Sapersi orientare

Sapersi orientare

25 Marzo 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Zygmunt Bauman afferma che la nostra è una società liquida per mettere in evidenza la caratteristica legata alla mancanza di punti di riferimento stabili, comprese stabili relazioni umane, a cui appoggiarsi nel corso della vita.

È un problema grave perché crea disorientamento e perdita dello spirito critico o quanto meno la sua mancata acquisizione, promozione e potenziamento. Un ragazzo che cresce ha bisogno di qualcosa di solido e di stabile con cui confrontarsi, il classico muro dove sbattere la testa.

L’assenza di spirito critico e di capacità di orientamento nella società rende gli individui più manipolabili e, quindi, meno liberi. Da molto tempo, infatti, godiamo di una libertà solo apparente, mentre in realtà siamo irreggimentati in comportamenti scelti, voluti e finalizzati da altri.

La famiglia dovrebbe dare dei punti fermi in modo tale che i ragazzi abbiano una bussola comportamentale con cui orientarsi in una società sempre più schizofrenica. Ma la famiglia non può essere lasciata sola perché da sola potrebbe fare ben poco. C’è bisogno che abbia l’aiuto ed il conforto della scuola che è chiamata a questo compito dalla normativa vigente.

Ancora più dei contenuti, a cui è stato lasciato soltanto un ruolo importante ma pur sempre strumentale all’acquisizione delle competenze, ed anche più delle stesse competenze, la scuola deve essere una scuola che colloca nel mondo, una scuola che insegni, oltre al sapere, anche il saper essere ed il sapere stare al mondo, appunto. Essa deve, quindi, fornire gli strumenti per orientarsi efficacemente in tutti i campi ed in tutti i contesti. Ne consegue che ogni docente deve preoccuparsi di insegnare e fare acquisire un’adeguata capacità di orientamento e questa finalità dovrebbe guidare l’azione e le attività del corpo docente e del Consiglio di Classe.

È solo grazie a tale capacità che ogni ragazzo è in grado di costruirsi, giorno dopo giorno, il suo personale progetto di vita e modificarlo, con scelte razionali, con la frequenza che reputa più opportuna. Una persona che opera e vive in base ad un proprio progetto di vita sarà una persona soddisfatta, una persona che sa cosa fare e come comportarsi in ogni situazione, una persona che dà un senso ad ogni sua azione e perciò gratificata. Una persona con un progetto di vita ben delineato è un bene per la società perché sarà una persona correttamente inserita nella società e che, sicuramente, seguirà i dettami della cittadinanza attiva.

Effettuare scelte consapevoli arricchisce la nostra vita perché riesce a darle profondità, permettendo di vivere una vita piena. Al contrario, adeguarsi a scelte altrui per propria inconsistenza, seguire pedissequamente la massa amorfa, fare una qualsiasi cosa solo perché va di moda o perché la fanno tutti, ci farebbe solo galleggiare sulla vita, ci farebbe rimanere sempre in balia della corrente, sballottolati di qua e di là senza una meta, senza un fine.

È ben certo che non sarebbe funzionale inserire un’ora di orientamento da portare, magari, agli esami finali. La capacità di sapersi orientare nei diversi contesti in cui ognuno di noi si trova a vivere richiede una serie di competenze, trasversali o meno, per cui bisogna agire una didattica per competenze che tenga la bussola rivolta sempre verso la funzione orientativa delle discipline e dei contenuti.

È vezzo, comune quanto errato, quello di demandare l’attività di orientamento ad un docente, in larga maggioranza quello di lettere, perché «noi dobbiamo svolgere il programma». Bisogna, una volta per tutte abbandonare l’idea del programma come fine ultimo del nostro lavoro, liberarsi di questa falsa schiavitù eliminata anche, e da tempo, dalla normativa scolastica.

Prima ho accennato all’invito all’orientamento presente nella normativa. Il primo capitolo delle Indicazioni nazionali 2012, Cultura, Scuola e Persona, inizia con il paragrafo La scuola nel nuovo scenario, aggiornato nel 2018 dal documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari, stilato da un Comitato Scientifico Nazionale coordinato dal professore Italo Fiorin. Per quanto non si parli chiaramente ed esplicitamente di orientamento, esso viene richiamato in modo indiretto dalla necessità di adeguare le Indicazioni nazionali ai nuovi scenari nei quali siamo immersi.

A mero titolo esemplificativo, voglio ricordare quanto riportato nelle Indicazioni nazionali 2012, che preferisco riportare integralmente. “Fin dai primi anni la scuola promuove un percorso di attività nel quale ogni alunno possa assumere un ruolo attivo nel proprio apprendimento, sviluppare al meglio le inclinazioni, esprimere le curiosità, riconoscere ed intervenire sulle difficoltà, assumere sempre maggiore consapevolezza di sé, avviarsi a costruire un proprio progetto di vita. Così la scuola svolge un fondamentale ruolo educativo e di orientamento, fornendo all’alunno le occasioni per acquisire consapevolezza delle sue potenzialità e risorse, per progettare la realizzazione di esperienze significative e verificare gli esiti conseguiti in relazione alle attese. Tutta la scuola in genere ha una funzione orientativa in quanto preparazione alle scelte decisive della vita, ma in particolare la scuola del primo ciclo, con la sua unitarietà e progressiva articolazione disciplinare, intende favorire l’orientamento verso gli studi successivi mediante esperienze didattiche non ripiegate su sé stesse ma aperte e stimolanti, finalizzate a suscitare la curiosità dell’alunno e a fargli mettere alla prova le proprie capacità”.

La promozione dell’orientamento come finalità della scuola non è certo iniziata nel 2012 con le Indicazioni nazionali. Infatti, già nel DM 9 febbraio 1979, pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 50 del 20 febbraio 1979, all’art. 3, comma b) “Scuola che colloca nel mondo” e al successivo comma c) “Scuola orientativa”, viene chiaramente esplicitata la funzione orientativa dell’allora scuola media. La scuola, si dice, deve aiutare l’alunno “ad acquisire progressivamente un’immagine sempre più chiara ed approfondita della realtà sociale”. Al successivo comma c), invece, afferma quanto segue che preferisco riportare testualmente ed integralmente: “Scuola orientativa – La scuola media è orientativa in quanto favorisce l’iniziativa del soggetto per il proprio sviluppo e lo pone in condizione di conquistare la propria identità di fronte al contesto sociale, tramite un processo formativo continuo cui debbono concorrere unitariamente le varie strutture scolastiche e i vari aspetti dell’educazione. La possibilità di operare scelte realistiche nell’immediato e nel futuro, pur senza rinunciare a sviluppare un progetto di vita personale, deriva anche dal consolidamento di una capacità decisionale che si fonda su una verificata conoscenza di sé”.

L’orientamento, in ultima analisi, si basa su una serie più o meno lunga di scelte successive, ma per scegliere in modo adeguato e razionale bisogna che si verifichino contemporaneamente almeno due condizioni imprescindibili: la conoscenza del contesto e la conoscenza di sé stessi. Conoscenza del contesto vuol dire conoscenza dei vincoli, delle disponibilità, delle risorse e delle criticità dell’ambiente. Per la conoscenza del contesto, cioè della realtà sociale vicina e lontana, ristretta ed allargata, ci si può basare sulle discipline, senza, però, fermarsi al libro di testo o al famigerato quanto superato programma. È necessario, infatti, allargare l’orizzonte al di fuori dell’aula, facendo sì che il libro di testo venga contaminato dalla vita che si svolge al di fuori dell’ingannevole tranquillità dell’aula.

Per quanto riguarda la conoscenza di sé, che dovrebbe iniziare già dalla scuola dell’Infanzia, diventa necessario far esprimente i ragazzi sulle loro aspettative, sui loro interessi, sui loro sogni, sulle loro preferenze. Questo può ottenersi, per esempio, proponendo delle discussioni libere su tematiche reali, oppure sulle figure dei grandi uomini il cui successo è stato ottenuto inseguendo un sogno, o ancora sulle grandi tematiche legate al futuro dell’umanità ed al dipanarsi della vita quotidiana. Un modo senz’altro efficace per far parlare i ragazzi è quello di far capire loro, con azioni concrete, che saranno sempre ascoltati senza essere mai giudicati.

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