L’insegnamento di educazione civica

L’insegnamento di educazione civica

20 Maggio 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Con un tempismo molto discutibile, il 20 agosto 2019, l’allora ministro Bussetti ha emanato la legge n. 92 “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica”. All’art. 2, comma 1, si afferma che tale insegnamento entrerà in vigore dal 1° settembre del primo anno successivo all’entrata in vigore della legge. Per fortuna la legge è entrata in vigore giorno 5 settembre 2019, quindi ad anno scolastico iniziato, per cui l’insegnamento di educazione civica diventerà operativo nell’anno scolastico 2020-2021.

Per una strana coincidenza, l’entrata in vigore della legge ha coinciso con il cambio di guardia al dicastero di viale Trastevere, avendo Bussetti dovuto lasciare il posto a Fioramonti. È scoccata, allora, l’idea geniale: imponiamo un anno di sperimentazione! Tale sperimentazione, però, è stata bocciata senza appello dal Consiglio Superiore della pubblica Istruzione (CSPI) per una serie di motivazioni alle quali è impossibile opporsi per la loro razionalità talmente evidente fino quasi a sfiorare la banalità. Qualche critica, e non di poco conto, viene anche sollevata al dettato legislativo. Il risultato di tutto ciò è che il ministro Fioramonti, con la circolare ministeriale prot. 1830 del 12 settembre, ha annullato la sperimentazione della legge 92/2019 per l’anno scolastico 2019-2020 ed ha confermato la prosecuzione dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione, introdotto con la legge 169/2008.

Ma passiamo a analizzare qualcuna delle critiche mosse dal CSPI alla legge ed alla relativa sperimentazione. Per quanto riguarda la legge, viene fatto notare che manca il dovuto e necessario risalto alla solidarietà sociale, alla promozione del rispetto delle differenze, della parità di genere e delle minoranze linguistiche.

Molte perplessità nascono, poi, dal considerare l’educazione civica sia come “materia a sé stante” sia, contemporaneamente, come “insegnamento trasversale”. Le due cose non sono certo inconciliabili, però mancano delle indicazioni operative. Si potrebbe pensare che il docente titolare dell’insegnamento dell’educazione civica coordini gli interventi dei titolari delle altre discipline che dovrebbero farsi carico ognuno di una quota parte degli argomenti contenuti nella programmazione annuale relativa all’educazione civica.

Come esplicitamente e chiaramente riportato nel testo legislativo, il tempo da dedicare all’educazione civica non può essere inferiore a 33 ore annuali, il che si traduce in un’ora settimanale. Resta ferma la possibilità di modificare tempo, solo per aumentarlo, e frequenza grazie all’autonomia delle singole istituzioni scolastiche. Per trovare il tempo da dedicare all’insegnamento dell’educazione civica la legge consiglia, o comunque prevede, il ricorso alla quota del 20%. È difficile comprendere come ciò possa avvenire per una disciplina. Con tale modalità è molto più facile gestire un insegnamento esclusivamente trasversale, come potrebbe essere Cittadinanza e Costituzione, ma è molto meno semplice gestire un insegnamento strutturato in forma di disciplina. L’ora da dedicare all’insegnamento dell’educazione civica deve essere necessariamente tolta a qualche altra disciplina. Si potrebbe pensare all’insegnamento di lettere in quanto, avendo un monte ore maggiore, ha maggior facilità di manovra. In alternativa, si potrebbe pensare di togliere un’ora settimanale, a turno, alle altre discipline, sotto la coordinazione del docente titolare dell’insegnamento di educazione civica. In questo caso bisognerebbe prevedere una programmazione annuale a più voci ed a più mani per strutturare un percorso formativo in grado di offrire un livello di credibilità e di efficacia accettabile. Cosa che non sembra molto fattibile.

Si potrebbe, in alternativa, far ricorso alle unità orarie di 50 minuti. In ragione di un giorno alla settimana, le unità orarie si strutturerebbero in ragione di 50 minuti ognuna. Sommando i resti di 10 minuti per ciascuna ora della giornata si otterrebbe un’ulteriore unità oraria di 50 minuti da dedicare all’insegnamento di educazione civica. È chiaro che in questo caso le discipline in orario in quel giorno sarebbero penalizzate mentre le altre non sarebbero intaccate da alcuna decurtazione oraria. Si tratta di un rebus che il legislatore ha lasciato tutto sulle spalle delle singole istituzioni scolastiche.

Altro problema non affrontato dalla legge sull’introduzione dell’educazione civica norma è quello relativo alla valutazione. Infatti, la legge n. 62/2017 afferma che nel valutare il comportamento bisogna tenere conto di tanti criteri, comportamenti e valori che adesso ricadono nell’insegnamento di educazione civica. Secondo il dettato della D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 62, però, la valutazione del comportamento va espressa con un giudizio sintetico, mentre la valutazione dell’educazione civica va espressa con un voto in decimi.

Parlando di valutazione, però, non bisogna tralasciare la necessità di connessione delle modalità di verifica con le rubriche di valutazione, ma anche, se non soprattutto, l’integrazione degli obiettivi di apprendimento di educazione civica all’interno del patto di corresponsabilità educativa.

Ancora, prima dell’inizio dell’anno scolastico 2020-2021 ogni scuola è chiamata a riflettere per chiarire il rapporto che deve interconnettere e legare la nuova disciplina ai comportamenti sociali e civici, anche alla luce delle otto competenze chiave per l’apprendimento permanente emanate dal Consiglio d’Europa il 22 maggio 2018. Infine, il dirigente scolastico deve verificare la piena attuazione del disposto di legge e la sua coerenza con il PTOF.

Molto più facile risulta elencare gli obiettivi e le finalità della legge in questione, tutti condivisibili. Per prima cosa bisogna dire che la legge promuove la dimensione civico-sociale delle discipline da valorizzare e potenziare per superare l’artificiosa separatezza tra le discipline stesse. Nello specifico, la legge in esame si prefigge di sviluppare le competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica. Attraverso la valorizzazione dell’educazione interculturale ed alla pace, dell’assunzione di responsabilità e della cura dei beni comuni. Imprescindibile risulta l’acquisizione della consapevolezza dei diritti e dei doveri come base di partenza necessaria per una cittadinanza attiva e responsabile.

Passo importante nel dettato legislativo è quello inerente la conoscenza della Costituzione italiana e delle istituzioni dell’Unione europea, propedeutica alla promozione dei principi di legalità, della cittadinanza attiva e digitale, ma anche della sostenibilità ambientale, al diritto alla salute ed al benessere della persona quale primario diritto per tutti. Tra i contenuti vi è un chiaro riferimento all’agenda 2030 per la sostenibilità ambientale.

L’educazione civica poggia sulla conoscenza della Costituzione per sviluppare competenze ispirate ai valori della responsabilità, della legalità, della partecipazione e della solidarietà. Per quanto riguarda quest’ultimo valore, mi corre l’obbligo di esplicitare una mia personale critica. A fronte del grande risalto dato all’educazione ad un corretto utilizzo delle tecnologie informatiche, viene dato solo un rapido cenno all’eventuale collaborazione con altre istituzioni, con il volontariato ed il terzo settore. L’attenzione viene dedicata quasi esclusivamente al cyberbullismo. Sicuramente un corretto utilizzo della rete è importante sia per sfruttare al meglio le potenzialità della rete sia, ed ancor di più, per evitare fenomeni deleteri come il già citato cyberbullismo. Non si vuole certo minimizzare la criticità e la negatività del cyberbullismo che può causare conseguenze a volte addirittura tragiche, ma esso è pur sempre un effetto di cause che stanno a monte. Per curare o attenuare gli effetti bisogna, quindi, intervenire sulle cause.

Oggi si sta diffondendo un’altra pratica: il body shaming. La traduzione letterale è “far vergognare qualcuno del proprio corpo”, quindi, il costrutto body shaming sta a significare deridere qualcuno per il proprio aspetto fisico. In tale atteggiamento bisogna considerare sia il punto di vista di chi offende sia quello di chi si sente offeso. Chi offende manca dei valori della solidarietà, della responsabilità, del rispetto e dell’accoglienza delle diversità. Il soggetto offeso, invece, manca di senso critico per giudicare con il necessario distacco le offese ricevute. Infatti, se le giudica vere dovrebbe attivarsi per modificare, se possibile, il suo aspetto. Nel caso in cui non è possibile intervenire sul proprio aspetto, dovrebbe trovare la forza di non considerarli potenziando la sua capacità di resilienza.

Al volontariato, come contro altare all’educazione informatica, viene lasciato soltanto un rapido cenno. Il volontariato, al contrario, molto più del terzo settore, può rappresentare una risorsa praticamente illimitata presso la quale attingere esempi e competenze nel campo della cittadinanza attiva, della responsabilità e della solidarietà, caratteristiche che è in grado di condividere con il mondo della scuola.

Altro punto sicuramente positivo è la richiesta di una maggiore collaborazione con le famiglie.

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