Indietro tutta

Indietro tutta

16 Marzo 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Michel Desmurget è un ricercatore francese specializzato in neuroscienze cognitive. Ha scritto un libro, TV Lobotomy – la verità scientifica sugli effetti della televisione pubblicato nel 2011, che denuncia gli effetti deleteri della televisione sulla salute e sullo sviluppo cognitivo, specialmente nei bambini. Ha anche studiato gli effetti delle diverse diete dimagranti sul corpo e racconta la sua esperienza in Anti-dieta, perdendo peso per sempre.

Basandosi su una serie di studi rigorosi, lo scienziato afferma che per la prima volta nella storia dell’umanità siamo di fronte ad una generazione il cui quoziente intellettivo (QI) è inferiore a quello della generazione precedente. La decerebralizzazione che sottostà al decremento del QI è diffusa su larga scala.

Il Desmurget continua con affermazioni ancora più angoscianti. Infatti, secondo lo studioso stiamo creando dei mostri. Se non corriamo ai ripari, aggiunge, i danni provocati ai cosiddetti nativi digitali saranno irreparabili. La colpa sarà di quegli adulti che si affidano al digitale ed all’informatica quasi fosse una sorta di Sacro Graal, un talismano, una panacea in grado di guarire tutti i mali. Sempre secondo Desmurget, invece, è la strada maestra verso un mondo da incubo.

Il tempo che permettiamo ai bambini di stare davanti ad uno schermo è fuori da ogni logica. Infatti, secondo alcune ricerche tale tempo occuperebbe un quarto del periodo di veglia il che si traduce inoltre 1.000 ore all’anno. Continuando in tali calcoli, un bambino dai 2 agli 8 anni di vita viene esposto allo schermo per attività ricreative o pseudo tali per un tempo equivalente a 7 anni scolastici o a 260 giorni di vita. È il corrispettivo del tempo necessario per diventare un buon violinista, giusto per avere una pietra di paragone. Il bambino sta davanti allo schermo dedicando tutto il tempo ad audiovisivi ed a videogiochi che non danno nessun vantaggio cognitivo, che non sono in grado di promuovere e potenziare un apprendimento informale efficace, se non in modo sporadico e superficiale.

Alcuni studi hanno messo inevidenza come il consumo digitale ricreativo sia molto maggiore, circa il doppio, nei bambini appartenenti ad ambienti sfavoriti rispetto a quelli che vivono in ambienti socialmente favoriti. Lo stesso effetto si manifesta sul successo scolastico. L’esposizione eccessiva allo schermo è comunque deleteria, ma più un bambino viene da un ambiente privilegiato, più il tempo passato davanti ad uno schermo è penalizzante. L’ambiente privilegiato, infatti, offre più stimoli rispetto ad un ambiente sfavorito per cui le ore passate davanti allo schermo costano di più perché vanno a togliere tempo ad esperienze più ricche e più formative, come la lettura, le interazioni verbali, la pratica musicale, sportiva o artistica.

Michel Desmurget riporta e cita diversi studi che dimostrerebbero che un numero eccessivo di ore al giorno dedicate al computer seguendo audiovisivi e videogiochi provocherebbero ritardo cognitivo, impoverimento linguistico e lessicale, difficoltà verbali e di comprensione di un testo, oltre ad indurre disturbi del sonno e problemi di salute, quali obesità, tendenza alla sedentarietà, depressione ed ansia.

In accordo con lo studioso Desmurget, non sono qui a demonizzare il PC o l’iPad e similari, ma solo a consigliarne un uso consapevole, limitato nel tempo e, soprattutto, critico. Nelle prime fasi della vita, fino a circa gli 8-10 anni sarebbe opportuno approfittare della plasticità del cervello e promuoverne la valorizzazione utilizzando il fattore umano con l’interazione verbale ed emotiva, sia con i genitori che con gli insegnanti. A tal fine sarebbe molto efficace sostituire il video con buone letture, adeguate all’età, e con l’emulazione.

Questo comporta, da parte degli adulti, il mettere a disposizione il loro tempo per la cura dei piccoli, cosa che risulta ben poco gradita in questa nostra epoca caratterizzata dalle non-rinunce. nessuno, infatti, vuole rinunciare a niente, bisogna inebriarsi di tutto quello che ci viene offerto, diventando sempre più succubi della pubblicità e delle mode, anche le più strambe ed effimere.

Dal momento che ci siamo (rin)chiusi nel nostro egoismo e nel nostro egocentrismo, pregni solo della necessità dell’apparire, abbiamo bisogno di sentirci parte di qualche cosa che abbia un respiro più ampio. Ed ecco, allora, che ci iscriviamo a gruppi Facebook e Whats App, frequentiamo ritrovi alla mano, alimentiamo la movida, stiamo sempre con gruppi nella speranza che possano riempire il nostro vuoto interiore. Dimentichiamo, però, che il nostro vuoto ce lo siamo creato da noi e solo da noi può e deve venire la soluzione. Dobbiamo ridare senso e valore alle cose che contano veramente. Allora, togliamo i nostri figli dallo schermo e portiamoli fuori a fare una passeggiata; invece di andare a calcetto o in palestra, giochiamo con i nostri figli e diamo loro ciò di cui hanno effettivo bisogno. Diamo loro emozioni reali in grado di riempire i loro cuori e le loro menti.

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