
Sulla valutazione
L’insegnamento è un’attività complessa che richiede il possesso di conoscenze, abilità e competenze molto diversificate. Le sue caratteristiche non permettono che esso possa connotarsi pienamente come una scienza esatta. Al contrario si tratta di una scienza empirica che certamente poggia su basi scientifiche più o meno solide, ma poggia forse ancor di più sulla sensibilità del docente, sulla sua capacità empatica di leggere e di interpretare correttamente gli innumerevoli segnali che vengono da ogni alunno di cui deve curare la crescita culturale e la maturazione umana.
Quella del docente è una professione che ha bisogno di continue conferme e per ottenerle egli deve lasciarsi coinvolgere e reinventarsi ogni giorno. Questo lavorio continuo non può non basarsi se non sulla corretta interpretazione dei feedback degli interventi effettuati. Questa continua attività di lettura ed interpretazione dei risultati inizia, prosegue e si conclude con la valutazione.
La scuola italiana si porta dietro, purtroppo, un pesante deficit di cultura della valutazione, aggravato dall’uso distorto che per tanto tempo è stato fatto di questo termine, ridotto a sinonimo di giudicare. Valutare non deve essere sinonimo di giudicare ma di conoscere e conoscersi. È riflettere sul proprio operato per migliorare il proprio lavoro e la propria professionalità.
Quella del docente è una professione profondamente intrisa e basata sull’etica e sull’empatia e questo è un principio che non bisogna dimenticare mai perché si ha a che fare con bambini, ragazzi ed adolescenti che costituiscono il capitale umano su cui conta la società attuale e quella futura, ma che hanno anche una loro dignità come persone.
La valutazione deve essere concepita e vissuta come efficace strumento per coltivare e potenziare il capitale sociale ed umano. è il perno su cui è incardinato lo sviluppo dell’individuo, della scuola e, quindi, della società.
Ma fissiamo bene le idee e condividiamo una definizione di valutazione. Io ho optato, in questa sede, per quella data da Mauto Palombo nel 2001: «Per valutazione si intende l’azione di giudicare un’azione intenzionale, sia essa già progettata, oppure in corso di realizzazione o, infine, realizzata, a fronte di un prefissato criterio e sulla base di informazioni pertinenti».
Quando si parla di valutazione scolastica bisogna avere ben chiari alcuni punti fermi. Intanto, bisogna avere la consapevolezza che è irrinunciabile passare dalla valutazione DEGLI apprendimenti alla valutazione PER GLI apprendimenti. Cioè la valutazione deve essere finalizzata a fare in modo che lo studente, bambino, ragazzo o adolescente che sia, tragga beneficio dalla valutazione. È necessario che il momento valutativo faccia capire allo studente dove ha sbagliato, ma anche come e perché ha commesso quel dato errore. Sarebbe opportuno che il docente comprendesse e condividesse il percorso logico dello studente che lo ha portato a sbagliare. In tal modo l’alunno non vivrebbe più la valutazione come un atto ritorsivo o una punizione o ancora come un momento da temere, ma solo come un prosieguo del percorso formativo. La valutazione, però, non deve solo mettere in evidenza gli errori ma deve anche sottolineare i progressi che lo studente fa registrare nel corso dell’anno. La gratificazione incide, potenziandola, sulla motivazione che è il motore in grado di farci avanzare speditamente e senza intoppi nel percorso di crescita culturale, formativa e umana.
Nella definizione del Palumbo si parla di un prefissato criterio il che implica che la valutazione debba essere caratterizzata dall’oggettività. Sicuramente questo è l’obiettivo cui tendere però nella valutazione, comunque la si conduca, entra sempre il fattore soggettivo. La valutazione, infatti, è un’inferenza o giudizio che si effettua sulle informazioni raccolte. Il docente, sia come individuo sia come componente del Consiglio di classe o del Collegio dei docenti, può e deve intervenire sulle informazioni, cioè deve stabilire i criteri basandosi sul lavoro fatto e sulla proposta formativa esperita, ma l’influenza del soggetto che valuta è pur sempre un fattore soggettivo che risente della cultura, delle competenze e della sensibilità del valutatore.
Se si vuole una scuola di qualità non si può fare a meno di una valutazione di qualità. In questo caso, la qualità non viene garantita esclusivamente attraverso rigidi standard per i servizi o con verifiche sistematiche tra prestazioni erogate e protocolli definiti, che rivestono pur sempre la loro importanza, ma soprattutto grazie ad un percorso culturale che deve permeare le nostre attività. Ritorna il richiamo al mettersi in gioco continuamente e ad una formazione continua per adeguarsi alle mutevoli condizioni sociali e politiche che si riflettono sul background di ogni alunno che ci sta davanti.
Gli esiti formativi della valutazione dipendono da come essa viene condotta e dai criteri ispiratori. Un criterio potrebbe essere quello della comparazione con un risultato standard predefinito. In questo caso i ragazzi saranno più o meno avvantaggiati dalla loro situazione di partenza. In caso di un background culturale piuttosto deficitario l’obiettivo da raggiungere potrebbe essere percepito come molto distante con effetti negativi sulla motivazione. In generale, è molto più indicato un criterio di valutazione che metta in rapporto il rendimento attuale con quello pregresso dello stesso studente per valutare il miglioramento personale. Nel primo caso avremo una valutazione sincronica, nel secondo una valutazione diacronica. Il docente deve barcamenarsi al meglio tra i due corni del problema in quanto entrambi presentano delle valide ragioni per la loro esistenza. Il modo migliore per fare sintesi tra le due necessità è quello della personalizzazione che apre un altro scenario nient’affatto semplice.
Nella scuola troppo spesso accade che si investano tante energie nella programmazione e poche nell’azione di controllo e monitoraggio e nel momento valutativo. L’azione del programmare, invece, racchiude in sé il momento valutativo per riadattare, ridefinire il percorso didattico nel rispetto degli stili di apprendimento di ciascuno.
Tra progettazione, programmazione e valutazione ci deve essere un filo rosso che le unisca strettamente, perché ognuna dipende dalle altre. La costante collaborazione per la co-progettazione e la valutazione degli interventi didattici strutturati in fasi successive permette ad ogni momento formativo di essere legittimato dal precedente per cercare successive ipotesi educative ricche di senso e di significato per l’autentica, armonica integrazione funzionale delle esperienze e degli apprendimenti fatti registrare dallo studente (Paolo Calidoni, 2003).
L’ultimo atto di un percorso formativo è quello della certificazione delle competenze che, oltre a presupporre la valutazione per competenze, deve prevedere la progettazione per competenze che, a sua volta, presuppone collegialità nell’elaborazione del progetto di Istituto, il superamento delle divisioni settoriali del sapere, una rilettura critica delle discipline a favore delle aree disciplinari, un ripensamento delle metodologie didattiche.
La valutazione è un asse portante di ogni percorso educativo e formativo per cui ad essa va dedicata la necessaria attenzione. Se si vuole una scuola in grado di formare adeguatamente bambini, ragazzi e adolescenti, ma anche i docenti, per tendere ad una scuola in grado di auto-migliorarsi, bisogna essere in grado di prevedere un sistema di valutazione inteso come risorsa del sistema a supporto dei processi di crescita e di miglioramento del lavoro.
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