Un docente nuovo

Un docente nuovo

25 Gennaio 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Il docente entrava in classe, tutti gli alunni si alzavano in piedi, lui avanzava, accompagnato da un’autorevolezza riconosciuta ed accettata come dato di fatto, saliva sulla pedana e prendeva posto sul suo trono: la cattedra! Sono immagini di un tempo che fu, degne delle splendide atmosfere create con mano esperta da Edmondo De Amicis nel suo libro Cuore.

Il ruolo e la funzione del docente hanno subito enormi modifiche nel corso del tempo. Anche i docenti, infatti, hanno dovuto adeguarsi ad una società in continuo movimento, una società caratterizzata da mutamenti sempre più rapidi e pressanti.

Man mano che la sua funzione cambiava aspetto e valenza, il docente ha dovuto sfrondare l’apparenza per curare la sostanza, ha dovuto modificare la sua professione per impartire non già e non più conoscenze e procedure, bensì competenza e progettualità.

Fino a pochi decenni or sono la condizione più frequente era il lavoro per tutta la vita e, di conseguenza, una volta acquisite le conoscenze e le abilità necessarie a svolgere quella determinata mansione non si sentiva la necessità di ulteriore formazione. Nella società attuale ogni lavoro, per quanto a tempo indeterminato, cambia le richieste formative in brevissimo tempo, il che costringe il lavoratore ad un aggiornamento continuo.

Questo vale anche e forse di più nel caso del docente. La lezione frontale era più che sufficiente per veicolare quelle conoscenze che andavano a costituire il programma, vero e proprio totem da rispettare a qualsiasi costo. L’apprendimento era considerato poco più che un accidente di percorso. L’alunno che non riusciva, per qualsiasi motivo, a rispettare la tabella di marcia era “respinto” in tutti i sensi, venendo meno al dettato costituzionale. Il docente proponeva i vari argomenti in modo sempre più spedito ed approfondito grazie all’esperienza nei lunghi anni che precedevano la meritata ed agognata pensione.

Nel corso degli ultimi decenni tutto è cambiato, per fortuna. La scuola ha cercato, riuscendoci in buona misura, ad uscire dal bozzolo di una rigida autoreferenzialità e dell’ingessatura del programma per entrare in una relazione in grado di accettare e fare propria la contaminazione dovuta agli avvenimenti ed ai cambiamenti della società. L’autonomia riconosciuta alle singole scuole ha scombinato, rivoluzionandola, l’organizzazione scolastica sedimentata nel corso del tempo.

Oggi le cose stanno in modo ben diverso, ma i cambiamenti sono stati troppo intensi e troppo rapidi per potere essere assorbiti e metabolizzati da tutti.

Ogni persona ed ogni docente, in maniera più o meno conscia e consapevole, si rifà a modelli interiorizzati nel suo vissuto esperienziale, appresi dai suoi genitori e dai suoi docenti ripetendone atteggiamenti e comportamenti, «Se per me è andato bene andrà bene anche per i miei alunni», questo è il ragionamento più o meno consapevole fatto dai docenti. Ahimè, purtroppo non è così perché da quando eravamo nei banchi di scuola ad ora che sediamo alla cattedra ne è passata di acqua sotto i ponti!

È cambiato, ad esempio, l’approccio dei ragazzi e delle famiglie nei confronti della scuola e della classe docente. Sono cambiate, arricchendosi e diversificandosi, le conoscenze e le metodologie pedagogiche che sottostanno alla didattica. Sono cambiati enormemente gli strumenti a disposizione di studenti e docenti. Si è ampliata a dismisura l’offerta di conoscenze ed il modo di entrarne in possesso il che ha causato, a sua volta, ad una maggiore quantità di stimoli che vanno ad impattare nell’esperienza vissuta dai ragazzi in misura maggiore nel tempo trascorso fuori dall’aula. L’apprendimento non formale ha acquisito una posizione no più marginale ma molto più presente e pressante.

La scuola deve accettare questa sfida accettando il fatto che la sua funzione è diventata quella di sistematizzare in un frame work razionale e logico quanto appreso dai ragazzi nelle loro esperienze quotidiane.

Ne consegue che anche il docente ha dovuto cambiare il suo atteggiamento per adeguarsi alle mutate condizioni ambientali. Non più, quindi, una funzione docente ancorata a standard ripetitivi molto rassicuranti e perfettamente validi, ma decenni fa.

Oggi il docente deve mettersi in gioco ogni volta che entra in classe. Deve essere duttile nell’acquisire le nuove possibilità offerte dalla tecnologia nonché  dagli studi e dalle ricerche psico-pedagogici.

Il fulcro su cui è imperniata questa rivoluzione copernicana, questo imponente cambio di paradigma è il diverso rapporto tra studente e docente in una situazione in cui l’obiettivo dirimente non è più l’apprendimento disciplinare, ma l’acquisizione di competenze, un’acquisizione che per essere efficace deve essere personalizzata e condivisa. Il docente mantiene sempre un ruolo chiave, ma deve confrontarsi con ragazzi che oggi sono in grado di interagire e di vestire a loro volta, seppure in maniera episodica, i panni dell’insegnante. Basti pensare cosa riescono a fare con il computer, con il telefonino o con un i-Pad, mentre noi annaspiamo dietro alle richieste del registro elettronico.

Grazie alle nuove tecnologie è molto più facile passare dalla trasmissione e dal consumo passivo delle conoscenze alla collaborazione ed alla co-creazione del sapere.

L’ambiente di apprendimento diventa un ambiente in cui docente e studenti collaborano alla progettazione per risolvere un problema condiviso e la collaborazione prosegue e si allarga fino all’azione. Questo richiede una dinamicità di ruoli che viene resa possibile da una partecipazione allargata e da una leadership condivisa e ad assetto variabile. Tutto ciò, per gli studenti, comporta e richiede una maggiore autonomia nel proprio lavoro e nello studio, ma anche una costruzione collettiva della conoscenza resa possibile da learning activities, cioè “attività finalizzate ad un apprendimento inazione concreto, situato, autentico e basato su processi collaborativi”.

Oggi, con l’avvento delle competenze, si parla di compiti di realtà o autentici e di valutazione autentica. Il soggetto che apprende non viene più visto come un vaso che risuona di quanto ascoltato, ma come una persona che interagisce con la persona-docente e con altre persone-studenti.

L’interazione si avvale anche di strumenti che permettono un apprendimento trans-mediale, perché utilizza medium diversi, che offre una condivisione di memoria, di immaginazione e di esperienze: una sinergia tra studenti e docente che permette ad entrambi di sviluppare nuovi codici e nuove modalità espressive.

Tale modalità operativa e relazionale permette allo studente che si trova di fronte ad un problema di superare le barriere di una cultura nozionistica. Egli, infatti, sarà in grado di non doversi affidare alle sole risorse cognitive -conoscenze e procedure- ma, basandosi sulla riflessione e autovalutazione rese possibili dal dialogo continuo e dall’interscambio di esperienze che si verificano in un gruppo aperto, acquisirà e svilupperà la capacità di gestire le conoscenze e le procedure in modo strategico e strumentalmente efficace.

Per rendere possibile tutto ciò il docente di questa nostra società liquida, deve trasformarsi egli pure in docente liquido. Deve, cioè, accettare anche nei suoi atteggiamenti di vivere in una società in cui prevalgono la precarietà dei valori e delle relazioni. È un mondo ed una soggettività che si modificano continuamente.

Oggi più che mai le persone devono essere forti e consapevoli della propria identità perché prevale l’incertezza legata all’assenza di punti di riferimento.

Anche il docente si trova a vivere come in un guado per cui deve avere ben chiara innanzi a sé la meta che si è prefisso e percorrere la strada programmata con la dovuta determinazione.

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