Li vogliamo così

Li vogliamo così

28 Ottobre 2019 0 Di giuseppe perpiglia

La mancata, o almeno molto rallentata, crescita dei ragazzi è spesso colpa degli adulti, in generale e dei genitori in particolare, che non vogliono accettare i limiti dei ragazzi e dei figli, forse perché sanno, in cuor loro, che in fondo i limiti maggiori sono proprio degli stessi adulti e genitori.

Queste che vi propongo sono soltanto delle semplici e modeste considerazioni personali che mi piace condividere con voi. Le analisi sociologiche le lasciamo da parte perché non mi competono e on ne sono capace.

Nella carriera di qualunque docente sarà capitato, e non certo una sola volta, di dover mettere delle insufficienze o, magari, di dichiararsi a favore di una ripetenza per scarso profitto. Ancora più spesso, certamente, sarà capitato di dover ammansire qualche genitore, e non solo quelli del ragazzino respinto o sanzionato con un brutto voto, che sbraitava senza ritegno manifestando il suo disappunto, per usare un eufemismo, contro la valutazione negativa del suo amato pargolo.

Questo è solo un esempio dell’iper-protezionismo dei genitori attuali nei confronti dei rispettivi figli. Altro esempio è quello relativo all’accompagnamento a scuola. I bambini, i ragazzi, gli adolescenti arrivano quasi tutti in macchina accompagnati dai genitori, mentre gli altri arrivano con gli scuola-bus. Andare a scuola da soli, magari insieme con gli amici per parlare del più e del meno, è solo un ricordo lontano ed indistinto, un qualche cosa che i nonni raccontano ai bambini che li ascoltano con la bocca aperta. Certo, la situazione sul fronte della sicurezza non è certo come quella che c’era fino a poco tempo fa, ma, a seconda delle singole situazioni, è un’eventualità alla quale si potrebbe anche pensare.

Un’altra attività che farebbe bene allo sviluppo della personalità dei ragazzi è quella di mandarli a giocare liberi per strada, senza il cordone ombelicale del telefonino. Ritirarsi a casa con qualche ginocchio sbucciato acquista valenza nella formazione dei ragazzi perché serve a metterli di fronte alle ben più serie avversità della vita.

Invece, si preferisce lasciare che i figli siano sempre a casa davanti alla TV o davanti ad una consolle, immersi in un mondo virtuale che dà loro l’illusione di poter guidare la propria vita a loro piacimento, con qualche click. La vita vera, invece, è quella che si vive fuori. È la vita che può darci molte più soddisfazioni di un livello superato o di una partita vinta. È la vita, però, che può anche riservarci momenti meno felici e meno facili per cui i nostri ragazzi devono essere pronti a superare anche queste prove. Dobbiamo prepararli per tempo ad avere le spalle larghe e ad avere certezze da trovare nel proprio animo.

Tenerli sempre sotto tutela, facendoli vivere in un’atmosfera ovattata, impedisce loro la formazione di un carattere adeguatamente forte. Poi i genitori si lamentano di aver cresciuto dei bamboccioni, come ebbe a definirli un politico qualche anno fa.

La perdurante, tanto da poterla considerare ormai quasi strutturale, crisi economica nella quale ci stiamo dibattendo da troppo tempo, fa il resto, facendo sì che i nostri figli rimangano in famiglia ben oltre il lecito ed il consentito.

Oggi la situazione di molte famiglie è alquanto precaria per questioni legate, in genere, al lavoro, ma anche alle mutate condizioni sociali. I genitori sono sempre presi da un numero esorbitante di impegni per cui è difficile che possano stare al fianco dei figli per aiutarli a crescere. Ecco, allora, che preferiscono delegare alla TV, ai videogiochi, alla scuola, al calcetto, alla scuola di danza, alla piscina. Salvo poi pretendere risultati eccellenti in qualsiasi attività. Si pensi a cosa succede alle partite di calcio tra bambini in cui i genitori possono perfino arrivare a darsele di santa ragione.

Nel caso in cui, cosa non certo impossibile, i risultati siano meno che sufficienti allora bisogna trovare un capro espiatorio a cui addossare tutte le colpe. Nel caso della scuola, il colpevole sempre a portata di mano, il parafulmine di ogni lamentela e di ogni chiassata, il soggetto a cui chiedere conto dell’ingiustizia subìta dal proprio figlio è presto trovato. È quel docente che cerca di mantenere la calma in una classe di alunni spesso indisciplinati perché nessuno ha impartito loro il senso del dovere e del rispetto delle regole. Quando e se riesce a trovare un po’ di tempo tenta anche di fare lezione.

Invece di protestare a prescindere, sarebbe molto più opportuno chiedersi il perché di quel quattro, di quel debito formativo o di quella bocciatura. Parlare con il proprio figlio e mettere sia lui sia sé stessi davanti alle rispettive responsabilità. Può anche essere possibile, per la legge dei grandi numeri, che la colpa sia in effetti della scuola o di quel determinato docente, ma bisogna arrivare ad una tale conclusione dopo un ragionamento, dopo una riflessione critica ed attenta. Nel caso si dovesse addivenire ad una tale deduzione diventa legittimo e doveroso attivare tutte le iniziative che la normativa mette a disposizione.

La maggior parte delle persone ha rimosso le parole fatica ed impegno dal proprio vocabolario. In qualsiasi campo impera il tutto e subito, la gloria tanto facile quanto effimera, il successo gratta e vinci. I risultati, invece, si ottengono con la razionale applicazione giornaliera, con la voglia di imparare e di apprendere per migliorare il proprio essere.

Il talento non si materializza da sé; il talento, anche quando ci viene dato da madre natura, per dare i suoi frutti va coltivato con costanza e dedizione. Questa scelta impone rinunce e richiede, spesso, sudore e fatica. Richiede, anche, una disciplina rigida. Mi viene in mente Vittorio Alfieri ed il suo “Volli, sempre volli, fortissimamente volli”. È solo con la disciplina, il sudore, la fatica, l’impegno costante che si forgia il carattere di una persona.

Gli adulti, invece, tendono a tutelare eccessivamente i giovani per cui ci ritroviamo ad avere una generazione di giovani fragili, una generazione di giovani deresponsabilizzati che va in confusione ad ogni minimo stormir di fronde. Bisognerebbe avere il coraggio di ritornare a chiedere ai giovani impegno e dedizione, bisognerebbe ritornare a far meritare loro ogni cosa per far acquisire ad ognuno il valore degli oggetti. Giorni fa mi è capitato di leggere un aforisma di Oscar Wilde che calza a pennello a questa situazione: «Tutte le persone conoscono il prezzo delle cose, ma solo alcune ne apprezzano il valore».

Sarebbe molto educativo e formativo stimolare e promuovere nei ragazzi il senso della conquista. Ma ritorniamo alla scuola ed ai suoi riti. I ragazzi ormai sanno che la bocciatura è cosa ben difficile e, quando pure dovesse verificarsi, ci sono i genitori pronti a fare ricorso. Ne consegue che l’impegno nello studio diventa sempre più labile. Anche i docenti hanno, al pari dei genitori, la loro parte di colpa, infatti anno dopo anno si abbassa l’asticella del risultato finale.

A fine anno scolastico, poi, accade quello che sta diventando una regola: i 5 diventano 6, le insufficienze, si, ci sono, ma… con la conseguenza di vedere tutti promossi. Con tale comportamento è molto più facile perdere i ragazzi motivati che recuperare gli alunni che non rispettano i loro impegni di studenti. La strada che porta al Paese dei balocchi è pianeggiante e levigata, piacevole da percorre in special modo in compagnia del Lucignolo di turno. Ben più difficile, ma certamente molto più appagante, da affrontare è la strada dell’impegno, della fatica e del sudore.

Siamo arrivati ad un bivio che bisogna affrontare, non avendo più il tempo di procrastinare la nostra scelta.  Dobbiamo scegliere, infatti, se proseguire su questa pericolosa china che porta verso il baratro dell’ignoranza, come impietosamente dimostrano le prove Invalsi e le indagini OCSE-PISA, oppure prendere con determinazione la decisione di un drastico cambio di rotta. Ferma restando l’inclusione e le pari opportunità per tutti, bisogna che la valutazione finale sia quanto più possibile specchio della situazione reale.

Chi, a fine percorso, non è riuscito ad acquisire le competenze programmate, riprenderà il percorso e riceverà, ancora una volta, tutto l’aiuto di cui necessita. Ma, lo sforzo maggiore deve essere il suo. È il ragazzo che deve curvare la schiena e la testa sui libri e studiare, comprendere ed imparare quanto necessariamente importante per la sua crescita.

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