Mi arrendo!

Mi arrendo!

23 Giugno 2019 0 Di giuseppe perpiglia

Le situazioni di lavoro dei docenti sono sempre più al limite, provocando stress o, come si preferisce dire oggi, burnout. Ed il docente tende a mollare.

La situazione sociale che stiamo vivendo porta ad un disamoramento e ad una demotivazione degli insegnanti, trasformando una nobile professione in fatica, spesso insopportabile.

Ho mutuato il titolo da un articolo apparso su Il corriere della sera del 9 giugno 2019 a firma di Marco Imaristo. È possibile leggere l’articolo integrale al link posto in fondo alla pagina. Il giornalista dipinge la situazione della scuola e dei docenti in maniera stupendamente realistica. L’ottimismo è bandito dall’articolo, così come assente è il dibattito e l’attenzione della politica sul sistema di istruzione e sulla situazione della scuola.

La classe docente è stata delegittimata e la cultura è stata resa un inutile orpello. Non viene considerata importante, è semplicemente stata inserita nelle caratteristiche non necessarie.

Oggi al docente vengono richieste competenze altre, perché la scuola, come affermato chiaramente dalla Riforma Moratti, ha cambiato direzione. Ricordate, infatti, le tre “I”: Impresa, Informatica, Inglese? La scuola è stata asservita, messa a disposizione, non già e non più della crescita personale o, per dirlo con la nostra Costituzione, del pieno sviluppo della persona umana, bensì del mondo del lavoro e delle sue volubili richieste.

La situazione della classe docente è diventata molto pesante e la considerazione di cui gode è bassissima. Un’indagine, infatti, rivela che l’Italia si trova all’ultimo posto in Europa ed alla terz’ultima posizione nel mondo per quanto riguarda la considerazione che ha nei propri insegnanti.

Da diversi decenni il lavoro nella scuola viene visto, da chi ha una preparazione scientifica e tecnica, come l’ultima spiaggia. Infatti, se si riesce a trovare un posto nel mercato del lavoro, quello al di fuori della scuola, ci si sente maggiormente realizzati. Se, al contrario per qualsivoglia motivo, non si riesce, allora ci si accontenta di un posto fisso nella scuola, anche questo sempre meno sicuro.

La considerazione per la cultura alta ha retto un po’ di più. Attualmente, come detto, siamo al minimo.

Ai docenti si chiede di tutto e di più. Sono diventati il terminale di tutte le lagnanze per le innumerevoli cose che non vanno, dal bullismo, al cyber bullismo, alla mancanza di competitività della nostra economia, …

Alla classe docente si richiedono competenze non previste nelle regole di ingaggio. E se qualcuno si vuole formare ed aggiornare lo deve fare a spese proprie (neanche detraibili!).

Un riconoscimento, molto minimalista in realtà, si è concretizzato con la carta del docente ed in quella specie di premio di produzione che è il bonus al merito. Quest’ultimo, così come è stato gestito, più che a stimolare i docenti ad un impegno maggiore riconoscendo la loro disponibilità e le loro competenze, è servito solo a creare tensioni all’interno della stessa classe docente. Infatti, non è cosa facile stilare criteri oggettivi di merito, ed ancora più difficile è, da parte dei docenti, accettarli. Perché non bisogna nascondere il fatto che anche i docenti hanno le loro colpe.

Nel corso degli anni, infatti, gli insegnanti si sono adeguati, accettandolo, all’andazzo che altri hanno imposto, salvo ritrovarsi, oggi, in una grave crisi di identità. Questa, a sua volta, comporta una demotivazione che rende il lavoro del docente una fatica, denaturando una professione che della felicità, dell’entusiasmo e della motivazione fa il fulcro su cui ruota tutta la sua attività.

È stato innescato un circolo vizioso tra stipendio non adeguato e minore impegno, per cui l’effetto giustifica la causa.

L’unica strada per uscire dal budello in cui ci troviamo a brancolare è quello che porta a riappropriarsi della propria identità professionale. È una scelta etica. Si tratta di mettere la propria missione istitutiva al primo posto. Bisogna trovare la forza necessaria per non cedere alla tentazione di lasciare che il mondo ada nella direzione del baratro formativo e culturale che fa comodo a chi ha in mano il potere politico e, soprattutto, economico ed a cui fa comodo avere a disposizione persone facilmente manovrabili perché prive di spirito critico.

Oggi più che mai, invece, il docente che vuole riappropriarsi del suo ruolo deve aiutare gli alunni a sviluppare il loro spirito critico, deve promuovere il pensiero libero, combattendo il pensiero unico, combattendo la tentazione di lasciarsi trascinare dalla corrente qualunquista e massificante promossa e gestita ad arte dai grandi burattinai che ci vogliono asserviti alle loro mire ed ai loro fini.

Non è impresa facile né priva di insidie, ma è l’unica in grado di vivificare un rapporto professionale pesantemente e costantemente sotto attacco.

https://www.corriere.it/cronache/19_giugno_08/gli-insegnanti-che-si-arrendono-solitudine-cattedra-de5861be-8a29-11e9-9b3f-2459a834d32d.shtml

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