Il sonno della ragione

Il sonno della ragione

9 Settembre 2019 0 Di giuseppe perpiglia

Chi semina vento raccoglie tempesta”, così recita un vecchio andante dettato dalla saggezza popolare. Ed in questa società di vento ne è stato seminato parecchio ed ancora se ne continua a seminare.

Ormai mi trovo alle soglie dei settanta anni il che comporta un bagaglio di ricordi a volte addirittura ingombrante. Sarà il velo di polvere steso dal tempo e la nostalgia creata dalla fallacità della memoria, sarà la pura verità, ma quando ero ragazzo si respirava un’aria diversa, ben diversa era l’atmosfera sociale che permeava la comunità. Un’atmosfera di maggiore serenità e tranquillità che oggi è sparita.

Per motivi che non saprei dire mi ritrovai costretto a frequentare alcuni mesi della seconda elementare in un edificio scolastico prestigioso, ma che distava da casa circa due chilometri. Ci andavo da solo. Mio padre andava a lavorare molto presto, e senza auto, mentre mia madre doveva accudire i fratelli più piccoli.

La preoccupazione che sicuramente attanagliava il cuore di mia madre era superata dalla fiducia, infatti “sapeva” di potersi ragionevolmente fidare della società. Vigevano rapporti di buon vicinato e nella strada –‘a ruga– la gioia di una famiglia era la gioia di tutta quella piccola comunità. Allo stesso modo si condividevano problemi e dispiaceri.

Oggi le cose sono cambiate. Alcune persone, anche, meglio è dire soprattutto, tra quelle che occupano posti importanti, hanno bisogno di un “nemico” dietro cui nascondere il vuoto delle loro idee ed il vuoto del loro spirito. Un “nemico” con cui riempire il posto lasciato libero da un’umanità che non hanno o dimostrano di non avere.

Cercano, in tal modo, di distogliere l’attenzione del popolo dai veri problemi e camuffare la loro insipienza dietro battaglie contro lo straniero e contro il diverso. Sono i nuovi pifferai dietro cui, cosa veramente grave, si accalca una miriade di persone senza spirito critico. È, per certi versi, una rivisitazione del panem et circenses di antica memoria. L’unica differenza è che oggi, per oltre dieci milioni di italiani comincia a scarseggiare anche il panem, almeno secondo i dati ISTAT.

Il periodo di crisi che continuiamo a vivere ha reso possibile l’attecchimento ed il potenziamento di questo clima di odio e di sospetto diffuso che ormai ha preso piede in tutti i contesti del vivere.

Leggo in questi giorni il caso di un bambino di tre anni, figlio di immigrati marocchini ben inseriti nel tessuto sociale, che, nella sua ingenuità e nella spensieratezza dei suoi pochi anni, si è avvicinato al passeggino in cui era seduta una neonata, figlia di una coppia di 22 e 24 anni, rispettivamente. Una scenetta molto tenera: l’incontro di due innocenti. L’ingenuità e la freschezza dei sentimenti che supera le barriere erette dagli adulti. Il padre della bimba, per tutta risposta, gli sferra un calcio all’altezza dell’addome facendogli fare un balzo di quasi due metri. Il bimbo cade al suolo in malo modo, diventa pallido e respira a fatica. Senza riuscire a capire quale colpa immane abbia commesso per meritare simile punizione.

Il lato positivo di questa storia di ordinaria follia è che gli astanti sono subito accorsi in aiuto del bimbo mentre il prode padre di famiglia, il difensore delle virtù della neonata se l’è data a gambe come tutti i vigliacchi del suo stampo.

Per la cronaca, i genitori dell’infante sono stati individuati ed incriminati per violenza privata e lesioni personali. Il bimbo è stato prontamente soccorso dal 118 e non sembra aver riportato danni gravi.

Questo baldo padre di 22 anni ha trovato una sponda al suo carattere violento ed alla sua ignoranza, nel comportamento e nell’eloquio non certo forbito di alcuni politici nostrani illuminati. Tra questi, uno ha avuto la gran faccia tosta di chiedere pieni poteri per salvare la Nazione!

I servi del potere, poi, hanno fatto il loro. Sempre negli stessi giorni ho letto l’editoriale di un certo Vittorio Feltri, un individuo piccolo piccolo che si spaccia per giornalista. L’editoriale -Uno zoo di terroni- commenta la nascita del nuovo governo, il Conte bis. Tra l’altro si legge, riporto testualmente, «Peggio non poteva capitare, ma non stracciamoci le vesti. Limitiamoci a vomitare per qualche tempo, che non sarà troppo lungo, speriamo. Una squadra tanto sgangherata ci riempie di vergogna e ci induce a pensare che al male, in effetti, non vi è limite. Non riesco a immaginare quale sia l’umore di Mattarella, costretto a benedire questa porcata. Lasciamo a Conte il suo zoo pieno di terroni e ostile al Nord che li mantiene tutti». Queste sono le parole di una (pseudo) persona che dovrebbe aiutare il popolo, la comunità a progredire, promuovendone lo spirito critico. Il nostro, meschino, si affanna a fomentare odio e livore per ossequiare il padrone di turno.

Se il direttore di una testata giornalistica di respiro nazionale, libero, si permette di scrivere queste parole e se un nugolo di cittadini lo legge e lo segue, addirittura osannandolo, vuol dire che siamo proprio alla frutta.

Nella triste storia appena riportata ho volutamente omesso i luoghi e le provenienze dei protagonisti perché il fatto coinvolge tutta la comunità, anche se divisa tra sponde opposte.

Diventa, allora, ancora più impellente e necessaria una presa di coscienza da parte della scuola del suo ruolo insostituibile nel forgiare le coscienze tralasciando, se necessario, di inseguire il sogno fuorviante di teste ben piene. Bisogna dare maggiore spazio e maggiore importanza all’educazione alla cittadinanza ed all’educazione all’affettività. In questo una grande risorsa si rivela essere il volontariato nelle sue varie forme. Esso incarna le caratteristiche dell’uomo nuovo, dell’uomo che si preoccupa dell’altro e dell’ambiente, dell’uomo che si fa carico delle problematiche comuni, dell’uomo che persegue il bene comune e che crea, oggi, il futuro.