La scuola oggi e domani

La scuola oggi e domani

24 Settembre 2019 0 Di giuseppe perpiglia

D’accordo, il titolo è un po’ pretenzioso per un semplice articolo pubblicato su un piccolo blog, ma non ho trovato di meglio.

In questi giorni mi è capitato di leggere due documenti legati solo dal soggetto scelto: la scuola. Affrontano il problema, però, da punti di vista ben diversi. Il primo documento è l’articolo La scuola è una cosa seria che porta la firma di Gian Antonio Stella ed è stato pubblicato sul Il Corriere della sera del 30 agosto 2019. Il secondo documento è il Messaggio del Santo Padre Francesco per il lancio del patto educativo.

L’articolo fotografa impietosamente la situazione attuale, mentre il messaggio del Santo Padre è volto al futuro, apre il cuore alla speranza di cambiamento che siamo tutti tenuti eticamente a coltivare.

La situazione attuale della scuola italiana, tinteggiata da Gian Antonio Stella e basata su dati di fatto, è, a dir poco, disastrosa. Il livello di analfabetismo funzionale in Italia è pari al 30% della popolazione, contro una media europea del 15%.

Con il termine analfabetismo funzionale si intende l’incapacità di usare in modo efficace le abilità di lettura, di scrittura e di calcolo nelle diverse situazioni della vita quotidiana. Una definizione ‘ufficiale’ fu data nel 1984 dall’UNESCO: «La condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità».

Tale condizione si traduce, nella pratica, nell’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni incontrollabili, le così dette fake news, sempre più presenti nella società attuale grazie all’esplosione, ormai consolidata, dei social.

La nostra amata nazione brilla anche per un altro dato ben poco invidiabile. Infatti, gli abbandoni scolastici precoci si attestano al 14% e compromettono pesantemente la vita sociale dei soggetti coinvolti. Il linguista Massimo Arcangeli, inoltre, interrogando studenti universitari e liceali, ha potuto constatare un impoverimento linguistico e lessicale che sfiora, nella sua crudezza, il ridicolo. Riporta, infatti, frasi del tipo: «gli adepti alla vigilanza o alla manutenzione», «l’ernia del discolo», «non voglio parlare con quell’alterco di mio fratello». Ancora, su 196 matricole 153 non conoscevano il significato di morigerato, 158 quello di abulico, 186 quello di ondivago. Non parliamo, poi, dei sovranisti da spiaggia, quelli che rifiutano i numeri arabi, affermando candidamente «teniamoci i nostri».

Indagini più accreditate e più strutturate, quali quelle condotte da OCSE – P.I.S.A. sulla preparazione dei quindicenni in literacy e numeracy, pongono l’Italia al di sotto della media di 80 Paesi!

Afferma Nando Pagnoncelli nel suo libro La penisola che non c’è che «Una popolazione sprovvista di cultura e di spirito critico è in pericolo perché soggetta a facili manipolazioni e ad una sudditanza perenne». Sembra di sentire le parole del priore di Barbiana, don Lorenzo Milani, quando, per motivare i suoi alunni, diceva loro che fino a quando il padrone avrebbe conosciuto 300 parole e loro soltanto 100 sarebbero sempre stati sfruttati. Tale affermazione è ancora oggi attuale e, se possibile, ancora più vera datosi l’aumento esponenziale della mole di informazioni, vere e fasulle, che la rete ed i mass media ci vomitano addosso ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.

A questo si aggiunga, probabile conseguenza della scarsa cultura che agisce almeno da concausa, una disoccupazione attestatasi sul 38%. Una classe politica all’altezza di un Paese serio, responsabile ed evoluto dovrebbe lavorare avendo come obiettivo inalienabile “Prima la scuola”. Invece…

I vari politici che stanno dando vita ai governi di questi ultimi tempi hanno toccato, senza molta convinzione, il tema della scuola, ma solo per proporre grembiulini e per attuare tagli drastici ed incondizionati. Si parla di 4 miliardi nel triennio 2019-2021.

Il governo appena insediato, invece, parla di un “rilancio del tema della scuola e della formazione come grande priorità del Paese”. Hanno anche adombrato la possibilità di promulgare una legge che valorizzi la funzione dei docenti.

La scuola, comunque, non è, come scritto nero su bianco nell’ultima finanziaria, solo un “altro capitolo molto pesante nel bilancio pubblico”. La scuola è, o dovrebbe essere, ben altro. Per iniziare, la rivoluzione dovrebbe partire dal suo interno, da quella classe docente sempre bistrattata tanto da assuefarsi all’andazzo.

E qui ci viene incontro il messaggio di papa Francesco che, dopo l’invito a tutti a collaborare per custodire la casa comune contenuto nell’enciclica Laudato sì, ci esorta e ci sprona a riflettere su come stiamo costruendo il futuro e sulla necessità di “investire i talenti di tutti”.

Ogni cambiamento, ci ammonisce e ci ricorda Papa Francesco, “ha bisogno di un cammino educativo per far maturare una nuova solidarietà universale ed una società più accogliente”. Nel messaggio Papa Francesco annuncia il lancio di un evento mondiale per il 14 maggio 2020 che avrà come tema Ricostruire il patto educativo globale finalizzato a “ravvivare l’impegno per e con le giovani generazioni, rinnovando la passione per un’educazione più aperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione”.

Oggi più che mai, continua, è necessaria un’alleanza educativa. Il cambiamento proposto non è facile perché il percorso educativo ha bisogno di tempo per cui si scontra con la rapidità che caratterizza questa nostra società tecnologica e digitale che non permette di avere punti di riferimento stabili ed univoci. Si pensi alla società liquida ipotizzata da Zigmunt Bauman.

A tal proposito il Papa cita anche un famoso proverbio africano secondo cui «Per educare un bambino serve un intero villaggio» e ci invita ad essere costruttori, ognuno in base al proprio ruolo ed alle proprie competenze, di un villaggio dell’educazione, un villaggio in cui le diversità divengano risorse. Questo villaggio è destinato a diventare condizione essenziale per un’educazione vera, un’educazione globale.

Ai colleghi docenti mi permetto di rivolgere un invito per stimolarli a liberarsi dalle pastoie del programma, ormai scomparso anche dalla normativa, per proporre ai ragazzi un’educazione vera. Mi rivolgo ai colleghi per invitarli a cambiare paradigma lasciando in secondo piano le nozioni e le conoscenze, essenziali ma pur sempre strumentali, per dare maggiore spazio e maggiore importanza alla maturazione dell’uomo e del cittadino. Bisogna avere il coraggio di mettere al centro la persona nella sua interezza e nella sua unicità. Bisogna dare un’anima ai processi educativi, siano essi formali o informali. Dobbiamo guardare al futuro con la speranza che ci viene dalle attività messe in atto oggi.

Chiudo riportando il pensiero di un grande studioso e grande uomo, monsignor Giuseppe Agostini, già arcivescovo di Crotone e di Cosenza.

«La scuola deve recuperare il senso per cui esiste. Essa non esiste per imbottire i ragazzi di nozioni, per dare loro il lasciapassare per un mestiere o una professione, per sfornare titoli di studio, ma esiste per far crescere l’uomo…

Nella scuola bisogna accompagnare i giovani aprendoli alla verità, alla sincerità, al dono, all’impegno, al rispondere alla vita. Questa è la scuola».