
Un nuovo contratto sociale
Probabilmente ogni epoca si sarà lamentata del suo presente, ma oggi vi sono fatti oggettivi che ci spingono verso una tale amara conclusione. Qualche decennio fa si riusciva, pur senza eccedere in ottimismo, ad avere speranza, a vedere un futuro quanto meno vivibile. Oggi prevale, invece, la disillusione e la disperanza. I genitori pensano con tristezza al futuro dei propri figli, l’ascensore sociale è irrimediabilmente fermo da ormai troppo tempo, le opportunità di lavoro sono sempre più ridotte. Questo porta ad una progressiva erosione del livello di fiducia negli altri, cresce la tendenza a rinchiudersi nel proprio mondo, sempre più ristretto, difendendo a spada tratta quanto è riuscito ad acquisire. Ormai la vita di un sempre maggior numero di cittadini è costellata da frustrazioni e da disillusioni che provocano rabbia e rancore. Sempre maggiore è il numero dei cittadini in povertà assoluta.
Quello che alimenta un tale stato di cose è l’eccessiva presenza di situazioni di precarietà, di esclusione, di una povertà sempre più diffusa. A soffrirne maggiormente sono, e come potrebbe essere altrimenti, le fasce più deboli che non riescono a vedere un spiraglio in grado di far passare un filo di speranza.
La voglia di cambiamento, però, non sembra trovare alcuna via di realizzazione, accrescendo in tal modo il senso di impotenza verso tutti quei mali della società che stanno diventando endemici: illegalità diffusa, corruzione a tutti i livelli, inconcludenza della politica e dei politici.
Seppure tra molte difficoltà, però, sta prendendo piede, tra i giovani, un movimento che tenta di opporsi a tale stato di cose, che non vuole accettare una situazione che comincia ad essere vissuta, da molti adulti, come un male che non è possibile eradicare e quindi subentra un senso di rassegnazione. Un movimento che si oppone tenacemente a tutto questo in realtà esista già da tempo: è il volontariato. Esso non vuole accettare la deriva qualunquista e pregna di egocentrismo che coinvolge la maggior parte dei cittadini. Il volontario è colui che ha una speranza e riesce a vedere un futuro migliore, impegnandosi per realizzarlo, perché è animato da una motivazione profonda che gli deriva dall’avere accettato ed abbracciato in modo completo quei valori assoluti ed universali che elevano l’uomo al di sopra della sua stessa materialità.
Ma il movimento a cui mi riferivo è quello che sta interessando tanti giovani che, seppure ancora in modo poco razionale e poco strutturato, stanno tentando di dare una risposta personale e collettiva ad una situazione che non vogliono più accettare passivamente.
Greta Thunberg ha lanciato un sasso nelle acque stagnanti di un ambientalismo quasi di facciata. Greta ha saputo toccare le corde giuste ed i giovani di tutto il mondo hanno risposto in massa creando un vero moto di protesta per mettere adulti e governi di fronte alle loro responsabilità. Altro momento forte di aggregazione giovanile è il cosiddetto movimento delle sardine. Già dal nome emerge la voglia di stare insieme, di essere in tanti, di essere vicini, ma anche la determinazione di stare muti come i pesci, appunto. Muti nel senso di non lanciare insulti come diversi adulti che pure hanno responsabilità importanti. Non vogliono essere assimilati ai fautori di tutta quella retorica populista che trasuda dai social e dai media tradizionali. È il modo che hanno trovato per mettere in luce la voglia che hanno di costruire un futuro diverso da quello prospettatogli dagli adulti.
Ma in tutto queste cosa c’entra la scuola?
La scuola deve utilizzare tutti gli strumenti a sua disposizione, a partire dai saperi disciplinari, per promuovere e potenziare nei giovani lo spirito critico, la capacità di ragionare con la propria testa, di essere aperti all’ascolto attivo ed a cambiare, quando lo si ritiene opportuno, le proprie idee, a guardare le cose e gli eventi da punti di vista diversi. A riflettere prima, durante e dopo qualsiasi azione per valutarne le conseguenze.
La scuola deve formare giovani che siano, prima ancora che esperti o competenti in questo o in quel campo, uomini e cittadini n grado di costruire una società più giusta e più equa che viva il presente nella consapevolezza di creare il futuro.
Ogni docente dovrebbe finalizzare la propria attività professionale ed umana all’accompagnare i ragazzi verso una vita che sia piena di senso. Dovrebbe fornire loro gli strumenti cognitivi, morali ed etici affinché siano in grado di ripensare un nuovo contratto sociale, perché intendano la politica come un noi insieme e non come una continua quanto sterile diatriba tra fazioni opposte, una diatriba che si svolge al di sopra delle teste dei cittadini, ignorandone diritti, problemi ed esigenze.
Il nuovo contratto sociale deve affermare il primato del bene comune, deve affermare la valenza di comportamenti rivolti al vivere insieme ed alla consapevolezza di abitare un unico pianeta, la casa comune, da lasciare nelle migliori condizioni alle generazioni future, che già si affacciano sul palcoscenico della vita.
Sono cambiamenti che richiedono tempi lunghi, dedizione ed impegno continui. I luoghi deputati a piantare questo seme e farlo germogliare forte e vigoroso sono la famiglia e la scuola.
È dalla loro stretta collaborazione che può nascere qualcosa di nuovo e di grande. Ma il cambiamento e la consapevolezza della sua necessità devono attecchire prima in ognuno di noi, poi nelle strutture sociali di base –scuola e famiglia- e solo dopo possono dilagare nella società che ci ostiniamo, ciecamente, a chiamare civile.
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