
Slitta Educazione civica
È stata ufficialmente comunicata in questi giorni dallo stesso ministro Lorenzo Fioramonti, fresco di nomina, la sua decisione di far slittare l’introduzione dell’Educazione Civica al prossimo anno scolastico 2020-2021.
Come a conoscenza di tutti, l’introduzione di Educazione civica è stata voluta dal precedente ministro Marco Bussetti, in sostituzione di Cittadinanza e Costituzione, che è stata abrogata.
Personalmente ho avuto l’impressione che l’introduzione della nuova disciplina sia stata per lo più una manovra di tipo elettoralistico. Infatti, la legge è stata approvata dal Parlamento giorno 1 agosto e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 21 agosto. Non sarebbe certo stata una cosa ben fatta partire, seppure sotto forma di sperimentazione “obbligatoria”, il giorno 2 settembre.
Ma il ministro Marco Bussetti ha mai messo piede in una scuola? Penso proprio di no, perché altrimenti si sarebbe reso conto di cosa vuol dire rivedere tutta l’organizzazione scolastica annuale in pochi giorni al fine di inserire una nuova materia in ragione di 33 ore annuali, una per settimana, a parità di personale e di risorse.
L’ipotesi che quella del buon Bussetti sia stata una mossa per reperire qualche voto ed una qualche credibilità, e cioè una sorta di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori, viene suffragata dal commento alla decisione del suo successore: «Fare slittare l’introduzione dell’Educazione Civica perché rischierebbe di mettere in crisi l’anno scolastico è fuorviante. Semmai è vero il contrario. Evidentemente qualcuno ritiene che lo studio della Costituzione, delle istituzioni dello Stato italiano come dell’Unione europea o la tutela dell’ambiente o lo sviluppo eco-sostenibile o ancora il contrasto al bullismo ed al cyber bullismo possano pure aspettare. Mi auguro che il nuovo governo non butti via quanto di buono è stato fatto per il bene dei nostri ragazzi».
Questo commento è stato rilasciato dopo il pronunciamento del CSPI –Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione- in cui si bocciava a chiare lettere la sperimentazione obbligatoria di Educazione civica a far data dal 2 settembre. D’accordo, il parere del CSPI ha solo funzione consultiva e non è vincolante, ma varrà bene qualche cosa. La posizione del Consiglio Superiore è stata netta, infatti, ha affermato, testualmente, che l’ipotesi del ministro Bussetti era «impraticabile» perché essa avrebbe comportato «una serie di adempimenti sul piano organizzativo e didattico di difficile attuazione e tale da compromettere la qualità ed il significato della sperimentazione stessa». Secondo il CSPI, inoltre, sarebbe stata necessaria una «compatibilità temporale» tra la permanenza di Cittadinanza e Costituzione e l’introduzione della sperimentazione.
Ancora, Marcello Pacifico, presidente dell’ANIEF -Associazione Nazionale Insegnanti e Formatori- si è detto pronto a costituirsi in tribunale qualora la sperimentazione fosse effettivamente partita.
Caro ex-ministro Bussetti, penso che la stragrande maggioranza dei lavoratori della scuola, così come le famiglie, siano favorevoli allo studio della Costituzione e delle istituzioni dello Stato, perché si tratta di cosa bona e giusta, ma l’insegnamento e l’apprendimento non si avviano con un click, non c’è nessun interruttore: c’è bisogno di organizzazione e di strutturazione di un percorso quanto più possibile efficace. Si ha necessità di un progetto e del susseguente programma. Non è certo con i proclami roboanti quanto vuoti e con i comportamenti da arruffapopolo che si governa uno Stato.
È necessario, invece, il confronto delle idee, così come la ricerca di condivisione e la collaborazione tra tutti i soggetti interessati.
Queste caratteristiche, però, dovrebbero far anche parte del bagaglio culturale e comportamentale di genitori e di insegnanti perché «Si educa con quello che si dice, ancor di più con quello che si fa, ma molto di più con quello che si è» come ammoniva Paolo Borsellino.
Il ministro Fioramonti, oltre a farne slittare l’introduzione, ha anche promesso che farà allocare delle risorse economiche ad hoc.
È sinceramente un comportamento più razionale. Non sto qui a parteggiare per un partito o per un altro, oppure per una persona piuttosto che per un’altra, non è certo questo il momento né il luogo, ho fatto soltanto delle valutazioni personali su due diversi atteggiamenti.
Spesso la scuola viene vista dai politici solo come un campo di battaglia per questioni che con la scuola c’entrano ben poco. Si pensi alle questioni crocefisso si crocefisso no, grembiulini si grembiulini no, carne di maiale si carne di maiale no.
La scuola, in un Paese civile, meriterebbe ben altro tipo di attenzione da parte della politica e da parte delle famiglie.
Ma anche la scuola, dal canto suo, deve fare la sua parte. Si deve riappropriare del suo ruolo e non lasciarsi trascinare da una deriva che diventa ogni giorno più pericolosa per il Paese e per la stessa scuola. Infatti, così facendo si innescherebbe un circolo vizioso in cui alla scarsa considerazione seguirebbe una minor motivazione dei docenti, quindi si avrebbero risultati insufficienti che farebbero diminuire ulteriormente la considerazione.
I diversi soggetti coinvolti, in particolare i lavoratori della scuola, non devono e non possono nascondersi dietro deficienze altrui, ma devono avere consapevolezza del proprio ruolo e delle proprie competenze. Solo così è possibile tentare di invertire la tendenza negativa avendo qualche possibilità di successo.