Ci risiamo!

Ci risiamo!

18 Luglio 2019 0 Di giuseppe perpiglia

Ancora una volta la scuola subisce l’azione della scure di un presunto risparmio.

La possibile procedura di infrazione sventolata dalla UE ha portato ad una revisione delle spese, ovviamente al ribasso. E quale settore viene colpito? Come al solito, il mondo della scuola che vede ridursi le sue risorse di circa 4 miliardi di euro, pari a poco meno del 10% del totale. Per l’esattezza, la spesa per l’istruzione si ridurrà nel triennio 2019-2012 da 48,3 miliardi a 44,4 miliardi.

Le risorse per l’istruzione primaria passeranno da 29,4 miliardi a 27,1 miliardi, mentre quelle per l’istruzione secondaria subiranno un decremento da 15,3 miliardi a 14,1 miliardi. Un taglio consistente è riservato anche ai fondi destinati ai docenti di sostegno.

Di converso, guarda a volte il caso, la spesa per quota 100, crescerà, sempre nel triennio 2019-2021, di 4 miliardi di euro. Complessivamente, quindi, la spesa per le politiche assistenziali passerà, sempre nello stesso periodo, da 96,4 miliardi a 100,2 miliardi di euro.

Un governo che predilige la mera assistenza improduttiva all’istruzione che, per sua natura, è innovazione e crescita personale e sociale, è degno di guidare un Paese che si vanta di essere fra i primi dieci al mondo?

Puntare sul populismo dell’assistenza di Stato vuol dire puntare, non certo allo sviluppo, ma solo a garantirsi la sopravvivenza con i voti facili subdolamente estorti ad un elettorato portato allo stremo da una politica miope e non in grado di guardare oltre il contingente dei confini del proprio orticello.

Ogni volta che bisogna fare dei tagli, i settori coinvolti sono la scuola e la sanità, proprio quei settori che qualificano un Paese, quantificando il suo livello di civiltà.

La nostra classe politica non ha mai saputo guardare oltre, con la sola eccezione dei padri costituenti, non ha mai avuto il coraggio di andare contro le aspettative ingenue del popolino. Ed i governanti di oggi sono dei semplici masaniello che svolgono la funzione di arruffa-popolo, con il solo intento di accaparrarsene le simpatie. La classe politica ha sempre assecondato i desideri, legittimi, anche se non sempre razionali, per l’individuo, ma dannosi per l’economia dello Stato. La gestione dello Stato basata sulla filosofia del buon padre di famiglia è qualche cosa di estremamente estraneo ai nostri baldi governanti.

Si pensi allo scialo perpetrato per anni nel campo delle pensioni. Si poteva, infatti, andare in pensione con 15 anni, sei mesi ed un giorno di anzianità di servizio con una pensione calcolata sulla media degli stipendi degli ultimi cinque anni. Oggi con il sistema contributivo qualche cosa è cambiata. L’allegra gestione precedente, comunque, ha messo l’INPS in una posizione poco piacevole, infatti si trova in una situazione economico-finanziaria che guarda al futuro con una certa apprensione e con molta trepidazione.

L’attacco frontale alla scuola è iniziato da tempo (vedi Un duro lavoro) e prosegue senza soluzione di continuità. Ci si lamenta (anche i politici!) della fuga di cervelli e poi si tagliano le risorse alla scuola. Bella ipocrisia!

Questa dicotomia di pensiero e di azione rende conto di una classe politica che non riesce a guardare al di là del proprio naso che pure, con tutte le bugie che dicono, dovrebbe essere di dimensioni ragguardevoli.

La scuola ha bisogno di risorse economiche e di un’accorta gestione delle stesse. Accanto a queste, però, devono essere curate anche, e primariamente, le risorse umane. Non è pensabile che l’istruzione pubblica si regga, in modo pressoché strutturale, sulla sola buona volontà del singolo. La maggioranza dei docenti, infatti, profonde nell’insegnamento professionalità e passione, ed ha dimostrato di non essere seconda a nessuna. Con buona pace di qualche politico interessatamente criticone.

Non si possono fare, però, i matrimoni con i fichi secchi. Se si vuole fornire un’istruzione di qualità ed inclusiva, un’istruzione che sappia leggere i tempi e precederli, le risorse sono importanti. Ma da sole non bastano. Ancora più importante è il loro razionale utilizzo, con acquisti mirati e strumentali ad obiettivi condivisi e di largo respiro. Non basta riempire le scuole di LIM se poi non c’è chi sappia usarli in modo adeguato e funzionale al percorso formativo. Un timido passo in avanti è stato fatto con l’introduzione della figura dell’animatore digitale.

Un Paese che vuole guardare al futuro e porre le basi per migliorarlo deve investire nella scuola e nelle persone che vi lavorano. Deve pretendere da esse il massimo. Deve, però, riconoscere loro anche il merito di un lavoro molto impegnativo, sicuramente con un contratto adeguato, anche dal punto di vista stipendiale, ma soprattutto riconoscendo la considerazione sociale che meritano.

È quanto meno impellente abbracciare e mettere in pratica, ogni giorno e per ogni attività, la cultura della valutazione e della rendicontazione. Non bisogna fermarsi, però, al solo bilancio economico, ma andare oltre stilando, in aggiunta, un serio ed articolato bilancio sociale in cui rendere conto delle spese, delle ragioni che le hanno motivate e della ricaduta sia in ambiente scolastico sia sul territorio. È, questa, la strada maestra su cui incamminarsi per un vero cambio di paradigma che porti verso il traguardo dell’efficacia e dell’efficienza.