Riflessioni sull’importanza delle relazioni

Riflessioni sull’importanza delle relazioni

11 Gennaio 2020 0 Di giuseppe perpiglia

Qualche giorno addietro ho letto una frase dello scrittore francese della Martinica Patrick Chamoiseau che mi ha molto colpito: «Quando si esce dalla relazione si entra nella barbarie».

Sono molti gli avvenimenti del mondo di oggi ci portano a ritenere valida tale affermazione. La logica conseguenza è che se vogliamo un mondo migliore dobbiamo puntare su relazioni efficaci. Dobbiamo riscoprire il valore, non solo etico, della relazione, senza limitarsi a quella tra persone, ma considerando anche quelle tra l’uomo e gli animali, l’uomo e gli oggetti, tra l’uomo e la natura per finire con quella tra l’uomo e l’ambiente.

Valorizzando, vivacizzando e vivificando le relazioni interpersonali si troverebbero le giuste ed adeguate soluzioni a molti dei problemi che attanagliano la società. L’esigenza di relazioni sempre più strette ed efficaci ci viene imposta dalla globalizzazione sempre più spinta. Grazie ad essa il mondo bussa con insistenza sempre più pressante alla nostra porta e da esso giungono innumerevoli pungoli, ai quali bisogna pur dare delle risposte. Il nostro orizzonte è destinato ad allargarsi ogni giorno di più e questo comporta la semplice constatazione che sempre meno persone rimarranno confinate nel luogo in cui sono nate. È fuori di dubbio che ci dobbiamo aspettare una sempre maggiore mobilità degli individui, il che comporta una fluidità di popoli e di civiltà.

Non è certo con la politica della chiusura che si può contrastare o arrestare questo che si configura come un vero e proprio sommovimento epocale.

Bisogna che ogni persona, ogni comunità ed ogni Paese ripensi e riveda su scala planetaria la propria nozione di ospitalità e di relazionalità. Spesso pecchiamo di egocentrismo e siamo propensi a credere che il problema delle migrazioni di popoli riguardi solo il nostro paesello o solo l’Italia. I flussi migratori, invece, interessano tutto il pianeta e si manifestano tra tutti i continenti praticamente da sempre. Oggi le numerose quanto rapide acquisizioni tecnologiche e scientifiche lo hanno ampliato portando il fenomeno a diventare un vero e proprio fenomeno di massa.

Le grandi civiltà sono nate sempre in corrispondenza di grandi distese di acqua – assiri, babilonesi, egizi, greci, romani- perché l’acqua permetteva, oltre alla vita, scambi più intensi e più veloci. Il Mediterraneo è stato, da sempre, un luogo privilegiato di incontro tra culture e popoli diversi ed ognuno di essi ha preso il meglio dagli altri, migliorandosi. L’Italia, in particolare, ha goduto più di altri della sua invidiabile posizione al centro del Mediterraneo, vero crogiolo di culture, per raggiungere vette inarrivabili nel campo, tra l’altro, delle varie espressioni artistiche. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che ha saputo accogliere al suo interno, creando con esse relazioni efficaci, le altre culture, anche quelle apparentemente più lontane, il che ha permesso ai nostri progenitori di allargare i propri orizzonti, di aprire le proprie menti, di arricchire tanto i propri interessi quanto la propria esperienza e lasciandocele in eredità. La ragione vera e profonda di questa positiva influenza è da ricercarsi, come già affermato, nella relazione, cioè nel considerare, come tante volte ascoltato e da tanti ripetuto, la diversità come una ricchezza, come un’opportunità da cogliere.

Oggi, al contrario, qualche fazione politica, priva di idee e di ideologie, vede lo straniero ed il diverso soltanto come un pericolo. Non riesce, solo perché non lo vuole, ad instaurare una relazione, non tenta neanche di capire l’altro per cercare di carpirne le positività di cui è portatore. Semplicemente preferisce rivolgersi all’istinto di conservazione primordiale del popolo per bassi fini elettorali a breve scadenza. I loro rappresentanti non sono certo portatori, come un buon politico dovrebbe essere, di una visione a largo raggio, sia nello spazio sia nel tempo. Tali pseudo politici, meglio sarebbe dire politicanti, concentrano tutta la loro attenzione sull’oggi, sul tutto e subito. Un politico, un buon politico, dovrebbe aprire nuove piste, dovrebbe essere aperto a tutte le istanze che vengono dall’esterno.

L’infimo livello qualitativo delle relazioni messe in campo da costoro si evince anche e soprattutto dal linguaggio e dai termini usati nel confronto, anzi nello scontro che continuano a chiamare politico. È diventato impossibile seguire i numerosi talk show che vengono rigurgitati dalle diverse emittenti, infatti ognuno tenta di sopraffare il rispettivo contendente alzando la voce e sovrapponendosi ad esso. Alla fine il telespettatore non capisce nulla delle idee, ammesso che ne vengano fuori, dell’uno e dell’altro, non si riesce nemmeno ad afferrarne compiutamente le affermazioni. Il loro sproloquio si sostanzia, quasi esclusivamente, in una vacua serie di slogan, senza alcun filo logico.

Questa mancanza di relazione, nel senso pieno e pro-attivo del termine, la ritroviamo anche nella società. Inoltre, tale carenza riverbera i suoi malefici effetti nei confronti degli animali, sempre più spesso utilizzati come oggetti con cui trastullarsi e poi abbandonare, della natura, sempre più violentata, e dell’ambiente, sempre più sfruttato.

Essere in relazione vuol dire avere una visione ampia ed aperta agli altri, alle loro esigenze ed ai loro bisogni. Non solo l’altro che ci sta accanto, ma anche un altro retorico, un altro che è lontano nel tempo e nello spazio, un altro che non vedremo probabilmente mai. La situazione ambientale molto compromessa è frutto di numerose variabili, non ultima il disinteresse da parte di ognuno di noi verso i diritti degli altri e delle generazioni future. Ognuno di noi dovrebbe fare la propria parte perché la terra che abitiamo è una e tutti siamo, e tali dobbiamo sentirci, corresponsabili della sua difesa, della sua tutela e della sua protezione.

In questo atteggiamento giocano un ruolo non secondario le credenze ancestrali sull’indisponibilità delle risorse che ancora ci portiamo dietro e che sono state, a suo tempo, rafforzate dalle teorie malthusiane. Tali teorie, però, come chiaramente dimostrate da numerose ricerche, sono da considerare superate perché fondamentalmente inesatte. Non vi sono, quindi, motivazioni reali e razionali contro l’instaurarsi di una relazione di accoglienza.

È chiaro che è tutta e solo una questione di cultura. Ed è qui che entra prepotentemente in ballo la scuola. Il sistema di istruzione è ancora pervicacemente aggrappato ad un metodo trasmissivo delle conoscenze, viste come fine ultimo e come esclusiva ragion d’essere della sua esistenza. Le conoscenze, oggi, dovrebbe svolgere un ruolo ed una funzione meramente strumentali al raggiungimento di mete molto più elevate. Tali mete sono da considerare elevate perché in grado di coinvolgere tutta la persona e non solo la sua funzione cognitiva. Oggi, infatti, si parla di competenze. Esse possono essere corredate ed accompagnate da aggettivi diversi a seconda del rispettivo campo di azione. Quelle più importanti sono, senza ombra di dubbio, quelle competenze che vengono definite trasversali perché non legate ad una singola disciplina, ma riguardanti l’essere umano nel suo insieme.

In particolare le competenze sociali e civiche sono quelle che rendono conto di comportamenti e di atteggiamenti nei confronti degli altri e dell’ambiente. La scuola deve combattere con tutte le sue, non certo trascurabili, forze contro il malcelato tentativo del neoliberismo di trasformare tutti gli uomini in semplici consumatori in cui indurre bisogni fittizi da soddisfare con proprio grande profitto. La scuola deve aiutare alunni e studenti a sviluppare uno spirito critico e, quindi, a ragionare con la propria testa. La scuola deve, in altri termini, aiutare gli alunni sin dalla più tenera età ad essere persone libere da qualsiasi tipo di catene e di legacci. Deve fare in modo che ogni ragazzo sia in grado di leggere in sé stesso per capire quali siano i suoi sogni ed i suoi bisogni reali. Deve aiutare ogni ragazzo a stilare ed a realizzare il proprio progetto di vita. Deve guidare ed assecondare la necessità di trasformare ogni alunno in cittadino pensante e non lasciare che il neoliberismo imperante lo inglobi nella massa amorfa ed acefala di semplici e manipolabili consumatori passivi.

Grazie al consumismo ormai pervasivo, sempre più individui scivolano nell’individualismo. E questo spiega la diffusa indifferenza che circonda le migliaia di morti nelle buie e fredde acque del Mediterraneo.

Il sistema di istruzione deve promuovere un’ecologia umana che, per definizione, è relazionale. In ogni classe, quindi, bisogna promuovere la creazione e la rivitalizzazione continua dei rapporti umani, ma anche quelli tra popoli e civiltà.

Oggi l’immaginario della relazione poggia quasi esclusivamente sul do ut des, sul profitto nella sua accezione più ampia. Dobbiamo, tutti, lavorare affinché tale immaginario assuma significati più umani che non vedano il profitto come un totem al quale sacrificare le proprie vite.

Nella ricerca della promozione del potenziamento di relazioni umane, il singolo docente può e deve puntare, nella sua azione, su strumenti in grado di creare e stimolare unione. Penso, ad esempio, al cooperative learning ed alla peer education. Deve, d’altro canto, rifuggire la tentazione di mettere in competizione i ragazzi spingendoli, in tal modo, ad una qualche forma, per quanto larvata, di sopraffazione e di esclusione. Bisogna premiare le attività didattiche di gruppo, quelle attività in cui il focus principale è e resta il gruppo mentre l’individuo è solo una parte funzionale al successo del gruppo. Gli esempi che sarebbe possibile fare sono innumerevoli. Una proposta semplice e facilmente applicabile è quella del service learning. Molto schematicamente, l’approccio pedagogico del service learning prevede tre momenti:

  1. La riflessione comune per individuare la situazione problematica da affrontare (briefing);
  2. La risoluzione operativa del problema a carico del gruppo;
  3. La riflessione comune sui risultati e sul processo attivato (debriefing).

La grande utilità del service learning, inoltre, è che, per essere esperito, prevede l’esecuzione di compiti di realtà che, a loro volta, portano all’acquisizione delle competenze e costituiscono il metodo di riferimento per la loro valutazione.

Come si vede non si tratta di sobbarcarsi un ulteriore carico di lavoro da aggiungere a tutte le incombenze che si affastellano sulle spalle dei docenti, ma di fare le stesse cose con uno spirito ed una finalità diversi il che permette di raggiungere obiettivi diversi e più ampi.

Ogni docente che voglia indirizzare la sua attività didattica verso la promozione di corrette relazioni umane può trovare un valido aiuto in documenti che si propongono come vere e proprie linee guida. Mi riferisco, come qualcuno avrà già intuito, all’Agenda ONU 2030 (link) ed alle otto competenze chiave per l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (link) emanate dal Consiglio d’Europa nel 2018.  Dallo studio attento e dalla successiva riflessione di questi due documenti, magari integrati dalla lettura dell’Enciclica di papa Francesco Laudato Sì, è possibile prendere svariati spunti per le attività quotidiane.

È necessario, però, che ogni singolo docente prenda consapevolezza del suo importante ruolo, importante perché in grado di creare la società del domani. Non è retorica è solo pura e semplice realtà.

Se ci sforziamo di acquisire la necessaria consapevolezza del nostro ruolo e lavoriamo per incrementare la nostra autostima sicuramente le cose andrebbero molto meglio per gli studenti, per le famiglie, per la stessa istituzione e per l’intera società.  Andrebbero molto meglio anche per noi stessi che, ricevendo maggiore gratificazione dalla nostra attività, lavoreremmo con maggiore motivazione, cosa in grado di trasformare il lavoro da fatica in fonte di gioia e soddisfazione. Altra ricaduta positiva quanto importante è quella che riguarda la relazione docente-alunno che, in effetti, è il motore di tutto il sistema di istruzione, motore in grado di coinvolgere attivamente tutti gli attori che prendono parte a questa imprescindibile rappresentazione.

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