psicologica e sociale nei confronti degli adulti. In altri termini, possiamo affermare che il pensiero egocentrato, tipico di questo periodo evolutivo, deve essere gradualmente sostituito da un ragionamento ipotetico deduttivo e da un aumentato senso di responsabilità.
In questo tentativo di formazione non ci dobbiamo, però, far prendere la mano, ma dobbiamo ricordare che il processo dell’educazione è efficace quado la nostra proposta educativa è ad un livello adeguato alle capacità di apprendimento del soggetto, la zona di sviluppo prossimale di Vygotskij. Bisogna, quindi, tenere nella giusta considerazione l’età biologica del soggetto e le sue capacità cognitive.
Per superare le forme di egocentrismo caratteristiche dell’età pre-adolescenziale e adolescenziale è molto indicato proporre giochi di ruolo per portare il ragazzo a guardare le cose da un diverso punto di vista. Altra attività che può dare risultati in linea con le attese riguarda sedute di discussione su temi di attualità che implichino ragionamenti morali (la fame nel mondo, i nuovi poveri, l’immigrazione clandestina, …). In tal modo si stimolerà nel ragazzo la capacità di sviluppare un proprio punto di vista e la capacità di saperlo argomentare.
Il volontariato va inteso come un’esperienza emozionale correttiva, perché rappresenta l’esperienza concreta di un agire che trasforma l’educando in un soggetto attivo verso sé stesso, e verso gli altri, contribuendo a forgiare un’identità più strutturata, più consapevole e più aperta.
Nell’auspicabile alleanza tra scuola e volontariato sarebbe opportuno far ricorso all’approccio pedagogico del service learning.
«Il Service Learning è una proposta pedagogica che unisce il Service (la cittadinanza, le azioni solidali e il volontariato per la comunità) e il Learning (l’acquisizione di competenze professionali, metodologiche, sociali e soprattutto didattiche), affinché gli allievi possano sviluppare le proprie conoscenze e competenze attraverso un servizio soli
dale alla comunità. L’elemento innovativo di questa proposta sta nel collegare strettamente il servizio all’apprendimento in una sola attività educativa articolata e coerente. La sua implementazione consente simultaneamente di imparare e di agire e, in questo senso, si presenta come una pedagogia capace di migliorare l’apprendimento e, al tempo stesso, potenziare i valori della cittadinanza attiva. Partendo dalla convinzione che la cittadinanza non sia soltanto un contenuto da trasmettere, la proposta pedagogica del Service Learning non si limita a promuovere una maggior conoscenza degli aspetti che contraddistinguono tale valore, ma chiede agli studenti di compiere concrete azioni solidali nei confronti della comunità nella quale si trovano ad operare. Nel fare questo, gli studenti mettono alla prova, in contesti reali, le abilità e le competenze previste dal loro curriculum scolastico, e richiamate non solo dalle Indicazioni nazionali per il curricolo, ma dagli orientamenti internazionali, che esplicitamente raccomandano di collegare gli apprendimenti disciplinari alle competenze chiave o di cittadinanza. Attraverso questo tipo di esperienza, che integra apprendimento e servizio, gli studenti interiorizzano importanti valori (giustizia, legalità, uguaglianza, rispetto e cura per l’ambiente). La pedagogia del Service Learning offre strumenti didattici per lo sviluppo di comportamenti pro sociali, come l’aiuto, il servizio, la condivisione, l’empatia, il prendersi cura dell’altro, la solidarietà. Gli studenti sono protagonisti in tutte le fasi del progetto, dalla rilevazione dei bisogni, alla progettazione degli interventi, alle azioni messe in campo, alla valutazione degli esiti. Sperimentano, in questo mondo, la fiducia nei loro confronti, e diventano capaci di assunzione di responsabilità, di migliorare la qualità di vita delle persone, prendendosi cura degli altri e dell’ambiente. Attraverso l’approccio pedagogico del Service Learning si crea un solido legame tra scuola e comunità sociale. La comunità scolastica si apre sempre più al dialogo con i diversi attori presenti sul territorio: le famiglie, gli enti locali, il mondo produttivo, il Terzo Settore, il volontariato. Se, da un lato, la scuola è una risorsa per il territorio e un’occasione di sviluppo, dal momento che interviene direttamente con la propria azione educativa nella formazione dei futuri cittadini, dall’altro gli Enti e le Associazioni presenti sul territorio possono fornirle un sostegno e uno stimolo utilissimi, considerandola un proprio patrimonio da preservare e sviluppare ulteriormente. Inserito in una rete più ampia, l’apprendimento scolastico non è semplicemente ‘accademico’, e nemmeno investimento del singolo, ma si fa risorsa per la comunità ed è, al tempo stesso, ulteriormente potenziato proprio dal contatto con la comunità». Questa ultima parte è tratta dal sito della LUMSA, nell’area ad esso dedicato.
Articoli correlati:
- La comunicazione
- La mission della scuola
- L’insegnamento di educazione civica
- Una nuova alleanza
- Sapersi orientare
- Volontariato e cittadinanza
- Riflessioni sull’importanza delle relazioni
- Etica e dono
- Relazione tra scuola ed Avis
- I CSV: una risorsa per l’Avis e per la scuola
- Seminario di studi sul service learning