La semplessità

La semplessità

17 Settembre 2019 2 Di giuseppe perpiglia

La nostra è una società complessa caratterizzata dalla concomitanza di numerose variabili, che spesso risultano in contrasto tra di loro. La conseguenza è che diventa estremamente difficile orientarsi al suo interno per cui è facile venirne travolti e perdere il senso del proprio fare e del proprio essere.

Il concetto di complessità è un concetto molto utilizzato e vi si fa ricorso molto frequentemente. Esso è, ovviamente, contrapposto a quello di semplicità, verso cui si vorrebbe tendere. Si pensi al Ministero della semplificazione di qualche tempo fa.

Con l’introduzione della scienza della complessità il dualismo cartesiano corpo vs mente è stato sostituito da una fitta rete di interconnessioni che ha reso difficile distinguere le singole componenti. Tale situazione ha stimolato Alain Berthoz, docente di fisiologia della percezione e dell’azione al Collège de France, a porre le basi di una nuova teoria nel tentativo di andare oltre i limiti della complessità, pur partendo dagli stessi princìpi.

Berthoz contrappone al termine complessità il neologismo semplessità, originato dalla crasi tra i termini semplicità e complessità. Gli inglesi, già negli anni ’50 del secolo scorso, hanno frettolosamente tradotto tale neologismo in simplexity facendo pensare quasi ad un sinonimo. Si tratta, in realtà di due concetti molto diversi.

Nella teoria di Berthoz, il concetto di semplessità si riferisce alla caratteristica che hanno messo a punto gli esseri viventi, e l’uomo in particolare, per gestire la complessità. Nel tempo, infatti, gli esseri viventi hanno imparato a sviluppare soluzioni sempre più raffinate per elaborare un numero crescente di informazioni. Tale adeguamento non è indolore, ma richiede un prezzo da pagare. L’apparente semplicità nasconde, infatti, una maggiore complessità. Si pensi ai software di nuova generazione tutti rigorosamente user friendly, cioè di facile utilizzo. Per raggiungere tale obiettivo c’è bisogno, però, di competenze esperte e di hardware sempre più potenti, veloci e complessi.

Il concetto che propone Berhoz non è quello di rendere semplici scenari complessi, bensì quello di rendere decifrabile la complessità. La chiave di lettura è una sorta di semplicità complicata derivante all’applicazione di una serie di principi. Tra questi figurano:

l’inibizione e il principio del rifiuto Sta alla base della selezione e della scelta nella complessità di un fenomeno in rapporto all’ambiente o ad una intenzionalità.
il principio della selezione e della specializzazione Scegliere le informazioni nel proprio contesto/ambiente pertinenti con le finalità proposte. Selezionare le informazioni è rapportato alla specializzazione ed alla visione del mondo che uno ha. È anche conosciuto come principi della parsimonia.
il principio dell’anticipazione probabilistica Anticipare e prevedere cosa potrebbe succedere in base alla memoria. Implica immaginare scenari futuri il che porta innovazione.
il principio della deviazione Quando non si conoscono a fondo i problemi ed i loro meccanismi, come nel caso di problemi mal definiti, si utilizzano variabili complesse per controllare il sistema.
il principio della cooperazione e della ridondanza Evita i rischi connessi al principio della selezione e della specializzazione. Tale principio serve per combinare punti di vista diversi al fine di prendere una decisione quanto più possibile strumentale ed efficace nella risoluzione del problema.
il principio del senso Con tale principio si vuol affermare che bisogna dare alla semplessità un significato, una funzione ed un’intenzione che si manifesti nell’atto della scelta.

 

Sono tutte scorciatoie del pensiero e del comportamento per mezzo dei quali gli esseri viventi, spesso in modo inconsapevole, riescono ad affrontare la complessità dei fenomeni naturali, cognitivi e di apprendimento.

Stando a quanto afferma Berthoz, gli strumenti mentali elaborati nel corso dell’evoluzione per risolvere i problemi legati all’agire e al muoversi nello spazio, giocano un ruolo fondamentale anche nell’espletamento delle funzioni cognitive più elevate, quali la memoria, il ragionamento, la relazione con l’altro e la creatività.

La complessità è una caratteristica presente anche nel mondo dell’istruzione, ed a vari livelli. La burocrazia e la normativa sempre più pervasive ed opprimenti, dal punto di vista del personale; le conoscenze, le abilità e le competenze nei diversi campi di uno scibile sempre più ampio e sempre più analitico, dal lato degli studenti, impongono una riflessione per cercare di mettere ordine in una scuola che sembra essere diventata un vero e proprio ginepraio.

Anche nel campo dell’istruzione si impone, quindi, il ricorso alla semplessità ed ai principi che la regolano. Per molto tempo la scuola ha semplicemente ignorato la complessità, rimanendo ancorata al totem per eccellenza: il programma. Al contrario, la complessità è una componente importante, ed ingombrante, di cui bisogna avere consapevolezza per poterla combattere e gestirla efficacemente. Essa sta alla base della progettazione didattica autentica. Questa, infatti, considera tutte le parti interconnesse del processo educativo per spingere gli studenti all’azione ed al dominio del contesto pieno, definito dall’interdipendenza tra mente, corpo ed ambiente.

Se non si riconosce la complessità si finisce nel collocare l’apprendimento in uno stato di dipendenza rispetto ai compiti che la vita ci impone: essere riflessivi, capaci di scelte e autonomi nel contesto. La complessità non è lineare, ma è costituita da relazioni multidisciplinari da interpretare e di questo bisogna tener conto nella pratica didattica di ogni giorno.

La complessità è caratterizzata da numerosi punti di vista e da numerose dimensioni. La consapevolezza della complessità porta ad implementare ambienti di apprendimento che permettano una visione multi prospettica.

Ma ritorniamo alla semplessità.

Bisogna che il docente insegni ai ragazzi a scegliere, tra tutte le informazioni disponibili, quelle pertinenti alla risoluzione del problema che si sta affrontando, tralasciando quelle inutili o addirittura fuorvianti. La scelta deve basarsi sull’esperienza acquisita (il passato), sul contesto in cui si sta operando (il presente) e su anticipazioni dettate dalla percezione (il futuro). Si basa sulla capacità di inibire, di selezionare, di collegare e di immaginare.

Si potrebbero ottenere risultati insperati trasformando il processo di insegnamento-apprendimento in un sistema semplesso. Un tale sistema è caratterizzato dalle seguenti proprietà.

Proprietà di un sistema semplesso

Separazione delle funzioni e modularità In ogni sistema degli organismi viventi, dal molecolare al sociale, c’è una separazione di funzioni specializzate che cooperano tra loro.
La rapidità È la presa di decisione veloce, che presuppone l’anticipazione e la previsione di quello che accadrà.
L’affidabilità Serve ad evitare gli errori e per questo fa ricorso alla ridondanza ed alla cooperazione tra inibizione ed eccitazione.
Flessibilità ed adattamento al cambiamento Indispensabile per affrontare un problema anche nuovo, ricorrendo, quando necessario, alla vicinanza per compensare funzioni che sono venute meno.
La memoria Ricordare l’esperienza passata per prevedere il futuro, utilizzando le varie forme di memorie.
La generalizzazione La capacità di avere l’idea generale di un’azione, che ne permetta l’esecuzione in ogni circostanza esecutiva e motoria.

Sono tutte proprietà che vengono utilizzate nella pratica didattica più o meno da tutti. Il problema è che non sempre se ne ha consapevolezza per cui non ne vengono sfruttate a pieno le potenzialità.

Per fare un esempio quasi banale, ma non troppo, basti pensare al classico libro di testo. All’inizio dell’anno scolastico sarebbe opportuno fare una ricognizione per eliminare, a priori, argomenti ritenuti secondari e concentrare l’attenzione sulle questioni ritenute più importanti e pregnanti per il percorso culturale e didattico stilato a monte. Sarebbe parimenti auspicabile, condividere tale scelta con gli altri colleghi, sia della stessa disciplina sia di una disciplina diversa, al fine di implementare un percorso comune individuando un filo conduttore tra le diverse proposte educative e culturali. In tal senso abbiamo un grande alleato nel curricolo verticale di istituto. Ma lo stesso curricolo non deve essere inteso come un monolito inattaccabile e fermamente condizionante. Al contrario bisogna che il dialogo educativo sia dinamico e flessibile per adeguarsi al mutare del contesto umano e di strutture in modo che l’apprendimento da parte del ragazzo sia facilitato dall’aumentare della motivazione e dalla vivificazione dell’interesse.

Quanto finora affermato va ad inserirsi perfettamente, senza sbavature, nel corso tracciato dalle otto competenze chiave enunciate nella raccomandazione del Consiglio d’Europa del 23 maggio 2018. Si pensi alla competenza relativa all’imparare ad imparare. Essa richiede una corretta lettura del contesto ed un’efficace selezione delle fonti. Il che vuol dire essere capaci di fare delle scelte, di eliminare, di non considerare le cose reputate, in quel momento, meno importanti. Vengono coinvolte, però, anche tutte le altre competenze perché la semplessità, come ampiamente affermato, si occupa di gestire la complessità per permetterne una gestione strumentale.