Ipocrisie

Ipocrisie

13 Luglio 2019 0 Di giuseppe perpiglia

L’ipocrisia a cui mi riferisco risiede nella promozione del volontariato nella scuola e nel contemporaneo attacco al Terzo Settore.

È di questi giorni la proposta di legge per la reintroduzione dell’educazione civica nel curricolo scolastico con tanto di voto. Ed il voto in decimi lo riacquista anche il comportamento, o la condotta che dir si voglia. Anche in questo atto normativo una menzione viene riservata al volontariato ed al Terzo Settore. L’associazionismo a scopo sociale è stato scoperto, seppure con molto ritardo, anche dal sistema scolastico italiano come strumento valido per la formazione dei giovani. È una bella notizia che gratifica gli oltre 6.000.000 di italiani, pari al 10% della popolazione nazionale, che, con mansioni ed a livelli diversi, lo praticano con regolarità. Sembrerebbe che per esso il clima volga al bel sereno. Ma così non è, anzi!

Il 28 aprile 2019, in un’intervista rilasciata al periodico di orientamento cattolico L’Avvenire (www.avvenire.it), il professore Stefano Zamagni ha lanciato un grido d’allarme “Il Terzo Settore è sotto attacco, un conflitto mai visto”. Il professore Zamagni è un’autorità nel campo dell’economia civile e sociale. L’intervista inizia con l’invito a segnarsi il termine aporofobia, parola composta di etimo greco che indica la paura per i poveri e per la povertà. Ma anche il disprezzo nei loro confronti. E lo si sta facendo mettendo i poveri contro i più poveri in una guerra al massacro. Ma anche cercando di mettere sotto tutela gli enti del Terzo Settore (ETS). Questo atteggiamento ha portato al disprezzo ed alla derisione verso gli ultimi, quelli che abitano le periferie del mondo, le vittime della cultura dello scarto. Quando questa mentalità si insinua anche nella scuola diventa poi molto difficile da eradicare. E gli episodi di bullismo che si verificano quotidianamente non sono certo un buon segnale. L’attacco frontale ai corpi intermedi ha toccato anche il Terzo Settore ed il volontariato. Tutta la stagione della cosiddetta seconda Repubblica è caratterizzata dal tentativo di mettere sotto scacco questo grande e variegato mondo. Prima si è cercato di disconoscerne l’impatto numerico e l’apporto al PIL, poi si è tentato di svilirne l’utilità sociale. Come detto, il Terzo Settore coinvolge oltre 6.000.000 di cittadini, dà lavoro a quasi 800.000 persone e muove un flusso di denaro che è stato stimato ben oltre i 60 miliardi di euro!

A tutto questo va aggiunto il valore della solidarietà e della sussidiarietà, valori di cui è difficile, praticamente impossibile, stabilire un equivalente monetario. Il Terzo Settore, infatti, ed il volontariato in particolare, non solo sono sussidiari allo Stato, ma molto spesso ne tappano le numerose falle. Fanno parte di quei soggetti deputati a togliere le famose castagne dal fuoco dell’insipienza di una classe politica sempre più distante dai cittadini.

Certo, anche nel Terzo Settore vi sono le mele marce, leggi Mafia Capitale e il caso Misericordia di Isola Capo Rizzuto, solo per fare due esempi che hanno riempito le prime pagine dei giornali. Questi casi, però, non possono oscurare un mondo che si dedica al prossimo con molta più passione e molta più efficacia di tanti individui che si atteggiano a politici e che lo dovrebbero essere anche nei fatti, non fosse altro perché sono ben pagati.

La progressiva disintermediazione, iniziata da tempo e portata avanti anche dall’attuale governo, punta alla statalizzazione o alla regionalizzazione, erodendo sempre più lo spazio della libera iniziativa dei cittadini, per quanto questa sia prevista e tutelata dalla Costituzione (art. 2). Non è un atteggiamento legato ad un solo schieramento politico ma, seppure con motivazioni diverse, è chiaramente bipartisan.

Infatti, l’ideologia di sinistra predilige cittadini inquadrati e guidati, mentre l’ideologia di destra è convinta che non ci si possa fidare della libera presa di responsabilità dei cittadini stessi. In entrambi i casi il risultato è lo stesso: tarpare le ali alla libera iniziativa dei cittadini, sia in forma individuale che associata. In tale contesto si sta cercando di equiparare il Terzo Settore ed il non profit all’impresa privata. L’accento e l’attenzione riservata, nel Codice del Terzo Settore, all’impresa sociale ne è una prova evidente. La più importante crisi che sta interessando il nostro Paese non è la crisi economica, ma è una crisi di senso. Infatti, sempre più italiani non sanno più a cosa servono, non hanno un’idea di futuro e di visione del proprio Paese. La conseguenza è che tendono a rifugiarsi nel particolare. Per fortuna, però, il modo dell’associazionismo sociale resiste nella sua specificità di fare il bene nel giusto.

Sin dalla notte dei tempi il potere, di qualunque forma e di qualunque colore, ha avuto paura del libero pensiero. Per perpetuarsi aveva, ieri come oggi, bisogno di sudditi obbedienti ed irreggimentati, non certo di teste pensanti. Ed il processo in atto non si discosta da tale atteggiamento. È di facile costatazione che questo governo, in particolare, utilizza il sospetto per minare la fiducia che i cittadini, come dimostrato chiaramente dai dati EURISPES, ripongono nel volontariato. Questa è ben più di un’impressione. Infatti, il governo, con i suoi rappresentanti, crea quotidianamente conflittualità tra gli ultimi, soffiando ed enfatizzando le paure ancestrali verso la povertà ed i diversi.

Il volontariato è rimasto l’ultimo baluardo a sostegno della coesione sociale e a favore della lotta alle diseguaglianze.

Ma cosa c’entra tutto questo con la scuola?

Che senso ha emanare una legge che rende obbligatorio l’insegnamento curriculare dell’educazione civica quando al di fuori del cancello delle scuole assistiamo a questi comportamenti? La scuola deve inserirsi, per dispiegare pienamente tutto il suo potenziale, nel solco educativo tracciato dalla famiglia e da quella famiglia molto più larga che dovrebbe essere la società. Quando, invece, fuori dall’aula si respirano i miasmi del sospetto e dell’esclusione, lasciando la scuola stessa sola a combatterli, il lavoro dei docenti e di tutta l’istituzione viene vanificato e non potrà avere sbocco alcuno, essendo privata della possibilità di portare i frutti sperati.

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