I beni relazionali

I beni relazionali

17 Ottobre 2019 0 Di giuseppe perpiglia

Dalla notte dei tempi l’uomo è sempre stato attratto dai beni materiali, strumentali, in un primo momento, al soddisfacimento delle necessità primarie: mangiare, ripararsi, coprirsi, …

Con il progresso, i bisogni sono aumentati di numero per cui i beni materiali hanno acquisito sempre maggiore importanza perché dovevano soddisfare, oltre al necessario, anche quanto non strettamente necessario o addirittura superfluo.

Oggi i bisogni indotti sono fatti segno di un’attenzione ancora maggiore rispetto ai bisogni primari.  Non è poi così difficile, infatti, imbattersi in qualcuno che preferisce rinunciare in tutto o in parte a qualcosa di necessario pur di sfoggiare l’ultimo modello di smartphone o un capo d’abbigliamento con una delle griffe più in voga al momento.

Il progresso, però, ha anche permesso all’umanità di prendere sempre più consapevolezza dell’esistenza di altri tipi di beni. Mi riferisco, ad esempio, al bene rappresentato dalle idee e dalle prestazioni. Questi tre tipi di beni (materiali, di idee e di prestazioni) sono, però, strettamente correlati in quanto tutte e tre queste tipologie possono essere trasformate, in ultima istanza, in denaro, il bene materiale per eccellenza.

Chi ha una buona idea la potrà convertire, con maggiore o minor guadagno, in soldi. Ancora più semplice il passaggio dalle prestazioni al denaro sonante.

Solo in questi ultimi anni i sociologi hanno cominciato ad occuparsi dei beni relazionali riservando loro tutta l’attenzione che meritano. Questi beni consistono nelle relazioni sociali che possono instaurarsi a tutti i livelli. I beni relazionali, infatti, spaziano dalle relazioni a livello interpersonale fino al benessere sociale di un’intera comunità.

Nei discorsi di tutti i giorni sentiamo parlare di beni pubblici e di beni comuni. Per evitare equivoci è bene metterci d’accordo sul significato di questi due termini. Un bene è definito pubblico quando il suo utilizzo da parte di un soggetto non esclude che altri possano parimenti goderne in modo altrettanto completo. Inoltre, è impossibile estromettere alcun soggetto dalla fruizione di quel dato bene. Se il beneficio è rivolto a tutto il pianeta si parlerà di bene pubblico globale, si pensi ad una cura efficace contro una qualche patologia.

Mentre il bene pubblico riconosce pur sempre un “proprietario”, il bene comune non è soggetto a nessuno. Le strade, ad esempio, costituiscono un classico esempio di bene pubblico perché, per quanto il suo utilizzo non sia precluso a nessuno, risulta essere di competenza del Comune o della Provincia o dello Stato. O magari dei Benetton! L’aria, l’acqua, la luce del sole, sono, invece, esempi di bene comuni perché sono a disposizione di tutti e non fanno capo a nessun proprietario. E qui si potrebbe aprire una finestra sull’accesa discussione in atto su una eventuale privatizzazione dell’acqua potabile. È chiaro che sarebbe una vera e propria iattura, un sicuro disastro per tutta la comunità. Ma lasciamo le riflessioni su questa tematica per qualche altra occasione.

Altra cosa ancora sono i beni relazionali, a cui abbiamo accennato poc’anzi. Cerchiamo di darne una definizione partendo dai singoli termini beni e relazionali. Si può affermare tranquillamente che un bene è un qualcosa, non necessariamente materiale, in grado di soddisfare bisogni propriamente umani. Il termine ‘relazionale’ rimanda alla relazione sociale, cioè ad una realtà in grado di dar vita ad una società più o meno coesa.

Quanto appena affermato permette di definire come beni relazionali quelle entità immateriali che consistono nelle relazioni sociali intessute da attori riflessivamente orientati a produrre e fruire assieme di un bene che essi non potrebbero ottenere altrimenti. Si pensi all’amicizia: non è possibile goderla da soli, bisogna essere almeno in due!

In questa società, di volta in volta liquida o disgregata, riveste particolare importanza e pregnanza il legame che unisce i beni relazionali e la coesione sociale, consistente, quest’ultima, nelle relazioni di fiducia, di cooperazione e di reciprocità tra i componenti di una comunità. Tra beni relazionali e coesione sociale esiste un circolo virtuoso in quanto entrambe queste entità sono, al contempo, causa ed effetto l’una rispetto all’altra.

I beni relazionali e la coesione sociale sono il necessario ed ineludibile background, l’imprescindibile humus, su cui costruire una società più giusta e più equa, una società veramente e concretamente inclusiva, una società che disdegni nettamente, senza se e senza ma, l’imperante cultura dello scarto.

Ma una società con siffatte caratteristiche richiede che i suoi membri siano persone mature, persone che hanno costruito e poggiano la loro vita su valori forti ed universali, valori che travalicano tempi e mode; valori universali come la solidarietà ed il rispetto per sé, per gli altri e per l’ambiente. Una simile società non può non essere formata da persone, uomini e donne, che hanno raggiunto il pieno e completo sviluppo di una personalità matura.

Questo obiettivo è scritto a chiare lettere nella Carta Costituzionale Italiana all’art. 2 dove si legge testualmente «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale». I diritti inviolabili dell’uomo, però, richiedono anche dei doveri ben precisi, tra cui è esplicitamente citata la solidarietà. Il successivo art. 3, al comma 2, la Costituzione assegna alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale” che possano “limitare, di fatto, la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”. Ma la Repubblica non è un ente astratto. La Repubblica è ogni cittadino che, come tale, può svolgere ruoli e funzioni diversi. La Repubblica nello svolgere la funzione di trasmissione dei valori universali della solidarietà è rappresentata, in prima istanza dalla famiglia e, subito dopo, dalla scuola che dovrebbe proseguire tale opera nel solco primigenio tracciato dalla famiglia stessa. Ho usato il condizionale in quanto la famiglia moderna tende a delegare o, addirittura, a eludere tale importantissimo compito per una serie di motivazioni che lasciamo spiegare ai sociologi.

Questa costatazione, però, non esime la scuola del perseguire, caso mai con determinazione ancora maggiore, la finalità educativa ed “il pieno sviluppo della persona umana” come richiesto dalla Costituzione.

È di questi giorni la notizia che l’introduzione di Educazione civica è slittata al prossimo anno (si legga Slitta Educazione civica) per dare tempo e modo alle scuole di organizzarsi al meglio. È sicuramente cosa buona e giusta far conoscere agli studenti il dettato costituzionale ed il funzionamento dei diversi enti italiani ed internazionali, ma questo non basta.

I valori universali non si insegnano, si devono vivere!

In questa sua missione la scuola può trovare un valido ed efficace alleato nel volontariato il cui operato poggia proprio sui valori universali della solidarietà e del dono. Tutto il volontariato è caratterizzato da un filo rosso che si sostanzia nel dono: dono di tempo e dono di attenzione. Ogni associazione, poi, mette in campo attività precipue. Ed anche la scuola e l’insegnamento dovrebbero improntare la loro azione le loro attività sul dono di tempo e di attenzione.

Ogni ragazzo ha i suoi tempi e di questo il docente attento deve tenerne conto spronandolo opportunamente per fare sempre meglio, ma evitando di sferzarlo. Ogni docente, inoltre, deve dedicare la necessaria attenzione ad ogni suo singolo alunno perché ogni persona, per quanto possa essere simile a tante altre, ha delle caratteristiche precipue di cui bisogna tener conto, sia per aiutarlo a smussare eventuali asperità del suo carattere sia, ancor di più, per fare emergere le proprie inclinazioni e far fruttare i propri talenti.

Ed anche questo si trova scritto, nero su bianco, nella nostra Costituzione. Infatti, l’art. 4, comma 2, afferma che «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società».

Tutto quanto finora richiesto afferisce a quei beni relazionali di cui ci siamo occupati nella prima parte di questo articolo. L’attenzione all’altro, il rispetto che gli dobbiamo, la fiducia che dobbiamo dimostrare verso le sue capacità, non sono altro che beni relazionali che dobbiamo promuovere e potenziare prima in noi stessi e poi nei nostri ragazzi.

Promuovere ed incentivare i beni relazionali vuol dire porre le basi per costruire una società migliore. E questa deve essere la vision di una scuola moderna ed inclusiva.

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